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 2013  agosto 24 Sabato calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - LA CRISI SIRIANA


REPUBBLICA.IT
WASHINGTON - L’unica cosa che sembra esclusa è un intervento dell’esercito via terra, ma per il resto gli Stati Uniti studiano tutte le opzioni a disposizione nello scenario siriano. Le forze armate si stanno mobilitando, ha confermato il segretario alla Difesa Usa Chuck Hagel. E gli esperti studiano il precedente del Kosovo, con interventi solo aerei.
Da Medici senza frontiere arriva intanto una conferma indiretta della accuse mosse al regime di Bashar Al-Assad: il dottor Bart Janssens, direttore delle operazioni dell’organizzazione riferisce che in tre ospedali sostenuti da Msf a Damasco mercoledì mattina in tre ore 3.600 pazienti sono stati curati per sintomi di esposizioni a neurotossine, come quelle attive nei gas nervini come il sarin e che 355 di quei pazienti sono deceduti.
Che siano state usate dalla Siria armi chimiche è quanto oggi sostengono anche l’Iran, che accusa i ribelli di averle utilizzate e mette in guardia contro "qualsiasi intervento militare", e la Francia che afferma, al contrario, che "non potrà non esserci una reazione forte".
Secondo la tv di Stato siriana alcuni soldati sarebbero entrati in tunnel dei ribelli nella periferia di Damasco, dove erano nascosti agenti chimici. Tra i soldati ci sarebbero state vittime per soffocamento. Come prova rappresentanti del regime siriano hanno condotto troupe di giornalisti stranieri sul luogo dell’odierno "attacco chimico" compiuto "da terroristi" nel quartiere di Jawbar.
Ma la Casa Bianca aspetta. Nulla è deciso e Obama vorrebbe un via libera dell’Onu. Intanto ha incontrato i consiglieri anziani della sicurezza nazionale degli Stati Uniti. L’amministrazione continua a sottolineare che "tutte le opzioni sono in campo" e che l’intelligence sta valutando fatti e prove. Un’accelerazione decisa nelle ultime ore, dopo la denuncia da parte dei ribelli di massacri perpetrati dalle forze di Assad con i gas tossici.
E oggi nella capitale siriana è arrivata Angela Kane, l’inviata dell’Onu, per incontrare i vertici del regime e discutere con loro i termini dell’inchiesta sull’utilizzo di gas.
La posizione russa. In un’intervista alla Cnn il presidente americano aveva avvertito che un intervento potrà avvenire solo se ci sarà un mandato delle Nazioni Unite. Ma all’Onu finora la Russia, membro permanente del Consiglio di Sicurezza, ha sempre sostenuto il regime di Assad. Secondo il New York Times, l’amministrazione Obama è "profondamente divisa" al suo interno riguardo a eventuali azioni militari contro Assad.
Ieri il governo russo ha invitato il presidente siriano ad autorizzare gli inquirenti delle Nazioni Unite a raggiungere le zone a est di Damasco dove si sarebbe verificato l’attacco con agenti chimici. Fonti diplomatiche americane, e di altri Paesi occidentali, hanno chiarito che l’iniziativa di Mosca non riflette alcun cambiamento nel suo sostegno ad Assad o la sua contrarietà a provvedimenti punitivi del Consiglio di sicurezza Onu.
Obama studia precedente Kosovo. E’ un precedente "ovvio perché in Kosovo, come in Siria, civili sono stati uccisi e la Russia aveva legami di lunga durata con le autorità di governo accusate degli abusi. Nel 1999 il presidente Bill Clinton aveva usato l’appoggio della Nato e il fondamento logico di tutelare una popolazione vulnerabile per giustificare 78 giorni di incursioni aeree". Secondo quanto riferito da rappresentanti dell’amministrazione, il Kosovo è stato uno dei temi discussi durante gli incontri alla Casa Bianca sulla Siria. Le autorità stanno valutando se un attacco militare possa avere conseguenze involontarie, destabilizzare i Paesi, ad esempio il Libano, o determinare forti flussi di rifugiati in Giordania, Turchia ed Egitto. "E’ un passo troppo lungo sostenere che stiamo predisponendo le giustificazioni legali per un intervento, dal momento che il presidente non ha preso una decisione", ha spiegato un alto funzionario dell’amministrazione americana, a condizione dell’anonimato, al New York Times, "ma il Kosovo, certo, è un precedente che in qualche modo è forse simile".
La Marina Usa. Tra le opzioni sul tavolo degli analisti della Casa Bianca c’è un’azione condotta soltanto con aerei e/o missili, mentre è escluso un intervento via terra. La Marina americana ha annunciato che rafforzerà la propria presenza nel Mediterraneo. In arrivo la nave da guerra USS Mahan che porterà a quattro le navi in grado di lanciare missili contro la Siria.
Hagel ha rimarcato che gli Stati Uniti stanno muovendo le forze navali per essere pronti a qualsiasi decisione di Obama. "Il Dipartimento della Difesa ha la responsabilità di fornire al presidente la possibilità di scegliere qualsiasi alternativa" ha detto ai giornalisti in viaggio con lui verso la Malesia.
La condanna dell’Iran. Anche il presidente iraniano, Hassan Rowhani, ha condannato l’uso di armi chimiche in Siria. "La situazione prevalente in Siria e la morte di un certo numero di persone innocenti causata da armi chimiche sono molto inquietanti", ha dichiarato Rowhani. La Repubblica islamica, ha ricordato, fu vittima di attacchi con gas mostarda e nervini durante la guerra con l’Iraq negli anni ’80 e condanna totalmente e vigorosamente l’uso di armi chimiche". Rowhani non ha fatto riferimento a eventuali responsabilità regime di Assad, di cui Teheran è alleato.
Francia: "Intervento necessario". La Francia ha accusato esplicitamente il regime siriano di aver utilizzato armi chimiche nell’attacco di mercoledì in cui, secondo i ribelli, il gas nervino ha fatto 1.300 morti. "Tutte le nostre informazioni convergono su un punto: c’è stato un attacco chimico nell’area di Damasco e il regime di Bashar al-Assad ne è responsabile", ha detto il ministro degli Esteri, Laurent Fabius, durante una visita in Cisgiordania. Per poi aggiungere: "Non potrà non esserci una reazione forte". E se il regime "non ha nulla da nascondere, non ostacoli i controlli Onu".
Bombe su Damasco. Proseguono incessanti i bombardamenti aerei e d’artiglieria da parte delle forze fedeli ad Assad contro quartieri e sobborghi di Damasco. Lo riferiscono testimoni e abitanti della capitale: nella notte sono ripresi intensi gli attacchi sulle zone di Qabun e Jawbar, martoriate roccaforti dei ribelli nella parte nord della città, e su Tishrin, Assali e Yarmuk, nella parte meridionale. A sud di Damasco è stata bombardata Muaddamiya, cittadina controllata dagli insorti, colpita nei giorni scorsi nel presunto attacco chimico denunciato da attivisti. Nella notte e anche stamani i raid aerei delle forze lealiste sono tornati a colpire anche altri sobborghi in rivolta, come Duma, Babila, Beit Sahm, Zabadani e Tall.

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«Non seguiamo la strada di una soluzione militare». Così la cancelliera Angela Merkel entra nel dibattito sulla Siria e sull’opzione militare. In Europa la Francia ha parlato della necessità di «un intervento forte» mentre dagli Usa il presidente Barack Obama ha respinto la possibilità di un intervento senza mandato Onu anche se nel frattempo la Sesta flotta Usa ha dispiegato un vascello in più nel Mediterraneo. Da Berlino il portavoce governativo, Steffen Seibert, ha dichiarato: «Non crediamo che sia possibile risolvere (il conflitto) dall’esterno, crediamo invece che debba essere trovata una soluzione politica». Poco prima la Merkel aveva salutato l’appoggio della Russia a una commissione indipendente per accertare l’eventuale impiego di armi chimiche in Siria. La cancelliera aveva anche sollecitato che venga garantito rapido accesso agli ispettori Onu nei luoghi teatro di un possibile uso di queste armi.
DAMASCO ACCUSA I RIBELLI - Da parte sua il regime di Damasco accusa i ribelli di aver usato le armi chimiche. La tv di stato siriana ha puntato il dito contro Arabia Saudita, Qatar e Germania, indicandoli come i paesi che hanno fornito armi chimiche ai ribelli. L’emittente ha riferito di un presunto ritrovamento di materiale chimico in un tunnel dei ribelli a Jobar, sobborgo di Damasco. Su alcuni barili che contengono gli agenti chimici, secondo la tv, si legge «Made in Saudi Arabia», mentre altri provengono da una società multinazionale tedesco-qatariota. Secondo la tv alcuni soldati sarebbero rimasti intossicati. «Una ventina di soldati - ha aggiunto il canale televisivo - sono stati trasferiti in ospedale e alcuni di loro sono gravi». L’esercito avrebbe scoperto anche anti-intossicanti di una compagnia farmaceutica tedesco-qatariota e maschere antigas. Inoltre, sul posto c’erano anche diversi barili sui quali vi è scritto «Fabbricato in Arabia saudita». Nell’area del ritrovamento si sta volgendo una battaglia.
MEDICI SENZA FRONTIERE - Intanto Medici senza frontiere conferma l’uso di armi chimiche contro la popolazione. Secono l’Ong sono circa 355 le persone che «presentavano sintomi neurotossici» che sono morti in Siria negli ospedali in cui lavora l’organizzazione. L’ong ha inoltre precisato che dal 21 agosto nelle strutture sono state ricoverate 3.600 persone. «La sintomatologia, le caratteristiche epidemiologiche, l’afflusso di un numero così alto di pazienti in un lasso di tempo così breve, fanno pensare fortemente all’esposizione massiccia ad un agente tossico», scrive Medici senza frontiere, prima fonte indipendente a confermare l’uso di armi chimiche nella regione di Damasco.
VERTICE AD AMMAN - Per quanto riguarda la posizione dell’Italia i vertici delle forze armate italiane si riuniranno nei prossimi giorni in Giordania con quelli di altri nove paesi per affrontare le ripercussioni degli ultimi eventi in Siria. Un portavoce di Amman ha riferito che all’incontro, per il quale non è stata fissata ancora una data, parteciperanno Lloyd Austin, capo del Comando militare americano centrale (Centcom), e generali di Giordania, Regno Unito, Francia, Germania, Canada, Arabia Saudita, Turchia e Qatar. «L’interesse comune» - ha spiegato alla Efe il generale giordano in pensione Musa al Hadid - è fare il punto su un eventuale attacco alla Siria e proteggere i paesi confinanti da una rappresaglia. «Il regime siriano è a un punto di disperazione», ha aggiunto, «e potrebbe sorprendere il mondo con aggressioni qui e là».

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«Se gli Stati Uniti intervenissero e attaccassero un altro Paese senza un mandato delle Nazioni Unite e senza chiare prove che possano essere presentate, allora sorgerebbero questioni in termini di diritto internazionale». Lo ha detto il presidente Usa Barack Obama alla Cnn, aggiungendo che l’idea secondo cui gli Usa possono da soli porre fine alla guerra civile in Siria è «sopravvalutata». Ma a fine settimana Obama incontrerà i suoi consiglieri alla sicurezza per discutere sulle opzioni americane, inclusa un’azione militare, contro il governo siriano accusato di aver usato armi chimiche contro i civili. E in attesa di determinare se le armi sono state usate - le indicazioni preliminari delle agenzie di intelligence sembrerebbero confermarlo - gli Usa rafforzano la loro presenza nel Mediterraneo con la nave da guerra USS Mahan: «una delle opzioni militari - riporta l’agenzia Reuters - sarebbe infatti l’attacco dal mare».
LA CONFERMA DALL’IRAN - Una conferma ai sospetti sull’uso di armi chimiche in Siria arriva dall’Iran. Il presidente Hassan Rohani, ha affermato per la prima volta che armi chimiche sono state usate in Siria e ha chiesto alla comunità internazionale di impedire il loro uso. Rohani non ha indicato chi avrebbe usato queste armi, se il regime o i ribelli. Giovedì scorso, un portavoce del ministero degli Esteri iraniano aveva detto che, se le notizie sulle armi chimiche in Siria fossero state confermate, le responsabilità erano dei ribelli.
LE PERPLESSITA’ DEI MILITARI - «Il Dipartimento della Difesa ha la responsabilità di offrire al presidente opzioni per tutte le emergenze, e questo richiede il posizionamento delle forze e degli asset per attuare le differenti opzioni, qualunque sia quella che il presidente potrebbe scegliere» afferma il segretario alla Difesa, Chuck Hagel. Agli incontri in programma nelle prossime ore alla Casa Bianca dovrebbe partecipare anche il generale Martin Dempsey, capo degli Stati Maggiori delle forze armate, chiamato a presentare le opzioni militari. Dempsey nei giorni scorsi ha espresso le proprie perplessità su un intervento perché ritiene che i ribelli non appoggino gli interessi Usa.
IL PRECEDENTE IN KOSOVO - I consiglieri alla sicurezza stanno esaminando - riporta il New York Times - il caso della guerra aerea in Kosovo, precedente che sembra somigliare a quello della Siria, nel caso in cui si optasse per un’azione senza il mandato dell’Onu. Con la Russia che probabilmente opporrebbe il proprio veto in consiglio di sicurezza sulla Siria, Obama potrebbe valutare di scavalcare l’Onu. Il Kosovo è considerato un precedente ovvio perché come in Siria, sono stati uccisi civili e la Russia aveva legami di lunga durata con le autorità del governo accusate degli abusi.
IL FRONTE EUROPEO - Ma è stata ancora la questione dell’uso di armi chimiche a tenere banco. Dopo quello che da fonti della resistenza viene denunciato come un attacco da parte delle forze governative, con diffusione di immagini di numerosi cadaveri tra cui molti bambini, la Casa Bianca ha chiesto al governo di Damasco di permettere agli ispettori dell’Onu che si trovano di Siria di indagare. Tuttavia, commenta il presidente americano, «non ci aspettiamo cooperazione, considerando le esperienze del passato». Diverse nazioni stanno prendendo posizione sui fatti del 21 agosto, dando credito alla versione dell’avvenuto attacco chimico. Il Regno Unito lo dà praticamente per certo. Il segretario agli Esteri, William Hague, in una dichiarazione televisiva ha affermato che l’unica «spiegazione plausibile per vittime così numerose in un’area così piccola» è che si sia trattato di un attacco chimico. E che le probabilità che dietro l’attacco ci fosse l’opposizione sono «infinitamente limitate». Dello stesso avviso è il ministro degli Esteri della Francia Laurent Fabius che da Ramallah, in Cisgiordania, dove è in visita ha detto: «tutto indica che il regime di Bashar al-Assad abbia condotto un attacco chimico questa settimana nei pressi di Damasco». «Un massacro di una tale gravità, dicono le nostre informazioni - ha proseguito Fabius - che non potrà non esserci una reazione forte». Anche il ministro degli Esteri svedese, Carl Bildt, si è detto certo che Damasco abbia usato armi chimiche nella zona di al Goutha. «In base a tutte le informazioni, trovo difficile giungere ad una conclusione che non sia quella dell’uso di sostanze chimiche nell’attacco condotto dalle forze del regime» dice nel suo blog «in quell’area controllata dall’opposizione». Secondo Bildt «informazioni sull’utilizzo di armi chimiche in altre occasioni erano già arrivate» in Svezia, anche se in misura minore.
I DUBBI DI CINA E RUSSIA - La Cina demanda invece la questione agli osservatori dell’Onu . «Speriamo e pensiamo che il team - spiega il portavoce del ministero degli esteri, Hong Lei - possa negoziare pienamente con il governo siriano per fare in modo che l’indagine proceda senza intoppi. Per Pechino, «prima di stabilire la verità, tutte le parti dovrebbero astenersi dal dare giudizi precostituiti sull’esito» dell’indagine. È invece più che scettico il governo di Mosca, tra i principali alleati di Damasco, che attraverso Aleskander Lukashevich, portavoce del ministero degli Esteri, in una dichiarazione scritta parla di «provocazione» e di «ondata di propaganda anti-siriana». «Riteniamo inaccettabili gli appelli, provenienti da alcuni Paesi europei, di fare pressione sul Consiglio di Sicurezza Onu e prendere già ora una decisione sull’uso della forza» ha detto Lukashevich. Il riferimento tra le righe è alla Francia di François Hollande, la quale ha ammonito che se gli attacchi con armi chimiche fossero confermati, sarebbe necessario rispondere con la forza.
LA POSIZIONE ITALIANA - Sulla questione siriana è intervenuta anche Emma Bonino, ministro degli Esteri italiano. «Orrore è la parola più adeguata per descrivere quello che sta accadendo in Siria» ha detto l’esponente del governo, che sollecitata sulla questione delle armi chimiche non ha preso una posizione netta: «Avere un’informazione certa su cosa è avvenuto - ha spiegato a SkyTg24 - è la precondizione per pensare a qualunque tipo di reazione».