Jaime D’alessandro, la Repubblica 23/8/2013, 23 agosto 2013
“DA ANNI CI RIUNIAMO CON I GOVERNI PER SCEGLIERE I PROSSIMI NOMI DEL WEB”
[Nigel Hickson]
A suo modo unico. L’Icann, acronimo di Internet Corporation for Assigned Names and Numbers, è un ente no profit molto singolare. Fondato nel 1998, per volontà dell’amministrazione Clinton, ha un’organizzazione interna che è a metà strada fra una commissione governativa, una comunità alla Wikipedia e un’organizzazione internazionale. Raccoglie al suo interno rappresentati di aziende hi tech e di stati sovrani, di oltre cento gruppi di utenti e di gestori del web. Le sedi principali sono a Istanbul, Singapore e Los Angeles. Si riunisce tre volte l’anno in posti diversi aprendo le porte a chiunque voglia partecipare. Ma è diretta da un comitato di 21 membri che ha l’ultima parola su tutto, benché si consulti di continuo con gli altri venti apparati interni. «In effetti non conosco altre organizzazione del genere», conferma da Bruxelles Nigel Hickson, vicepresidente della Icann e responsabile per l’Europa. Uno che in passato ha lavorato per 30 anni nel governo inglese e che oggi è la voce principale dell’ente presso la Comunità europea. «Esisteva qualcosa del genere ai tempi della lotta all’Aids, quando aziende farmaceutiche, ospedali, istituti di ricerca pubblici e privati e associazioni di cittadini unirono le forze».
Come si è arrivati a una struttura del genere?
«L’Icann nacque per sostituire la Iana (Internet Assigned Numbers Authority) fondata dal governo Usa nel 1988. L’idea era che i domini di Internet fossero troppo importanti per essere gestiti da un singolo Paese. E così si è optato per una società no profit internazionale che fosse specchio della Rete ».
E che ora ha deciso di passare da 22 domini di primo livello a quasi duemila.
«Il processo è iniziato oltre cinque anni fa ed è il prodotto di istanze sostenute da diverse parti dell’Icann. Non è stata una decisione presa da un giorno all’altro».
Ma tra le 1.930 richieste al vaglio ci sono nomi che presentano qualche problema.
«Non tutti verranno approvati e su alcuni, .amazon o .vin tanto per citarne due, il comitato che riunisce i rappresentati dei governi ha espresso parere negativo. Nel primo caso perché è una regione oltre che un’azienda, nel secondo perché potrebbe confondere i consumatori».
Ma i rappresentati dei vari governi esprimono un parere non vincolante e il comitato direttivo può decidere di dare il .vin a società americane come la Holly Shadow, .wine alla irlandese Afilias Limited e .pizza alla Asiamix Digital di Hong Kong.
«Potrebbe succedere. Ma per ottenere l’approvazione il processo è lungo e bisogna che la richiesta sia sostenuta da un modello di business adeguato e dalla capacità tecnica necessaria per assicurare il funzionamento del dominio stesso. E poi il soggetto deve aderire al codice di trasparenza della Icann. Avere .wine non significa poter dare gli indirizzi migliori a chi vuoi».
L’Oréal verrebbe fra gli altri .beauty, Amazon .book, Johnson & Johnson .baby. Ma ovviamente non sono i soli.
«Si può risolvere la questione con un’asta, con un accordo di cogestione, oppure il comitato sceglie fra il candidato più rappresentativo. Se fosse .vino ad esempio, che per inciso non è stato presentato, un consorzio italiano di produttori di vino».
Ma siamo sempre al “potrebbe”... La Verisign, che detiene .com e .net, ha un giro di affari da 874 milioni di dollari l’anno. Considerando l’importanza economica di questo settore, il fatto che 21 persone possono fare il bello e il cattivo tempo fa venire qualche dubbio.
«I membri del comitato direttivo restano in carica tre anni e possono essere rieletti al massimo una volta. La metà di loro è espressa dei comitati interni, compreso quello che riunisce le associazioni di utenti, gli altri da una commissione che valuta le candidature che oggi sono più di mille. Il loro operato è alla luce del sole, sempre ».
Cosa vi aspettate che succeda quando passeranno una parte consistente dei nuovi domini?
«La speranza è un’altra esplosione di Internet, l’aumento delle sue capacità di generare profitti e una maggiore accessibilità. Ci sono anche quelli in lingua: arabo, cinese, russo».
Quindi avremo presto un .libro e un .sesso.
«Non ancora. Non sono state fatte domande in questo senso e ora non è possibile presentarne altre. Succederà, magari fra due o tre anni. All’Icann i processi sono lunghi e coinvolgono sempre molte voci diverse».