Lauretta Colonnelli, Corriere della Sera 30/06/2013, 30 giugno 2013
MARISA BELLISARIO, UNA «DONNA AD ALTA QUOTA»
«Era il 4 agosto del 1988. Alla guida della mia 127 verde stavo andando dai miei a Reggio Calabria per trascorrere l’estate, quando la radio diede la notizia della morte di Marisa Bellisario. Non sapevo della sua malattia e per me fu un duro colpo». Lella Golfo ricorda così il momento in cui nacque nella sua mente e nel suo cuore l’idea di dedicare un premio e una fondazione alla donna manager che nei primi anni Ottanta aveva compiuto il miracolo di rimettere in piedi un’azienda pubblica sull’orlo del fallimento, l’Italtel. Oggi la Fondazione Bellisario compie venticinque anni e per celebrarla Lella Golfo ha voluto una mostra intitolata «Donne ad alta quota», che resterà aperta fino al 21 luglio nel Complesso del Vittoriano (via San Pietro in Carcere a Roma).Il percorso racconta i mille progetti per far riconoscere il valore le donne fino alla recente legge sulle quote, che introduce per obbligo una presenza femminile nei consigli di amministrazione delle aziende. Un racconto che si snoda tra fotografie, video, materiali d’archivio inediti, manifesti. Un’intera sezione è dedicata alle 450 donne che in questo quarto secolo hanno ricevuto in premio la Mela d’Oro. Tra le premiate figurano celebri cantanti come Miriam Makeba, leader politici come Aung San Suu Kyi, grandi manager come Diana Bracco, sindacaliste come Susanna Camusso, direttrici d’orchestra come Cinzia Pennesi, scienziate come Margherita Hack, giornaliste come Barbara Stefanelli e Carla Vanni, donne delle istituzioni come Emma Bonino, Paola Severino, Livia Turco. Ad ognuna di loro Lella Golfo, che presiede la Fondazione fin dall’inizio, ha chiesto di portare un oggetto-simbolo che le rappresenti.Così nelle bacheche sono apparsi i sandali di raso nero con tacco vertiginoso che Alessandra Tarissi De Jacobis ha indossato a Charleston alla cena di gala per la sua elezione a presidente dell’associazione internazionale dei giovani avvocati. Lorenza Lei, già direttore generale della Rai e oggi a capo della Sipra, ha portato una cravatta regimental e una didascalia: «Io non l’ho mai indossata». Le Fendi hanno presentato una pelliccia di talpa lavorata come un selciato di sampietrini, a ribadire il loro legame con Roma.Ma la mostra racconta soprattutto la storia della Golfo, della sua «caparbietà calabrese» spesa a riconoscere la forza delle donne, il loro talento, la loro capacità di volare ad alta quota. «Ad alta quota» è anche il titolo del libro (ed. Marsilio), in cui ripercorre il suo impegno politico e sociale sempre dedicato alle donne.Da quando, giovane iscritta alla Fgci di Bocale, frazione di Reggio Calabria, intraprese la «battaglia per gli stivali» con l’obiettivo di munire di calosce di gomma le raccoglitrici di fiori di gelsomino, al passaggio nelle file del partito socialista di Giacomo Mancini e poi di Bettino Craxi, fino all’elezione come deputata del Pdl. Alla domanda della studentessa di un liceo reggino: «Onorevole, ma lei dove vuole arrivare?», ha risposto: «Non lo so, ma so che non ho nessuna intenzione di fermarmi».
Lauretta Colonnelli