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 2013  agosto 24 Sabato calendario

RECORD DI INGEGNERIA I RAGAZZI ATTRATTI DALLA LAUREA «UTILE»

Il dato è sicuramente interessante e viene da Milano. Sono oltre 15 mila gli studenti che si sono iscritti al test di ingresso per le facoltà del Politecnico, quasi 10 mila per la sola Ingegneria ai quali vanno aggiunti i 3.100 che parteciperanno al test per Architettura e gli oltre 2.500 che si sono iscritti ai corsi di laurea della scuola in Design. Mai nei 150 anni di storia del prestigioso ateneo lombardo era stata superata la soglia dei 9.500 iscritti a Ingegneria che in questo caso si contenderanno i 5.682 posi resi disponibili. L’impressione che se ne ricava è che potremmo essere di fronte a una polarizzazione delle scelte da parte delle matricole che cercano di indirizzarsi verso le lauree utili o comunque considerate più ricercate dal mondo del lavoro. Proprio nei giorni scorsi del resto l’indagine Excelsior diffusa da Unioncamere segnalava la difficoltà da parte delle aziende nel coprire il 12% delle professionalità richieste e al primo posto in questa singolare classifica delle «assunzioni impossibili» figuravano proprio gli ingegneri.
Sia chiaro niente è facile in questa stagione economico-sociale e quindi anche una scelta razionale non è affatto detto che venga premiata alla fine del corso di studi ma è altrettanto evidente come tutta una serie di lauree definite «deboli» (le umanistiche in senso lato) presentano un altissimo rischio di disoccupazione finale. È il fenomeno che in passato è stato definito «qualcosismo» e che si materializza in laureati che, dopo aver conquistato un titolo di studio non spendibile sul mercato del lavoro, finiscono per cercare un lavoro qualsiasi, anche se lontanissimo dalle competenze che hanno appreso nelle aule universitarie. Pesa su tutta questa materia una strutturale debolezza dei nostri servizi di orientamento, solo in parte colmata dalla pratica degli open day da parte degli atenei. I genitori e i ragazzi in questo modo vengono lasciati soli a tentare di mettere in equilibrio le cosiddette «passioni» (ovvero le materie che si prediligono) con la loro reale potenzialità di occupazione.
Il dato del Politecnico di Milano fa il paio con quanto sta avvenendo nella scelta della scuola media superiore. Negli anni passati era avanzata quella che viene chiamata «licealizzazione», la tendenza cioè a gonfiare le iscrizioni ai licei per un malinteso senso di mobilità sociale. La «licealizzazione» aveva prosperato anche per colpa di una dequalificazione dell’istruzione tecnica che finiva per apparire agli occhi dei ragazzi una scelta ancillare e come tale da escludere. Ora la corsa ai licei sembra essersi fermata (lo conferma il calo degli iscritti al primo anno dei classici) e in parallelo è avanzato un movimento di riqualificazione dell’istruzione professionale con un legame diretto con il mondo della produzione e con una migliore identificazione dei profili didattici. C’è ancora molto da fare, ma il dado in qualche maniera è stato tratto e stiamo adottando seppur lentamente il modello tedesco di istruzione tecnica e di stretto legame studio-lavoro.
I dati e le tendenze di cui stiamo parlando sono importanti anche perché segnalano una flessibilità mentale e culturale da parte delle famiglie che hanno preso coscienza del problema. Ci sono miti da sfatare e incrostazioni da rimuovere però il canale di comunicazione con madri e padri sembra essersi riaperto. C’è voglia di ascoltare, di farsi orientare e di muoversi quindi adottando un buon tasso di pragmatismo. Non era scontato ed è importante proseguire su questa strada: in un’epoca caratterizzata da una disoccupazione giovanile da record storico non possiamo permetterci di sbagliare già in partenza.
Dario Di Vico