Marco Gasperetti, Corriere della Sera 23/8/2013, 23 agosto 2013
«IN VILLA, LEGATI CON LO SCOTCH LA NOSTRA ORA DI TERRORE»
[Pippo Marchioro]
CAMAIORE (Lucca) — «Guardo l’orologio, sono le 18,45, con il telecomando apro il cancello della villa ed entro in macchina insieme con mia moglie. Loro sono lì, nascosti in guardino, chissà da quanto tempo. Mia moglie stacca l’antifurto elettronico della villa. Facciamo appena in tempo ad aprire la porta, che loro saltano fuori, armati con due fucili a canne mozze e un lungo coltello, e ci spingono dentro». Nel salone della villa, ancora a soqquadro, Pippo Marchioro 77 anni, il mister del Milan di Rivera, Albertosi, Capello e Maldera, ha quell’espressione strana e incredula di chi, ancora scosso da un’esperienza terribile, spera di essersi appena svegliato da un incubo. Tre banditi nel tardo pomeriggio di mercoledì hanno assaltato la casa dell’ex allenatore in via Silerchie, colline di Camaiore, una villa lussuosa di 500 metri quadrati, con giardino e parco, che Marchioro aveva acquistato 17 anni fa decidendo di trasferirsi da Milano.
«Hanno passamontagna neri, tute nere. Ci puntano i fucili in faccia, ci dicono che ci ammazzeranno come cani. Ci spingono al muro, poi per terra. "Ora vi uccidiamo brutti porci", gridano. "Fuori i soldi, dove sono le casseforti". Io mi faccio un po’ di coraggio. Gli dico che per paura dei ladri abbiamo messo tutto in banca. Non ci credono. Mi sfilano l’orologio Omega d’acciaio, strappano la collana dal collo di Liliana (75 anni). Trascinano mia moglie sino alla cassaforte. Gliela fanno apire e diventano furibondi. Stavolta siamo spacciati, penso. Poi succede qualcosa…».
Quel qualcosa, un briciolo di umanità se così si può chiamare, è il gesto di uno dei banditi. Il "buono", come lo ha ribattezzato ironicamente Marchioro, ha un compito: legarli con lo scotch da pacchi e sigillare le loro bocche. «Si avvicina e mi sussurra una frase che mi solleva un po’ — racconta l’ex allenatore —: "State tranquilli, non vi facciamo del male". E con gli altri complici inizia a rovistare da ogni parte».
Pippo Marchioro non ha più l’orologio e la cognizione del tempo si perde. «Sono passati meno di venti minuti. A me sembrano ore: temo per mia moglie, che continua a tremare, ma poi per fortuna la guardo negli occhi e capisco che, come sempre, è forte, riesce a combattere. Ce la farà ancora».
I rapinatori invece sembrano spauriti: «Sono nervosi, imprecano, gettano per terra soprammobili. Ci rinchiudono nel bagno. Li sentiamo frugare dappertutto, lanciare oggetti, far cadere sedie, aprire cassetti». Ad un tratto Pippo riconosce un suono strano ma familiare di bicchieri metallici: «Sono i calici d’argento che mi avevano regalato Rivera, Albertosi e gli altri calciatori del Milan. Li stanno portando via. Per me è un altro dispiacere: è uno dei pochi ricordi sopravvissuti a furti precedenti».
È passata quasi un’ora, e i rapinatori adesso sono in cucina: «Incredibile, aprono anche il frigorifero e si portano via salami, pane, formaggi, persino i dadi per fare la minestra. Poi se ne vanno, finalmente. Un vicino di casa mi racconterà poi di averli visti fuggire con un’auto grigia di piccola cilindrata. Sono dilettanti, i più pericolosi. Riesco a slegarmi una decina di minuti dopo e chiedo aiuto».
Il primo a soccorrere Pippo e Liliana è il vicino di casa: «Siamo sotto choc, quasi non lo riconosciamo. Chiamiamo i carabinieri, ma intanto continuiamo a vedere la stessa scena: tre banditi mascherati e violentissimi, che per un’ora intera ci minacciano e ci tormentano e, bestemmiando, giurano che la faranno pagare cara a noi e alla nostra famiglia. Siamo salvi per miracolo, perché quando hanno trovato le casseforti vuote e pochi oggetti di valore nelle stanze, sono diventati furibondi. Avevano anche coltelli e io ho pensato che ci volessero sgozzare quei tre signori, giovani e inesperti. Parlavano un accento che mi è sembrato romeno».
Pippo, il mister, di battaglie ne ha vinte molte. Dicevano che era uno tosto in campo e sulla panchina e con la moglie Liliana di difficoltà ne ha affrontate di tutti i colori. «Anche se non ci hanno ucciso, un massacro c’è stato: ci hanno ammazzato l’anima», racconta il mister guardando negli occhi la moglie.
Adesso Marchioro dice che la Versilia è un capitolo chiuso nella sua vita. «L’amavo tanto, una volta, ma adesso la sento matrigna, mi dispiace ma è così». Villa in vendita, trasferimento a Cesena. Il sogno è finito, l’incubo pure.
«Volevo il paradiso e per alcuni anni lo ho trovato — dice —. Adesso ho deciso. Vendo, torno da mia figlia e dai miei nipoti. Qui non possiamo più stare. Se non ci uccidono i banditi rischiamo di morire di angoscia. Alla nostra età non sopporteremmo un altro sfregio simile».
Marco Gasperetti
@MarcoGasperetti