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 2013  agosto 28 Mercoledì calendario

QUESTO BLITZ RISPETTA IL DIRITTO INTERNAZIONALE? —

Un intervento mirato e punitivo in risposta a un crimine inaccettabile, non l’apertura di un fronte di conflitto. Nell’escalation retorica delle ultime ore la comunità internazionale dosa le parole e cerca un difficile punto di equilibrio tra ragioni umanitarie, strategie geopolitiche e diritto, scontrandosi con l’ambiguità di fondo del ricorso a Carte e Trattati di fronte a possibili interventi militari: la legge orienta l’azione o si riduce a pura copertura di decisioni politiche? Un nodo che nel caso dei bombardamenti Nato sul Kosovo l’allora segretario di Stato Usa Madeleine Albright tentò di aggirare distinguendo tra intervento «legale» e «legittimo»: bisognava agire, anche senza rientrare nella cornice legale di una risoluzione Onu.
La questione riemerge ora che si torna a invocare l’articolo 5 della Carta Nato. Di fronte all’impasse del Consiglio di sicurezza dell’Onu, l’attenzione si concentra sulle manovre dell’Alleanza Atlantica. La Turchia, definendo l’instabilità del confinante Stato siriano una minaccia alla sicurezza nazionale, potrebbe fare appello all’articolo già invocato dagli Stati Uniti all’indomani degli attentati dell’11 settembre: un attacco a un Paese Nato equivale a un colpo all’intera Alleanza, legittimata a intervenire.
Principio applicabile?
«L’articolo 5 si riferisce a un attacco armato — risponde Cuno Tarfusser, vice presidente della Corte penale internazionale dell’Aia —. È un ragionamento politico quello che porta a un’interpretazione così ampia del concetto di aggressione. Queste commistioni tra diritto e politica sono molto pericolose, creano le condizioni per interventi dalle conseguenze incalcolabili».
Evitando interpretazioni che rischiano di forzare il diritto, quali strumenti legali restano? Il ministro Emma Bonino ha escluso che l’Italia partecipi ad operazioni non autorizzate dall’Onu.
«Partiamo dal presupposto che bisogna rispettare la legge — dice Tarfusser —. Questa attribuisce al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite la funzione di deliberare un intervento. Senza questa delibera, si è fuori dalla cornice del diritto internazionale e si adotta una logica di forza. Non dimentichiamo che agire a seguito di una risoluzione significa anche impegnarsi a rispettare i limiti stabiliti nell’atto giuridico».
Il ricorso alla giustizia internazionale è una strada praticabile?
«La Siria non ha ratificato lo statuto di Roma e non riconosce la Corte penale internazionale, è quindi fuori dalla giurisdizione del tribunale. Solo il Consiglio di sicurezza dell’Onu potrebbe deferire il caso all’Aia attraverso una risoluzione, ma ancora una volta si scontrerebbe con il veto russo».
Maria Serena Natale