Maurizio Porro, Corriere della Sera 24/8/2013, 24 agosto 2013
MATCH POINT, DELITTO SENZA CASTIGO
Ci sono pochi autori come Woody Allen da anni puntuali alla chiamata e fedeli a un doppio binario d’ispirazione, le due maschere che ridono o piangono e che infine si congiungono. Il film che vi consigliamo oggi, Match Point , è il 36esimo della sua carriera. Che viaggia ora sopra i 43 col solo passo falso del film ambientato a Roma: quello di oggi è un titolo dal gergo tennistico per una storia dostoevskiana girata a Londra nel 2005, quando Allen era neoesule dalla «sua» Manhattan dove ora è tornato.
Così, osservando la perseveranza del male, il regista amatissimo in Europa conquista il risultato migliore fuori dalle convenzioni squisitamente americane che gli hanno ispirato opere riuscitissime, da Io e Annie a Hannah e le sue sorelle , da Radio Days alla Rosa purpurea del Cairo , fino a due capolavori come Zelig e Pallottole su Broadway . Ma nell’intrigo londinese, che ricorda un poco la Tragedia (anglo) americana di Dreiser, ovvero Un posto al sole , siamo in zona seria, come in Crimini e misfatti , che sembra un romanzo di Singer, in Un’altra donna che sembra un sogno di Philip Roth, in Ombre e nebbia che sembra un film espressionista tedesco. Match Point forse pare un po’ un delitto senza castigo ben organizzato, dove il cinismo indispensabile all’umorismo, specie di marca yiddish, si evolve in una disamina senza speranze dei comportamenti umani, dei delitti casuali e delle pene, spesso evitate. Attori del giallo sono Jonathan Rhys Meyers e Scarlett Johansson (foto insieme) : lui è un umile rampante maestro di tennis, degno di un racconto di Maugham, che accetta il fidanzamento con l’ereditiera di un magnate, ma è in realtà sedotto dall’ex fidanzata del fratello di lei, relazione adulterina che si complica con la gravidanza della ragazza, spingendo i peggiori istinti come in un noir anni 40.
Girando per la prima volta fuori New York, poi andrà a Venezia, Parigi, Barcellona, e senza scritturarsi (come farà poi altre volte per sopravvenute ragioni di età che sconsigliano ruoli sentimentali) Allen allestisce una storia di rara compattezza stilistica e narrativa, elegantissima nella forma e nella sostanza, dove lo stile british si appropria del clima, delle intenzioni, degli inconsci, della sceneggiatura dello stesso Allen. Che insiste sull’amoralità dei tempi, fa il testimone di accusa contemporaneo, racconta i salti di classe come un «Downton Abbey» d’oggi, non avendo ancora imparato (il magistrale Midnight in Paris ), per consolarsi, a viaggiare nel tempo.