Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  settembre 03 Martedì calendario

FICTION E SOGNI DI GLORIA DIETRO IL BOOM DI MEDICINA

Sono 16 mila in più, quest’anno, i neodiplomati che tenteranno il test di ingresso a Medicina, malgrado i posti disponibili siano praticamente gli stessi dell’anno passato, poco più di 11 mila. Dopo il calo di iscrizioni del 2012 rispetto al 2011, quest’anno è boom, mentre crolla parallelamente il numero di chi proverà a entrare a Farmacia o a Infermieristica. Neppure le altre facoltà non sanitarie come Architettura registrano un simile aumento di domande all’esame di ammissione. E se nell’arco dei prossimi vent’anni il pensionamento di molti medici richiederà probabilmente un massiccio ricambio, l’unica certezza, oggi, è che a fronte di un aumento del 24 per cento di iscritti soltanto uno su 8 ce la farà a conquistare il corso per diventare dottore. Malgrado ciò, Medicina resta la facoltà più ambita.

Che cosa spinge così tanti giovani a tentare il test? «Sicuramente la propensione ad aiutare gli altri - commenta il professor Daniele Nigris, docente di Sociologia della Salute e della Medicina all’Università di Padova -, ma non dobbiamo sottovalutare la spinta di modelli culturali stile “E.R.” e “Dottor House” che ci sono stati propinati a lungo, e l’appeal economico, che ha il suo peso non indifferente». Nessuna generazione, insomma, è immune dai sogni che vengono proposti anche attraverso la tv, ma su questo aspetto il professor Nigris mette in guardia gli aspirati dottori: «Gli stessi medici americani sorridono dicendo ai loro allievi di non pensare di trovarsi un reparto stile “Dottor House”, perché in nessun ospedale ci si può permettere quattro specialisti per un caso che non si riesce a risolvere». Allo stesso modo, anche le speranze di un posto fisso per sempre devono fare i conti con un’altra realtà: «I ragazzi che oggi si iscrivono a Medicina non conoscono la situazione dei contratti, dove spesso, sia nel pubblico sia nel privato, il posto fisso è un’illusione e si va avanti a scadenze e rinnovi annuali». D’altro canto è vero che «la maggior parte delle specialità mediche consente di fare attività privata, il che rende senza dubbio più remunerativa la professione».

È sulle motivazioni che i sogni dei dottori di domani sembrano dividersi. In una professione sempre più al femminile, «le donne - osserva il dottor Pier Roberto Mioli, direttore delle Chirurgie della Città della Salute di Torino - credono molto di più nell’ideale del medico, nella funzione sociale, rispetto ai colleghi uomini decisamente più determinati dal punto di vista dell’evoluzione della tecnologia e della carriera». Un particolare che fa ben sperare, considerato che all’ultimo concorso in Chirurgia a Torino c’erano dieci dottoresse per dieci posti.

A Medicina, come negli altri corsi di laurea ad accesso programmato, l’Italia è divisa, il che sarà determinate sulla graduatoria nazionale e sulla futura mobilità degli aspiranti medici: al Nord vive il 40 per cento dei giovani e nella stessa area è disponibile il 45 per cento dei posti nei vari corsi universitari; al centro il 18 per cento dei giovani ha a disposizione il 23 per cento dei posti; al Sud, pur vivendo il 41 per cento dei giovani, gli Atenei meridionali hanno a disposizione solo il 31 per cento dei posti.

Medici e sociologi concordano: nella Medicina di domani il problema non saranno tanto i numeri, quanto il ruolo del medico. «Gli verrà richiesto di più in termini di rapporti umani, di capacità di comprendere i bisogni della persona che si troverà a curare», sostiene il presidente della Federazione degli Ordini dei Medici. «Dovrà conoscere anche l’organizzazione - aggiunge Mioli - e tutto ciò che sta attorno alla professione».

«Motivazione», sarà sempre più la parola chiave. Cosa che - secondo il professor Nigris - deve essere alla base anche della selezione: «Ho sempre sostenuto che per tutte le professioni di aiuto una selezione fondamentale è quella psicologica, che osservi proprio le capacità relazionali della persona, mentre in Italia le facoltà di Medicina rifiutano quasi in blocco il rapportarsi con i sociologi e gli antropologi della medicina, con un effetto paradossale: i medici più giovani sono quelli che meno mettono in discussione i presupposti su cui è basato il modello biomedico».