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 2013  agosto 25 Domenica calendario

LE SORTI DEL CAVALIERE IPOTECANO LA RIFORMA ELETTORALE

Prima o poi il Senato voterà sulla decadenza di Berlusconi da senatore. A essere precisi il Cavaliere potrebbe evitare il voto dimettendosi. Ma oggi non sembra proprio essere questa la sua intenzione. Sulla carta non dovrebbero esserci dubbi sull’esito del voto, visto che a favore della decadenza esiste una netta maggioranza. A quel punto Berlusconi darà seguito alla sua minaccia di far cadere il governo? Non è certo, ma è altamente probabile, anche se è una mossa che potrebbe non giovargli affatto. Se questo accadrà si aprirà una crisi di governo dagli esiti imprevedibili.
Il capo dello Stato ha ribadito più volte di ritenere la riforma elettorale una priorità. Ma che possibilità esistono di approvare un nuovo sistema di voto in uno scenario così confuso? Ragioniamo su due possibili ipotesi. La prima è che, nonostante tutto, il governo non cada e che Pd e Pdl cerchino un accordo su una riforma "ponte" che vada incontro alle preoccupazioni del Presidente della Repubblica e della Corte costituzionale. Ma quale riforma può venir fuori da un accordo in punta di possibili elezioni anticipate? Dipenderà dai sondaggi. Ma non solo. Conteranno anche le idiosincrasie dei due maggiori partiti. La tenace avversione del Pdl nei confronti del collegio uninominale elimina dal novero delle opzioni possibili sia la resurrezione della legge Mattarella sia l’introduzione del doppio turno francese. In campo restano i sistemi proporzionali con o senza premio di maggioranza e prima di tutto la correzione del cosiddetto Porcellum.
Come è noto da tempo, i problemi dell’attuale sistema di voto sono due: un premio che può risultare eccessivo perché viene assegnato indipendentemente dai voti presi dal primo arrivato e le liste bloccate. La soluzione al secondo problema è semplice e si chiama voto di preferenza. Berlusconi non lo ama, ma potrebbe accettarlo se la riforma complessiva fosse di suo gradimento. La correzione del premio è invece molto più complicata. E qui conteranno i sondaggi. Come abbiamo scritto anche recentemente (Sole 24 Ore dell’11 Agosto) il premio di maggioranza andrebbe assegnato con il doppio turno se nessuno ottiene al primo turno almeno il 40% dei voti. È un meccanismo semplice e efficace. Ma è anche un modo per far sì che il voto dia sempre e comunque una maggioranza di seggi a un partito o una coalizione. Lo stesso meccanismo dovrebbe essere previsto per il Senato sostituendo i 17 premi regionali con un unico premio nazionale. Dopodiché si dovrà incrociare le dita sperando che i due corpi elettorali diversi non producano risultati diversi tra le due Camere.
È difficile che una destra con un leader dimezzato accetti una riforma del genere. A parte la sua storica idiosincrasia per il doppio turno, se i sondaggi la daranno per sicura perdente non vorrà un sistema elettorale che produrrà un sicuro vincente. È più probabile invece che punti ad una soluzione per cui se nessuno arriva al 40% dei voti il premio non viene assegnato oppure viene assegnato un premietto che non garantisce la maggioranza assoluta dei seggi. Questa riforma risolverebbe il problema della incostituzionalità del Porcellum, ma ne creerebbe un altro. Se il sistema politico rimane tripolare, con un M5S come terzo polo, è impossibile che qualcuno arrivi anche solo al 40% dei voti (per non parlare del 45%). E allora cosa succede? Si tornerebbe alla situazione attuale. Con una differenza. Avremmo un sistema elettorale "costituzionalizzato", ma un sistema politico comunque ingovernabile.
Esistono altre strade possibili per una riforma elettorale che non sia la correzione del cosiddetto Porcellum? Se l’obiettivo è quello di dare al paese un governo che sia il risultato diretto del voto la risposta è negativa. Né il proporzionale tedesco né quello spagnolo né altri tipi di proporzionale possono consentire il perseguimento di questo obiettivo nelle attuali condizioni di frammentazione del nostro sistema partitico. Ci si potrebbe provare forse con il sistema spagnolo, ma bisognerebbe applicarlo in circoscrizioni elettorali talmente piccole che la riforma scatenerebbe la reazione del M5S e di tutti i piccoli partiti. L’unica soluzione efficace- lo ripetiamo ancora una volta - è il doppio turno, di collegio o di lista.
E se il governo Letta cadesse sarà possibile fare una riforma elettorale? Questa è la seconda ipotesi da prendere in considerazione. In questo caso è ancora più difficile prevedere cosa potrebbe succedere. Si riuscirà a fare un altro governo? Con chi? Il M5S sarà disponibile a fare un accordo limitato con il Pd per cambiare il sistema di voto? E su che basi? Le recenti dichiarazioni di Grillo su questo punto sono ambigue. Sembra che gli vada bene il cosiddetto Porcellum. In realtà si intuisce che la questione della riforma elettorale dà fastidio al M5S. Non vorrebbero affrontarla perché in realtà non gli interessa e in più non sanno che fare veramente.
In queste condizioni come si fa a essere ottimisti sulla approvazione in tempi brevi di una riforma che sia migliorativa e non peggiorativa dell’attuale sistema? È una domanda che non ci poniamo solo noi. All’estero ci guardano con preoccupazione. Come ha scritto Isabella Bufacchi sulle pagine di questo giornale (il 20 agosto scorso) chi ha interesse alle cose italiane ha capito da tempo che non ci potrà essere alcuna vera prospettiva di stabilità e di crescita per il nostro paese se non si mettono a posto le regole per trasformare in maniera virtuosa i voti in seggi. Non basterà questo. Ma da qui bisogna partire.