Mario Ajello, Il Messaggero 25/8/2013, 25 agosto 2013
UNA PATTUGLIA DI PEONES AL SENATO PUO’ SABOTARE LA STRATEGIA DEI FALCHI
I falchi hanno vinto? Sì, ma hanno vinto soltanto il primo round. E in Senato la strategia della durezza muscolare rischierà di impantanarsi.
Perché è vero che Berlusconi, durante il consiglio di guerra, sembrava bearsi ascoltando i discorsi hard di Verdini e Santanchè, ma alla fine della riunione il Cavaliere è apparso più dubbioso, cogitabondo, forse spaventato. Da che cosa? Da Palazzo Madama.
Parlano tutti, ma una notazione di Renato Schifani colpisce in maniera particolare il padrone di casa ad Arcore, perchè segnala in maniera pacata e istruttiva un rischio grosso e un’evidente debolezza della linea super-falca del muoia il governo Letta. «Io - spiega Schifani - guido il gruppo dei senatori. E voglio dirvi che non abbiamo un gruppo compatto, come quello del 2006. Se andiamo alla rottura e non c’è la sicurezza dell’esito elettorale, il gruppo chi lo tiene?». Ovvero, può accadere di tutto. Può succedere, anche se Schifani non entra nei dettagli e nei numeri, ma li sanno tutti, che una ventina di senatori del centrodestra potrebbero appoggiare un Letta bis.
Una constatazione, quella della colomba Schifani, che del resto coincide con le voci, con gli umori, con i silenzi e con gli sfoghi che circolano nel corpaccione del Senato. Dove Berlusconi può contare su un esercito di fedelissimi e di fedelissimi a prescindere, ma ci sono anche gli avventizi, i novizi, quelli eletti a sorpresa grazie al fatto che il Pdl è andato alle elezioni meglio del previsto, quelli attaccati alla poltrona, quelli che «Al voto? Mai e poi mai!», quelli che la prossima volta non saranno ricandidati perchè hanno alle spalle sufficienti legislature, quelli che i berlusconiani doc chiamano i «cavalieri del nulla», peones per lo più di provenienza meridionale.
IL DILEMMA
Andare a Salò con Super-Silvio o dare una mano a Letta quando, ma soprattutto se, si presenterà in Senato dicendo: «Vado via, a meno che non ho i voti per restare»? L’insidia di Palazzo Madama sta in questo dilemma che tortura la coscienza di non pochi senatori. C’è chi, solo per fare un esempio, si ritrova in pieno nelle parole di un calabrese, il senatore Giovanni Bilardi, eletto in Calabria, poi finito nel gruppo meridionalista-leghista-berlusconico dei Gal (che ha dieci membri di provenienza eterogenea), il quale prima delle ferie così spiegava a diversi suoi colleghi: «Io non accetterei lo scioglimento delle Camere. Bisogna andare avanti, il Paese ha bisogno di noi, va governato....». Cose così. Nel ventre della balena azzurra del Senato a parlare in questa maniera sono in tanti. Ma non ne servirebbero poi tanti, per vanificare via peones, la strategia dei bomber e delle pitonesse.
IL PALLOTTOLIERE
Basta fare un po’ di conti, che sono i conti che Berlusconi da giorni - e da ieri sera ancora di più - va facendo. Anche se è convinto che la sua chiamata alle armi alla fine convincerà tutti. Ma tutti proprio tutti? Anche senatori semplici come il pugliese Pietro Iurlaro, che qualche collega assicura essere particolarmente affezionato alla governabilità? E quei siciliani infilati all’ultimo minuto nelle liste campane, dopo che le dovettero riscrivere a causa dello scoppio del caso Cosentino? E il catanese Salvatore Torrisi, «Salvo», da sempre democristiano? E Pippo Pagano, di Giarre, democristianissimo inconsolabile a sua volta? E un altro siculo, Giuseppe Ruvolo, che stava nel Ppi? Girano nomi così, magari fantasiosamente, quando si devono indicare coloro che, per una ragione o per l’altra, il proprio mandato parlamentare lo vorrebbero assolvere fino in fondo. E ancora: Francesco Scoma, palermitano, non sarebbe tra quelli disposti a staccare la spina al governo Letta. E ancora: Antonio Milo (Dc, Cdu, Ccd, Udc, Mpa, Popolo e territorio, Noi Sud, Pdl) e Pietro Langella e Ciro Falanga. Saranno loro? Saranno altri? Saranno loro e altri i magnifici ventuno (ne servono così pochi perchè possa sopravvivere un governo Letta senza il Pdl e con una nuova maggioranza numerica al netto dei 5 Stelle), capaci di rompere il gioco duro? Quando Napolitano farà appello all’unità nazionale, dicendo che non esistono alternative al governo che c’è o a uno simile, i ventuno potrebbero addirittura moltiplicarsi. E Berlusconi è avvertito.