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 2013  agosto 02 Venerdì calendario

LIBERTY. DA PRATI ALL’ESQUILINO, DUE AUTRICI ALLA RICERCA DEI TESORI SCONOSCIUTI DELLA ROMA FLOREALE

Esiste una vecchia fotografia che mostra Duilio Cambellotti con la lunga barba, il cappello nero in testa e il camicione da artista, seduto su una cassetta di legno rovesciata e intento a dipingere colombi su una parete scandita da colonnine. Chi avesse la curiosità di vedere oggi quei colombi, può recarsi in via dei Gracchi 291, all’angolo con via Alessandro Farnese, e alzare gli occhi verso il Villino Vitale, progettato nel 1900 dall’architetto Arturo Pazzi e decorato dieci anni più tardi da Cambellotti. I suoi colombi zampettano nel fregio ad affresco che orna il sottotetto. Più in alto, intorno alla torretta che sovrasta l’edificio, l’artista realizzò in ceramica un volo di rondini. Il villino è una delle innumerevoli costruzioni Liberty realizzate nel corso dei cinquant’anni che cambiarono il volto della città. L’elenco completo di queste costruzioni è riportato nel volume «Roma Liberty. Itinerari tra Eclettismo e Modernismo (1870-1925)», appena pubblicato dagli editori Palombi. Le autrici sono due storiche dell’arte, Diana Alessandrini e Carla Cesaretti, che hanno setacciato le strade dell’urbe, quartiere per quartiere, alla ricerca dei tesori sconosciuti della Roma floreale. Domenico Gambardella, archeologo, le ha seguite scattando foto degli edifici e dei particolari decorativi. Il risultato è un volume di 329 pagine, organizzato in sette itinerari da percorrere a piedi o in bicicletta. Ma ai pigrissimi basterà sfogliare le pagine, guardare le immagini e leggere le brevi storie legate ad ogni costruzione, per avere l’impressione di aver viaggiato a lungo tra i gioielli di un’architettura che a Roma è sempre stata poco censita e considerata, nonostante l’attenzione di studiosi come Paolo Portoghesi, Irene de Guttry o Giorgio Muratore. Gli itinerari turistici infatti, come rilevano Alessandrini e Cesaretti, preferiscono proporre il cliché della città classica, barocca o comunque - spingendosi fino al Novecento - razionalista.Fu così anche in origine, in quegli anni Settanta dell’Ottocento, quando artisti, architetti e imprenditori cominciarono a trasformare la vecchia città papalina nella nuova capitale dell’Italia unita. Il Liberty, che in quegli anni esplodeva nelle metropoli di tutta Europa, a Roma restò soverchiato dall’ingombrante eredità classica. Non c’era spazio per un movimento fatto di linee sinuose e legato ai temi della natura. Così si insinuò all’ombra delle chiese barocche o a ridosso dei nuovi ingombranti ministeri. Oppure degenerò nel cosiddetto eclettismo romano, i cui esempi più discussi furono il Palazzaccio e il Vittoriano. Un altro freno alla diffusione dello stile floreale furono poi la mancanza di scuole o di gruppi di artisti che avrebbero dovuto sviluppare e diffondere le nuove idee e il ritardo della città nel settore industriale, che oltralpe aveva incrementato un’edilizia ingentilita da decorazioni in stucco, ghisa, vetro, ferro battuto. A parte qualche eccezione, come il monumentale complesso dello stabilimento Peroni al quartiere Salario, la Centrale Montemartini all’Ostiense, La Rinascente a largo Chigi, o il palazzo delle Arti Grafiche Fratelli Palombi, in Prati, dove ancora risplendono le belle lunette in ceramica policroma disegnate da Virgilio Retrosi.La caccia alla scoperta del Liberty si dipana per quartieri: dal Nomentano, al Delle Vittorie, dal Boncompagni Ludovisi all’Esquilino, dal Centro storico al Salario. Si scoprono caffè e alberghi, palazzine e case popolari, teatri e gallerie, chiese e fontane. Con l’annessione di Roma al giovane Regno d’Italia, si costruiscono per la prima volta templi non cattolici, come la chiesa metodista in via Firenze, con le belle vetrate policrome di Cesare Picchiarini; o la chiesa evangelica valdese in piazza Cavour, primo edificio della capitale ad essere interamente realizzato in cemento armato; o la Sinagoga, in stile eclettico con richiami assiro-babilonesi. Ma si possono anche creare itinerari trasversali e personalizzati. Gli appassionati di teatro, per esempio, hanno ben dieci siti a disposizione, dall’Adriano al Salone Margherita, e scopriranno che molti in origine erano costruiti in legno, come il Quirino, edificato in una sola giornata nel 1871, dal principe Matteo Sciarra e poi rifatto in muratura nel 1882. In una domenica di sole ci si può spingere fino ad Anzio, per ammirare il raffinato Liberty del Paradiso sul Mare, costruito da Cesare Bazzani tra il 1919 e il 1924, con funzioni di casinò e completo di salone da pranzo e pista da ballo. Fellini lo scelse come «interprete» del Grand Hotel di Rimini in «Amarcord». Alberto Sordi e Monica Vitti vi danzarono in «Polvere di stelle».
Lauretta Colonnelli