Maurizio Porro, Corriere della Sera 26/8/2013, 26 agosto 2013
THRILLER DAL LATO OSCURO CON IL SESTO SENSO
The sixth sense , Il sesto senso , è stato nel 1999, vigilia del nuovo millennio, uno dei casi cinematografici per il mastodontico successo popolare ottenuto in tutto il mondo.
Diretto da un ambizioso regista indiano amico di forze occulte, M. Night Shyamalan, allora coperto di subitanea gloria ma che rischia di venir ricordato solo per questo titolo avendone poi sbagliati molti (ultimo: After Earth con Will Smith e i suoi cari), il thriller gioca un jolly abbastanza sicuro, quello del paranormale che ha sempre pagato la sua polizza. Perché il lato oscuro e misterioso fa parte del cinema stesso, all’inizio strumento di paura solo fisica con i treni che arrivavano nei sbigottiti nickelodeon, poi fu paura dell’inconscio quando la psicanalisi si fece scritturare soprattutto nelle storie di delitti e castighi.
Qui, nell’esclusiva Filadelfia dove Katharine Hepburn giocava con due mariti, siamo alle prese con un ragazzino di 9 anni, Cole, che sta tra l’al di qua e l’al di là, cioè ha la facoltà extra sensoriale di vedere la gente morta. Sarà aiutato da uno psicologo in crisi (Crowe è il nome ma è Bruce Willis l’attore) a risolvere un problema che lo isola dal mondo e lo fa vivere nel dubbio e nel terrore, accendendo complessi: un telefono azzurro per piccini paranormali.
Ma il successo del film, che fece vincere al bravissimo e inquietante Joel Osment (nella foto con Bruce Willis) l’Oscar da non protagonista, è dipeso molto dalla sorpresa finale che non doveva essere rivelata, ma il passa parola passa e sconvolge la gente che si sente presa in giro per non esserci arrivata da sola a capire il tranello: è una pura formalità?
Appassionato di gotico anche letterario (viene in mente Giro di vite di Henry James), Shyamalan crea una nitida storia di confusione mentale, conosce bene il decalogo delle emozioni primarie, rimbalza nevrosi tra i due protagonisti (Willis, fuori zona, è un credibile uomo freudianamente disperato), e arriva alla sintesi di una situazione esistenziale coinvolgendo il pubblico con una storia che stravolge i canoni di tempo e spazio e infine arriva al cuore di un’altra specie di amore. E se il lato filosofico sta nel soggetto stesso di un’entità superiore che comunica e gioca a ping pong con il trascorrere del Tempo e con il Passato che ci ansima alle spalle.