Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  agosto 19 Lunedì calendario

LA MEGLIO GIOVENTU’, QUARANT’ANNI D’ITALIA

La meglio gioventù di Marco Tullio Giordana, titolo di memoria pasoliniana, di cui Raiuno propone la prima parte (la seconda martedì 27) è più di un bellissimo film che ci riguarda, interessa, appassiona e commuove. È il film che, dieci anni fa ormai, ha riattivato i condotti intellettuali ed emozionali tra il cinema e la realtà italiani e tra il capolavoro sul grande e sul piccolo schermo per cui era stato pensato prima di vincere un premio a Cannes proprio per il suo «Certain regard», diventando un insospettabile evento in sala, mentre mamma Rai, timorosa, lo teneva in quarantena.
Giordana, da ex liceale sessantottino milanese, di passioni e illusioni politiche se ne intende (testimone la filmografia): sceglie un format classico tv, la saga di una famiglia, e la conduce per mano carezzandola e anche strattonandola, dal 1966 al 2003, dall’alluvione di Firenze all’alluvione dell’Italia affogata nella violenza degli anni di piombo, fra probabilità e imprevisti, illusioni e delusioni, ma sempre con una gran curiosità di vita e un assegno in bianco per il futuro. Al centro due fratelli, Nicola e Matteo (Luigi Lo Cascio e Alessio Boni, nella foto) , le cui vite borghesi parallele sono divise dall’incontro con Giorgia, ragazza disturbata sottoposta ad elettroshock che segnerà molti destini: Nicola illuso sarà psicanalista basagliano, Matteo deluso farà il poliziotto. Intorno, genitori, due sorelle, tutti impegnati e coinvolti in una partita di cui non sappiamo il finale che si scopre con stupore balzachiano a gradi.
Merito di una gran regia che alterna cuore e cervello e della sceneggiatura di ferro di Rulli & Petraglia, che si affida al doppio (i fratelli) per spiegare il corso degli eventi e il valore del dubbio. Diviso in due lunghi atti, come il padano Novecento , di cui rappresenta il contraltare cittadino e forse l’ideale sequel, il film sussultorio ci riporta 40 anni di made in Italy con economisti rampanti, magistrati, terroristi, in eccezionale fluidità narrativa, il piacere di raccontare e di ascoltare e la scoperta d’un cast che diventerà famoso a pieni meriti sul campo: Lo Cascio, Boni, Gifuni, Bergamasco, Trinca, Scamarcio di sfuggita e una prova meravigliosa di melò frenato di Adriana Asti, prima e dopo la rivoluzione.