Matteo Persivale, Corriere della Sera 24/8/2013, 24 agosto 2013
L’ASCESA (ASTUTA) DI BEN, VOLTO POST-IMPERIALE DELL’AMERICA DI OBAMA
Nessuno più di Ben Affleck, in questi anni, ha considerato Hollywood non come una destinazione ma come un mezzo di trasporto: facendo lo slalom tra Oscar e kolossal d’azione, tra uscite trash sui tabloid e scelte che spiazzano tutti. L’eroe forse poco super ma ideale per un’America in crisi d’identità, immune alle stroncature come al prendersi troppo sul serio dopo un premio importante, ideale per i suoi tempi come lo fu John Wayne per l’America anni 40 e 50. John Wayne non avrebbe saputo che dire di questo impero pericolante sotto i colpi delle rivelazioni di un soldatino che ne ha copiato i segreti su un cd di Lady Gaga, Affleck invece sa che gli eroi sono sempre vagamente di cartone e che i posteri non esistono più, e la loro ardua sentenza non interessa più a nessuno.
Affleck icona post-imperiale grazie a una carriera contro tutte le regole: vinci l’Oscar a 25 anni (miglior sceneggiatura originale per Will Hunting genio ribelle dividendolo con il tuo compagno di scuola Matt Damon) anche se fino a quel momento il tuo curriculum è fatto soprattutto di commediole dirette da un amico col gusto della parolaccia. Le porte del salotto buono del cinema americano si aprono e invece tu ti tuffi su un kolossal-polpettone fantascientifico nel quale una squadra di operai di una piattaforma petrolifera viene lanciata nello spazio per frantumare l’asteroide che sta per schiantarsi sulla terra (Armageddon, 1998, e ne approfitti per farti rifare i denti dalla produzione che paga la maxi-parcella del più bravo dentista di Beverly Hills).
Ti fidanzi con Gwyneth Paltrow prima e con Jennifer Lopez poi (con la seconda interpreti uno dei film più brutti non solo della tua carriera ma di quella di chiunque altro, Amore estremo). Poi però quando sembri ormai il palombaro (molto ben pagato: anche 15 milioni di dollari a film) del trash hollywoodiano — e l’amico Matt Damon è diventato una star e perfino il tuo fratello sfigato Casey appare in film di qualità, al contrario di te — vinci un altro premio di lusso, la Coppa Volpi a Venezia per Hollywoodland , giri il tuo primo film da regista (Gone baby gone) e lasci tutti a bocca aperta perché trasformi il giallo sul rapimento di una bimba in una tragedia greca sulla famiglia, l’onore, il senso della giustizia, e in una lettera d’amore alla gente della tua città, Boston (fin dalla sequenza iniziale, epica: «Sono le cose che non hai scelto a renderti ciò che sei») .
Fai il supereroe (Daredevil), sposi una delle attrici più belle (Jennifer Garner), smetti di bere facendoti aiutare in una clinica, vinci un altro Oscar ma questa volta per il miglior film, Argo , che hai girato per raccontare la storia (vera) di quando la Cia e Hollywood si allearono per riportare a casa gli ostaggi americani in Iran. E quando si riaprono non solo le porte del salotto buono ma sembrano aprirsi pure quella della politica (Affleck senatore?) fai un altro slalom e diventi Batman.
Lasci ridere Twitter (dove peraltro compari di rado, e solo per promuovere qualche causa umanitaria di quelle che fanno piacere a tua mamma, ex insegnante che prima della tua nascita marciava per i diritti dei neri sotto le sassaiole dei razzisti) perché sai che dopo l’Oscar di Argo fare Batman significa che la Warner Bros. finanzierà qualunque film ti verrà voglia di girare nei prossimi anni, intanto incassi quei cinquanta milioni di dollari da mettere in banca in vista di quel giorno in cui, come dicesti nel 2001 ridendo — ma non troppo — magari ti candiderai a qualche carica importante senza dover chiedere finanziamenti a nessuno.
Un Michael Bloomberg progressista più alto e bello, magari non sindaco ma forse senatore o chissà mai, qualcosa di più, come quel ragazzo che qualche anno prima di te andò alla tua stessa università (il piccolo Occidental College californiano) e adesso vive e lavora alla Casa Bianca. Un altro che ha capito che non è più l’America di una volta, quella del «destino manifesto» dell’espansionismo a stelle e strisce. E che sono le cose che non hai scelto a renderti ciò che sei.
Matteo Persivale