Guido Ruotolo, La Stampa 23/8/2013, 23 agosto 2013
DAI CANI DI RAZZA AGLI SKIPPER COSÌ LA DROGA ARRIVA IN ITALIA
Una strage di cani. Quarantotto per la precisione, di grossa taglia, come dogue de Bordeaux, labrador, mastini.
Nulla a che fare con i combattimenti clandestini. Tutti gli animali presentavano cicatrici chirurgiche. Nel maggio scorso, investigando su bande etniche sudamericane a Milano, le «pandillas», era emerso un traffico di cocaina in arrivo dal Messico. Dove un chirurgo apriva l’addome degli animali per infilarvi gli ovuli di cocaina.
Lavoro certosino, con gli ovuli che venivano rivestiti di cellophane, di carta carbone (per evitare di essere segnalati al passaggio degli animali sotto i raggi x degli scanner. Una volta sbarcati a Linate, ai poveri e inconsapevoli «corrieri» della polvere bianca veniva dato il ben servito: aperti per recuperare la preziosa merce, venivano uccisi.
Non avevano certo una spiccata fantasia gli «armatori» che chiamarono «Overdose» il loro veliero. Una flotta di tre imbarcazioni per traversate transoceaniche. Dai porti dell’America Latina al Marocco, a Livorno. Un gruppo di giovani rampolli della Bologna bene, siamo a metà degli anni ’90, in meno di cinque anni importò così 300 chili di cocaina dal Brasile e tonnellate di hashish dal Marocco.
Vent’anni dopo, tre settimane fa, all’aeroporto di Fiumicino, la Finanza ha tracciato un bilancio del lavoro nelle ultime settimane: sequestrati 65 chilogrammi di cocaina. Un cittadino argentino aveva nascosto tre chili di cocaina in una confezione di dolci. Un italiano sbarcato da Lima si è giustificato per avere con sé una batteria di pentole perché chef. Peccato che tra le pentole ci fosse anche un chilo di cocaina. Altra polvere bianca «dispersa» tra trapunte.
Le cronache raccontano di «corrieri» di ogni tipologia. Persino animali, abbiamo visto. E giovani rampolli della borghesia, pregiudicati, skipper di professione.
È dal supermarket dei «fai da te» che le grandi organizzazioni di trafficanti di stupefacenti traggono i loro profitti. Nicola Gratteri, procuratore aggiunto di Reggio Calabria, sicuramente è uno dei massimi esperti di organizzazioni criminali dedite al traffico di droga, avendo la ’ndrangheta un ruolo determinante in questo mondo.
«Solo da gennaio ad oggi - dice il magistrato - abbiamo sequestrato 4000 chili di cocaina. Se non ricordo male, in Europa si sequestra il 10% della cocaina destinata al mercato europeo».
La coca si produce soprattutto in Colombia. E, sintetizza Gratteri, per importarla in Europa si utilizzano tre modalità diverse: gli «ovulatori» che per quattrocento euro inghiottono gli ovuli con circa un chilo, un chilo e mezzo di cocaina. Sono soprattutto giovani colombiani, peruviani i corrieri «ovulatori». Arrivano negli aeroporti europei con visti turistici.
Poi ci sono i «fai da te», piccole enclaves criminali etniche che utilizzano propri canali, come per esempio gli skipper. Ma anche i corrieri che sbarcano negli aeroporti internazionali con dieci, quindici chili di cocaina per volta, nascosti nei bagagli lasciati poi ai complici del personale degli aeroporti.
E infine i grossi quantitativi fatti arrivare via container. È su questa modalità di trasferimento che hanno investito le grandi organizzazioni criminali, la ’ndrangheta. Il grande broker della droga, Roberto Pannunzi, riacciuffato poche settimane fa, trattava direttamente con i produttori colombiani, i «cocaleros», strappando anche prezzi stracciati, 1000 euro al chilo, comprando partite di tremila chilogrammi per volta.