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 2013  settembre 09 Lunedì calendario

I POLITICI IN FILA DA CASALEGGIO

È quando appaiono sullo schermo di Cernobbio i volti impacciati di Richard Nixon e John Fitzgerald Kennedy che la sala capisce che qualcosa sta per accadere. Gianroberto Casaleggio, 59 anni, consulente di strategie di mercato con sede a Milano vicino a Mediobanca, vegetariano, ispiratore di Beppe Grillo e del Movimento 5 Stelle, è arrivato fra i suoi avversari al Forum Ambrosetti a spiegare come si fa a batterli.
Quell’istantanea di Nixon e Jfk al loro primo dibattito televisivo è l’inizio di un’era della comunicazione, dice, che ora sta tramontando. In platea ascoltano il premier Enrico Letta, il suo predecessore Mario Monti, il presidente del Consiglio Ue Herman van Rompuy, almeno quattro ministri e tutti i banchieri più importanti del paese. Un’ampia selezione del ceto che M5S vuol spazzare via prende appunti di fronte al guru di Grillo.
Politici e banchieri hanno molto da segnare sui taccuini, in verità. Casaleggio sa di cosa parla. «Internet non è un nuovo media ma il punto di svolta di un cambiamento sociale — dice — Le organizzazioni politiche diventano da piramidali, gerarchiche, a stella e con molteplici interconnessioni». Secondo i dati della presentazione, negli Stati Uniti internet ha già superato la tivù perché l’americano medio passa in media 5 ore al giorno sul primo e quattro e mezzo sul secondo. Casaleggio riconosce che in Italia non è ancora così, perché la televisione cattura ancora quattro ore, mentre il web meno di una e mezza. «Ma la tendenza è ineluttabile — afferma — . Mostratemi un candidato che non capisce internet e io vi farò vedere un perdente».
In platea Angelino Alfano, il ministro dell’Interno con un eloquio da avvocato d’altri tempi, non si perde un colpo. Sia Letta che Monti, altri due leader dotati di Twitter ma decisamente di vecchia scuola, seguono con attenzione e poi dichiarano il rapporto di Casaleggio «molto interessante». Meno chiaro è se si riferiscano anche al momento in cui il guru di Grillo cita il “Contratto Sociale” di Jean-Jacques Rousseau nel passaggio sui rappresentanti eletti che «diventano oligarchia e i cittadini sono sempre più alienati». O se ad interessare la rappresentanza del governo, da Fabrizio Saccomanni e Flavio Zanonato, è il richiamo di Casaleggio all’istituzione americana del “recall”: l’opzione di sfiduciare un rappresentante eletto. «Pensate a come lo strumento del recall cambierebbe la politica in Italia», dice l’ideologo dei Cinque Stelle.
Non che Casaleggio si conceda facilmente. Nell’arrivare a Villa d’Este, poco prima delle otto, aveva accuratamente evitato le domande dirette di giornalisti in carne ed ossa, dichiarandoli obsoleti. Per sfuggire ai taccuini, forse troppo low tech, stava perfino per infilarsi nella sala delle cassette di sicurezza dell’hotel. Poi si è rivolto agli uomini della scorta per farsi proteggere. Non per la prima volta Villa d’Este diventa così un castello dei destini incrociati, in cui l’élite di Cernobbio plaude al guru di M5S e questi si affida allo status symbol ultimo della casta, la scorta pagata dai contribuenti per difendersi i cronisti. Del resto Cernobbio esiste forse proprio perché è una specie di mondo a parte, in cui si finge per un po’ che le leggi del mondo di fuori siano sospese.
Non devono averlo detto a Michael Slaby, consigliere Internet delle campagne di Barack Obama, perché è il solo che risponde colpo su colpo a Casaleggio. L’italiano annuncia la fine irreversibile dei media tradizionali (“strumento del potere”) e l’americano avverte: «I giornali non sono più il martello pneumatico che erano, ma contano ancora». L’italiano avverte che il web sta soppiantando gli altri mezzi di comunicazione, e l’americano nota: «Non è un gioco a somma zero, oggi i giovani stanno sui social network e davanti a giornali o tivù allo stesso tempo». E mentre Casaleggio si irrita per i tweet inviati dalla sala sul suo intervento, rifiuta i fotografi in sala e ignora i cronisti, l’americano controbatte: «Dobbiamo accettare che non abbiamo più il potere di controllare l’informazione».
Ma in fondo a Cernobbio la coerenza degli argomenti non conta poi molto. L’importante per una mattina è incrociare l’avversario e farlo proprio. I banchieri Enrico Cucchiani (Intesa Sanpaolo) e Federico Ghizzoni (Unicredit) esprimono il loro apprezzamento per Casaleggio. Solo Renato Brunetta ha qualcosa da eccepire: «Niente di nuovo», brontola il capogruppo del Pdl alla Camera.
Forse lui sospetta che Casaleggio per un giorno all’Ambrosetti si è calato nel ruolo che un tempo qui spettava a Fausto Bertinotti: il nemico ideale, benvenuto fra gli avversari perché in fondo innocuo nella sua radicalità. E chissà che l’anno prossimo anche il guru di Grillo si ammorbidisca un po’ e si lasci fotografare. Magari accanto alla scorta.