Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  agosto 25 Domenica calendario

VESTITO INTELLIGENTE

Si spruzzano, si illuminano, ci fanno dimagrire, ci dicono se abbiamo bisogno di riposare, ci riscaldano ma non ci fanno sudare. Oppure chiamano i soccorsi e trasmettono dati. In un futuro non troppo lontano il nostro armadio potrebbe essere pieno zeppo di abiti che oggi storcendo il naso definiremmo fantascientifici. Giusto per avere un’idea di ciò che accadrà basterebbe fare un salto all’International Symposium on Weareable Computers che si terrà a settembre a Zurigo. Qui tra le altre cose verrà presentato il computer “che si indossa”: realizzato dalla Georgia Tech University servirà a migliorare la comunicazione tra gli animali e l’uomo in diversi contesti, dalla guida di persone disabili alla ricerca di sopravvissuti sotto le macerie. Stesso scenario da film ambientato nel 2050 quello prospettato all’Ifa, la grande fiera europea dell’hi-tech di Berlino: con l’Hi-Fun, un telefono-guanto dotato di auricolare Bluetooth, e con Wooven, la giacca che rileva i dati fisiologici o ambientali di chi la indossa (posizione, umidità, temperatura, luce, eccetera).
Ma partiamo dall’Italia, dai laboratori dell’Università Roma 3, dove Giovanni Capellini, professore di Fisica della Materia, sperimenta tute speciali per vigili del fuoco: «Le abbiamo progettate qui e sono già operative a Berlino. Sono fatte di un tessuto dotato di particolari sensori capaci di registrare il livello di adrenalina e glucosio rilasciato dal corpo del vigile durante una manovra di spegnimento. I parametri registrati dall’analisi del suo sudore vengono inviati al computer della centrale e se indicano uno sforzo eccessivo o sono oltre la soglia limite, il vigile viene soccorso e mandato a riposo». Come è stato possibile tutto questo? «Quando la materia si interfaccia con la biologia, i suoi possibili usi sono infiniti» spiega Capellini. «Soprattutto gli studi della nanotecnologia hanno permesso di fabbricare tessuti intelligenti: riducendo la scala fino al nanometro, infatti, le proprietà della materia cambiano. Ad esempio un pezzo di carbonio da un metro non ha le stesse proprietà di un pezzo di carbonio della misura di un nanometro. Dividendo la materia essa si comporta diversamente, bisogna quindi lavorare sulla porosità permettendo alle nanostrutture di interagire con l’esterno».
Restiamo in Italia, in Toscana. Altri campi: la medicina. Altri bisogni: quelli dei pazienti. A Prato, tra un Museo del Tessuto e una villa Rucellai sono molti i progetti che hanno a che fare con la salute. Da un brevetto austriaco, l’industria tessile pratese capitanata da Roberto Fenzi, ad del Gruppo Lenzi, ha elaborato Tepso, un tessuto capace di migliorare la qualità della vita dei malati di psoriasi. Modificando la fibra sintetica Profilen, utilizzata finora solo come filo di sutura, l’azienda pratese ha tirato fuori un tessuto leggero, traspirante e idrorepellente con un basso coefficiente di frizione capace di dare sollievo al problema dello sfregamento degli abiti sulla pelle.
Sempre a Prato, sempre il Gruppo Lenzi, ma cambia lo scenario. Siamo in un bosco, fucile da caccia e animali in fuga, il suono di uno sparo. La giacca sperimentata è di quelle che possono salvare la vita. Si chiama Dynafelt, ed è stata soprannominata la “giacca corazzata” perché oltre ad essere leggera e resistente risulta estremamente protettiva anche da cartucce a pallini sparate a distanza ravvicinata, riducendo così gli effetti dovuti agli incidenti da caccia.
Torniamo in città. Piste ciclabili, due ruote e poca visibilità dovuta all’ora tarda. Senza timori possiamo continuare a pedalare indossando la Sporty Supaheroe. Frutto di un’idea di Wolfgang Langeder, designer di Utope Project, questa giacca è una specie di seconda pelle digitale il cui scopo principale è quello di garantire ai ciclisti che la indossano visibilità e sicurezza al buio. Ha infatti un sistema elettronico firmato dall’istituto Fraunhofer di Berlino basato su un circuito flessibile a display led che si adatta al movimento. Sensori presenti all’interno della giacca mandano messaggi relativi al movimento del corpo che vengono poi trasformati in segnali luminosi e immagini sulla sua superficie.
Fisica, biologia, medicina. E industria. Ma anche stilisti e designers non stanno certo a guardare e si tuffano nelle nuove tecnologie per intrecciarle con filo ed ago ai nuovi materiali. «Viviamo in una nuova era. Le persone conducono stili di vita globali e hanno bisogno di tessuti in grado di adattarsi a tutte le condizioni» ha detto al Financial Times Anna Zegna, image director di Ermenegildo Zegna. Dal “Cool Effect”, un tessuto di lana australiana che consente ai colori scuri di replicare le proprietà dei bianchi, riflettendo i raggi infrarossi del sole e riducendo così la temperatura corporea fino a 10 gradi, al Moncler fatto di tessuto in nylon ultra leggero che pesa solo 40 grammi al metro ed è resistente al vento. Senza dimenticare l’ultima frontiera: quella immaginata designer londinese Manel Torres. Ha creato un vestito che, spruzzato sulla pelle, si solidifica per essere poi staccato e diventare quindi “reale”, riutilizzabile e lavabile. Più tecnologico di così...