Mario Palombi, il Fatto Quotidiano 23/8/2013, 23 agosto 2013
SAN MARIO MAURO TENTA IL MIRACOLO: SALVARE SILVIO
Essendo nato a San Giovanni Rotondo, Mario Mauro ha una certa naturale dimestichezza col miracoloso. Non è un caso, dunque, che ieri più che parlare profetasse dall’altrove a mezzo stampa. Su Avvenire, il quotidiano dei vescovi, com’è giusto: “Una soluzione politica è quella che io propongo: amnistia e indulto. Come nel dopoguerra, con l’amnistia Togliatti. Ricordo poi il caso del partigiano comunista pluriomicida Francesco Moranino, per il quale ci fu bisogno di una seconda amnistia, nel 1968, e divenne anche parlamentare”. Nel delirio mistico può infatti capitare di confondere le stimmate di San Pio con le occhiaie di Silvio Berlusconi e una regolare condanna in Cassazione con la fine della guerra civile. Succede. D’altronde, il nostro, è felicemente ministro della Difesa e un qualche cedimento alle fantasie d’armi è quasi scusabile: lui, sempre così sobrio e misurato, qualche giorno fa s’è perfino fatto calare da un elicottero dritto sul ponte della Fenice.
LA NOTIZIA, però, è un’altra: mentre Scelta civica continua a chiedere una rapida applicazione della legge Severino (ieri il capogruppo in Senato Susta), con la sua intervista mistica il figliol prodigo torna a casa. Mario Mauro, infatti, ciellino capace di 35 interventi in 15 anni al meeting di Rimini, è stato per tutta la sua carriera politica la faccia presentabile del berlusconismo in Europa. Forse è per questo che pochi, in Italia, sanno chi sia. Cinquantadue anni, sposato, padre di due figli, passa infanzia e adolescenza a Foggia: “Sermoneggiava nel cortile o all’uscita di scuola di complessi ideali comunitari e religiosi e la sola cosa che gli uditori capivano è che avrebbe fatto strada”, ha scritto Giancarlo Perna sul Giornale. Approda a Milano per l’università – laurea in Lettere alla Cattolica – e lì, siamo negli anni Ottanta, fa l’incontro che gli cambierà la vita: conosce Roberto Formigoni. I due di Cl saranno sempre vicini: in politica il Celeste, nell’impresa – e ai vertici della Compagnia delle Opere – l’attuale ministro. Il servizio berlusconiano di Mario Mauro comincia solo nel 1999, quando arriva a Strasburgo candidato da Forza Italia ed eletto dalle truppe cielline lombarde. Milano ormai è la sua città, Foggia solo un ricordo sbiadito in cui vive il fratello Mauro, militante vendoliano.
In Europa, il sobrio e cattolicissimo Mario Mauro tiene i contatti col Ppe: è la faccia rispettabile dell’ex Cavaliere, l’unico berluscones che dà del tu ai pesi massimi del popolarismo europeo e può ambire addirittura alla presidenza dell’Europarlamento (nel 2009 la perde per un soffio).
POLITICAMENTE è un conservatore tendente al reazionario: magnificatore della Thatcher delle Falkland, gran nemico di ogni giurisdizione gay friendly, s’è battuto per le radici cristiane dell’Europa e sostiene che la bandiera Ue sia un simbolo cristiano (“il blu è il manto del colore della notte di Maria e le 12 stelle sono la corona dell’apocalisse”). Gli è piaciuta assai la nuova Costituzione ungherese (“un testo all’avanguardia”) bocciata dal Consiglio d’Europa come “autoritaria” e “antidemocratica”.
Faccende di contorno rispetto all’amore per Silvio. Quando in Europa il nostro premier è ormai una barzelletta per la vicenda Ruby, il nostro – con Formigoni, Lupi, etc. – scrive una lettera ai cattolici consigliando di “non cadere nella trappola del moralismo e della gogna mediatica”. Nel 2012, però, i suoi amici del Ppe gli fanno capire che Berlusconi è il passato e il nostro sceglie Monti denunciando la “deriva populista” del Pdl e il “tragico errore” della ricandidatura del capo. Le larghe intese gli regalano il ministero della Difesa (invece dell’agognata Università), lui lo prende e subito diventa un pasdaran degli F-35: “Armare la pace per amare la pace”, ha buttato lì. “Combattere per la pace è come fottere per la verginità”, recitava invece un antico slogan pacificista.
Marco Palombi