Stefano Ciavatta, Europa 24/8/2013, 24 agosto 2013
BALDUINA E LA STAGIONE DEL SORPASSO
Ogni giorno di agosto è valido per fare ancora il pieno alla Lancia Aurelia B24 di Bruno Cortona. L’amarcord del Sorpasso è pronto, il mito del film è subito a disposizione. A seconda delle stagioni si oscilla tra devozione e repulsa per il personaggio di Gassman, Trintignant invece con il suo Roberto Mariani rimane blindato nell’epilogo tragico. Fine dei giochi? Pare di sì.
Il luogo del big bang tra i due protagonisti è ancora là: la fontanella, la palazzina con l’affaccio su Valle Aurelia, il luminoso e selvaggio parco del Pineto, ora diventato ente Regionale, un posto che ha resistito allo scempio di Italia90, quando venne sventrato per farci passare una linea ferroviaria utilizzata per soli 8 giorni e poi abbandonata. Sui binari della linea fantasma per anni i ventenni ci andavano a fare le foto nella posa nichilista alla Trainspotting ma si trattava di altri miti e altre storie.
Il civico 66 di via Proba Petronia alla Balduina non è mai stata una location di carta. Risi e Scola scelsero la Balduina perché era il nuovo quartiere del boom, con le vie intitolate ai classici latini e greci e alle medaglie d’oro della resistenza. Inerpicata sulla collina di Monte Mario, Balduina si elevava su Prati e Trionfale e dava le spalle alla borgata depressa di Primavalle. Il 1962 del Sorpasso è però lo stesso anno in cui l’anonimo signore rimproverato da Moretti in Caro diario si trasferiva a Casalpalocco, Roma sud, appena fuori dal Raccordo: “Ecco, trent’anni fa Roma era una città meravigliosa, allora Roma era bellissima, capisce?” gridava angosciato Moretti.
Proprio in quella Roma anni sessanta anche un borghese annoiato come Moravia, davanti all’ipotesi di un ferragosto casalingo, sarebbe corso fuori come un gatto randagio per viaggi interni, si sarebbe pasolinizzato, confidando nella sua indole inquieta. L’imberbe e tiepido Roberto Mariani si era invece fatto trovare in casa.
Aveva la gioventù dalla sua parte, non era ancora “un intellettuale insabbiato” come il protagonista dei libri di Sandro De Feo (il romanzo “Gli Inganni” è del 1962, i racconti de “La Giudia” del 1963), chiuso dentro una “sensazione estenuata, un senso di tregua così prolungata che può ammettere l’inerzia e l’impotenza ma anche uno spasimo di irrequietezza e, sottotraccia, un ardore segreto di conoscenza” (Raffaeli). Ma soprattutto aveva Roma ai suoi piedi, poteva scendere lungo il viale delle Medaglie d’oro, e andarsi a prendere la città rimpianta da Moretti. Che cosa lo aveva trattenuto? Era colpa soltanto dell’affanno di dover preparare un esame di legge? Il Gassman del Sorpasso si è preso spesso l’accusa di essere un corruttore di gioventù. Ma che cosa nascondeva l’Eden della Balduina? Un incanto blindato? Dietro l’eccesso di sicurezza del nuovo quartiere c’era una nuova inerzia?
#dominio
l 1962 è anche l’anno in cui si dà il via alla costruzione della Panoramica, una doppia strada sghemba che da piazzale Clodio in Prati sale fino all’Osservatorio di Monte Mario. L’anno dopo s’inaugura l’hotel Cavalieri Hilton che domina la collina. Gli articoli su “Il Mondo” di Antonio Cederna s’intitolano “I vandali in casa, Monte Mario venduto”, poi c’è la famosa inchiesta del 1955 del nuovo Espresso. Cosa volesse dire Balduina a Roma nel 1962 lo spiega a Europa Gabriele Mastrigli, architetto romano, curatore della raccolta di saggi “Junkspace” di Rem Koolhaas (Quodlibet): “Trintignant è il piccolo borghese che ha costruito la città degli anni Sessanta, la Roma delle palazzine e delle piccole cooperative di professionisti (avvocati, medici, giornalisti) che pagavano il mutuo 35ennale alla Società Generale Immobiliare, soggetti anonimi che produssero un grande spostamento in avanti del costruire e abitare. Con la colonizzazione da Prati a Nuovo Salario si sedimentano qui tutti gli stereotipi futuri di Roma Nord, quelli di cui parla Ammanniti ne L’ultimo capodanno. Bisognava dominare, stare in alto.”
Fino a non scendere più? “Quella dimensione introversa rispecchia una Roma molto chiusa in se stessa, che a lungo ha disdegnato il centro preferendo evadere verso l’Aurelia e il mare. Stare sui colli è una idea appartenuta molto alla Roma degli anni 50, Balduina come Monteverde. Il fascino contemporaneo di Moretti per Garbatella e Trastevere, che all’epoca erano malvisti, va pareggiato con la fascinazione di allora per l’emancipazione sociale rappresentata dai quartieri nuovi. “La costruzione controversa dell’hotel Hilton in questo senso è il trionfo, è una enorme palazzina super attrezzata, in linea con il quartiere, con esso viene meno pure il mito dell’albergo dentro la città storica. Il grande salto in avanti di quella Roma sono le nuove infrastrutture, la strada sì ma quella vissuta in automobile. Il neorealismo indugiava nella città paese, a misura d’uomo, quel film lì ci dice che la dimensione della città è più grande della città stessa. Una dimensione che non puoi più leggere attraverso le carte ma solo con gli stili di vita. Il personaggio di Trintignant perde la moderna dimensione della città”.
#fuga
Quale sarebbe stato il destino romano del giovane Roberto Mariani se non avesse incontrato Bruno Cortona? Risponde Mariarosa Mancuso, critica televisiva e cinematografica del Foglio: “Quel Trintignant è il futuro sceneggiatore de La Terrazza di Scola, in crisi di creatività e a cui non va bene niente. Nel Sorpasso, per me il più bel film italiano, c’è una perfetta descrizione del carattere italiano: da una parte il caciarone che combina o forse non combina, dall’altra chi è già pronto per i ministeri, anche per un certo tipo di lavoro culturale o per il partito. Il personaggio di Trintignant non ha curiosità dietro di sé, chissà se aveva amici, ma Gassman non è esattamente il corruttore che rovina il giovane, del resto anche la vita porta alla morte. Trintignant è indietro di suo. Normale o sopra le righe, il trafficone o l’inerte: l’Italia che funziona è quella lì. Roberto Mariani è anche il Leo di Verdone di Un sacco bello che prima di parlare pensa e alza gli occhi al cielo. Anche Verdone in una Roma assolata e deserta non ha nulla da fare se non andare a trovare la nonna a Ladispoli, sono personaggi che vivono in mondo chiuso anche se di estrazione sociale diverse.”
La fuga del Sorpasso era dunque iniziata prima dell’arrivo di Gassman? “All’epoca si fuggiva dal centro, come poi accadde a Milano con l’assurda costruzione di Milano due. In Parigi, o cara di Caprioli la Valeri, nella parte della prostituta Delia figlia di una portiera, trovava orribile la casa dove era nata in centro, non ci voleva tornare nel quartiere miserabile senza ascensori e doppi servizi. Sognava l’ambiente elegante delle palazzine”. La Roma del Sorpasso rimane un racconto inevaso? “Roma è spesso raccontata come un monumento, per chi viene da fuori e non c’è nato è l’ideale. Anche nella Grande Bellezza non c’è una sola inquadratura nuova, nulla di moderno. Trintignant non prendeva il tram come si augurava Zavattini quando diceva che ‘il cinema italiano è morto quando chi fa cinema, sceneggiatori e registi hanno smesso di prendere il tram’.
#resistenza
Con uno di quei tram Zavattini era arrivato proprio sotto l’Hilton dove con Gianni Bisiach in Misteri di Roma, documentario a episodi uscito nel 1963, si era imbattuto nel giornalista Bruno Ghibaudi, convinto di aver filmato un Ufo sopra l’Osservatorio di Monte Mario (il proprietario storico del bar Lo Zodiaco, Eufemio Del Buono, era anche lui un ufologo). C’è chi invece su quella collina in preda al boom e assediata dal cemento non si mise ad aspettare i marziani o degli euforici cialtroni e decise invece di scendere a valle. Si tratta dello scrittore Gianfranco Calligarich che nel 1973 esordì con L’ultima estate in città (Garzanti e poi Aragno), un romanzo su un giornalista milanese trapiantato a Roma negli anni Sessanta e che gira la città in lungo e largo senza preclusioni.
Quale Roma si perdeva Trintignant? “Una Roma straordinaria, impressionante. In Prati giravano pochissime automobili, le strade erano semivuote, nel silenzio quasi onirico riecheggiava la presenza dei monumenti ora assorbita dal traffico. Il personaggio di Trintignant è molto chiuso, è estraneo al moderno, è la città che viene a prenderlo, quasi non ne voleva far parte. Uno spreco rispetto alle nostalgie di quell’epoca. Ma è anche vero che c’era una parte di Roma che faceva resistenza al cambiamento, c’era molta immobilità. Si aveva la sensazione che i monumenti fossero lì piantati e non ci fosse niente altro da fare, la sensazione della banalità della Roma eterna, quindi intoccabile. Invece era facilissimo nella stessa sera andare al mare a Ostia e poi tornare a fare due chiacchiere a piazza Navona. Il mare faceva parte all’epoca della città, oggi nei nuovi racconti romani non c’è traccia”.
#freak
Roberto Mariani si sarebbe perso anche l’inaspettata e misconosciuta Balduina freak, “una delle prime borgate psichedeliche italiane, l’alternativa più dura e vera a Trastevere e Campo de Fiori, nate già con la maglietta turistica addosso” secondo la bibbia frikkettona intitolata “Roma Alternativa” (1975, Sugarco). Per uno degli autori, il giornalista e critico musicale Dario Salvatori, “Balduina con il muretto a Monteverde era uno dei due meeting point dei giovani della capitale. A Piazza Navona andavano i ricchi, poi dal 1965 non ci andò più nessuno.
Il boom di assembramento a piazza della Balduina fu tra il 1967 e il 1988: musica psichedelica, giacconi afgani, stivaletti, capelli da re sole, ragazze meravigliose. Era un quartiere tradizionalmente bene, il grande salto psichedelico avvenne negli anni Sessanta e non c’entrava assolutamente il giro politico né i gruppi extraparlamentari. Poi nel 1970 ci fu il primo grande arresto di droga su Roma, sui giornali venne molto strombazzato: 14 ragazzi arrestati, tutti della Balduina, tutti con cognomi importanti”. E Trintignant? “Nessuno lo avrebbe voluto, sarebbe stato un infiltrato, lo avrebbero considerato uno square, si sarebbe laureato e avrebbe aperto lo studio di avvocato. Quello che metteva insieme i ragazzi era l’uso smodato delle droghe e la musica, in assenza di queste due cose era difficile appartenere alla Balduina psichedelica”