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 2013  agosto 22 Giovedì calendario

SPERANZE

«Io spero sempre di non farmi notare, per un portiere è la cosa più importante» (Gianluigi Buffon).

SOLITUDINE «La concentrazione riesco a trovarla da me, senza aiuti esterni. A volte mi piace anche isolarmi, non ho per forza bisogno degli altri per sentirmi sicuro. Quello del portiere è un ruolo di solitudine e io con la solitudine ci convivo bene» (Salvatore Sirigu, portiere del Paris Saint Germain).

TATUAGGI/1 «Ho un tatuaggio sul braccio che racconta tutta la mia vita. C’è il re di Picche, cioè il re Davide. Un boccale di birra perché la birra non deve mai mancare. Un dado, il mio soprannome. Un’immagine di mia moglie Guendalina. La data dell’esordio con gol in A, il 29 agosto 2010. Un rosario per mia madre. Una pergamena aeronautica per mio padre e mio fratello, militari. Un cartello di benvenuto, in stile Las Vegas, con la scritta “born in Belgium, made in Italy”. La ricordo, la doppia nazionalità, magari mi convocano nel Belgio» (Davide Moscardelli, numero 10 del Bologna).

TATUAGGI/2 «Un drago, una scritta per mia figlia, una per mia moglie, una per la famiglia, un vichingo, un sole, il mio cognome, le ali sulla schiena e una croce. Perché sono cattolico, anche se i calciatori la domenica giocano e non vanno a messa» (i nove tatuaggi di Floro Flores).

DONNE «Devo dire grazie a tutte le donne a cui sono piaciuto. Se non avessi ricevuto così tanta ammirazione da parte loro, non sarei diventato un campione. Si fa tutto per le donne: il potere, il denaro, il successo. Chi dice il contrario mente» (il nuotatore francese Camille Lacourte).

DOPO «Le donne costano, ma io non le pago per venire a letto con me. Al massimo per farle andare via dopo» (l’ex tennista Marat Safin).

MAMMA «Oggi desidero essere la tennista migliore del mondo, ma a breve cercherò di essere una brava moglie, e poi una brava mamma» (Maria Sharapova, che vuole cambiare il suo nome in “Sugarpova” per gli Us Open, per sponsorizzare la sua marca di caramelle).

PAURA «Mia mamma aveva paura del rugby. E io: voglio fare l’attore o giocare a rugby. Ero basso e tarchiato. Alla fine per smettere di giocare a basket ho aggredito un arbitro. Mi hanno squalificato non so neanche per quanto tempo. E mia mamma si è rassegnata» (il pilone azzurro Martin Castrogiovanni).