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 2013  agosto 25 Domenica calendario

LA COPPA DAVIS DELLA VITA

Se già una partita di Coppa Davis è un’altra storia rispetto al match di un torneo qualsiasi, quella del 20 luglio 1937 è una battaglia molto particolare. Non solo perché siamo nel tempio di Wimbledon, con 14mila persone assiepate sugli spalti e l’aria elettrica che precede una grande sfida. Non solo perché, in pieno regime nazista, si fronteggiano Stati Uniti e Germania nella finale interzone che porterà alla contesa decisiva con la Gran Bretagna, vincitrice uscente.
C’è di più, in questa partita. È in gioco il destino di un uomo. Di un barone nel lignaggio e sul campo, per l’eleganza, lo stile, la sportività che dimostra con gli avversari: il tedesco Gottfried von Cramm, 28 anni, mai piegatosi al regime, è costretto a vincere per placare Adolf Hitler e far vedere al mondo che la Germania eccelle nel tennis. Solo di fronte a un successo contro gli States i nazisti avrebbero chiuso un occhio sulla sua omosessualità lasciandolo in pace. Il Führer lo aveva addirittura chiamato poco prima dell’ingresso nel Centre Court, augurandogli buona fortuna. Episodio, questo, raccontato dall’avversario Don Budge che era accanto a lui, ma smentito in seguito da von Cramm. Terribile splendore, di Marshall Jon Fisher, ricostruisce momento per momento i cinque set di questa epocale partita, ma anche il clima cupo della Berlino negli anni ’30.
Gli amanti del tennis hanno l’occasione di fare un tuffo in un altro mondo, immergendosi in vite, situazioni, resoconti oggi inimmaginabili. Il mondo di Bill Tilden e Fred Perry, di Daniel Prenn e Don Budge. Von Cramm era un aristocratico che aveva imparato a giocare da ragazzino durante l’estate nella tenuta di campagna, e già allora pensava di voler fare da grande il «campione del mondo di tennis». A Berlino, mentre studiava Giurisprudenza, incrociava la racchetta con i frequentatori dell’esclusivo Rot-Weiss Club. Convinti i genitori di quale fosse la sua strada, venne il tempo degli allenamenti. Durissimi. Costanti. La vita libertina che conduceva, bello come il sole, bazzicando i tanti locali pieni di artisti, musicisti e scrittori, non doveva pregiudicare i suoi obiettivi: migliorare, perfezionare, arrivare. E quindi a mezzanotte, come Cenerentola, tornava a casa perché l’indomani si ricominciava. Il matrimonio con la bella Lisa von Dobeneck si rivelò presto un flop, ma i due mantennero ottimi rapporti. Nel frattempo arrivarono i primi risultati: Gottfried scalò le classifiche nazionali, poi si spinse fino alla semifinale a Wimbledon e conquistò per due anni il Roland Garros. A contribuire al suo successo, in particolare a fortificarne il rovescio, fu il mito del tennis americano e mondiale degli anni Venti, Bill Tilden, per tutti Big Bill. Uno che si era messo in testa di giocare sul serio quando aveva 22 anni, dopo aver perso i genitori e il fratello, ed era solo 17° nella classifica americana. Letteralmente "studiò" il gioco, diventando il primo intellettuale del tennis (il suo Match play and the spin of the ball è stato la Bibbia per tutti). Atletico, con una fortissima personalità in campo, giunse a battere chiunque con una tale facilità, che spesso per far divertire il pubblico andava volutamente in svantaggio per poi tornare in gara e riprendere in mano la partita.
Non meno determinato e "cattivo" era Don Budge. Una storia tipica da sogno americano, la sua. Zazzera rossa, lentiggini, una figura allampanata, aveva cominciato senza neanche un centesimo sui campi in terra battuta di un parco pubblico di Oakland, figlio di un fattorino, con il fratello più grande a fargli da maestro. Con un gran rovescio («nessuno ha mai servito sul suo rovescio prima che avesse 60 anni suonati» disse il giocatore di Coppa Davis Gene Scott) diventò presto campione under 15 della California: un futuro scritto. Vinse il torneo nazionale juniores, corresse un dritto non all’altezza dell’altro colpo con l’allenatore Tom Stow, e cominciò la sua galoppata alla conquista delle platee più prestigiose del mondo. Con l’amico e compagno di doppio Gene Mako si godette la vita a suon di jazz e inanellò una serie di vittorie, Coppa Davis inclusa. Budge vinse il Grande Slam nel 1938 e fu uno dei tennisti più ricchi del tempo (solo nel ’39, da professionista, guadagnò almeno 100mila dollari in un’era in cui una cena costava due dollari).
Parallelamente a questo sfolgorio di racchette, successi, vite intense, il libro (in un susseguirsi a volte un po’ frenetico ma sempre avvincente) racconta l’oscurità che cala su Berlino, le retate nei locali, le leggi contro gli omosessuali, le prime infamie che si abbattono sugli ebrei. Come Daniel Prenn, stella della squadra tedesca di Coppa Davis, che nel 1933 non fu convocato in quanto israelita. Fuggirà a Londra con la famiglia. Ecco perché quella sul centrale di Wimbledon non fu una semplice partita di tennis.