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 2013  agosto 23 Venerdì calendario

LA PITONESSA ATTACCA TUTTI IN SCENA LO PSICODRAMMA PDL


A CORTO di soluzioni, orfana di progetti e priva di riferimenti ideali, l’odierna politica richiama miti, favole, apologhi, proverbi, quando non genera esiti imprevedibili, e con tale altisonante premessa s’invocherebbe qui il modesto caso di Daniela Santanchè che voleva tanto un partito «con la bava alla bocca», ma adesso che ce l’ha, si scopre che gli inconvenienti non mancano.
Il primo dei quali è che parecchi nella ricostituenda Forza Italia non la sopportano più, né più lei sopporta loro. Per cui, ecco che nel generale psicodramma la Pitonessa – che di recente ha spiegato come il soprannome non indicherebbe il semplice rettile, ma l’oracolare sacerdotessa di Delfi, la Pizia, pure lei detta “la Pitonessa” – Dany ha attaccato briga con Gasparri e Cicchitto, nientemeno.
Di poco rilievo si configura in verità la bega, che pure divampa in un passaggio piuttosto cruciale. Forse più rimarchevoli, nella loro strafottente minuzia, paiono gli argomenti; con il che Gasparri si è detto indisposto a «morire per il Twiga», che sarebbe l’esclusivo stabilimento balneare in cui Santanché prende i bagni. E allora lei gli ha risposto che lui è uno sfaticato.
Così sempre lei ha liquidato Cicchitto come una «macchietta ». Salvo poi cripticamente rettificare «macchietta» con «maschietti », al plurale, e insomma i tempi e i linguaggi sono quelli che sono, fermo restando che quando la barca sta per affondare non è insolito che i naviganti si rinfaccino le colpe l’un l’altro come mai era accaduto nel Pdl.
Ora, senza entrare nel merito della titanomachia, di Gasparri tutto si può dire, meno che non abbia voglia di lavorare. Anzi, pure troppo si è sbattuto, prima nel Msi, poi in An e quindi nel Pdl girando in lungo e in largo l’Italia, d’inverno e d’estate. Una volta in Calabria il suo zelo gli guadagnò persino un ceffone da un dirigente locale, ma l’impegno è da sempre la sua specialità, tale da riscattare il nomignolo affibbiatogli dagli invidiosetti: “Il Carrierino dei piccoli”.
Allo stesso modo, e sempre al netto della mitologia delfica e/o totemica, non si può dire che Cicchitto faccia ridere. Tutt’altro. L’uomo è fin troppo serio e complesso; il politico ha attraversato la Prima e la Seconda Repubblica lungo una problematica traiettoria che dal magistero di Riccardo Lombardi, via Craxi e altre vicissitudini, lo ha portato al culto berlusconiano. Se proprio bisogna, l’unica cosa buffa, per così dire, del personaggio è che da sempre il Cavaliere lo trova vestito così spaventosamente d’aver a suo tempo affidato il povero Cicchitto a Italo Bocchino perché lo conducesse in vincoli da un certo sarto napoletano, Mazzuoccolo, per rimetterlo a nuovo come le brocche dei biancospini. Missione peraltro fallita, anche perché nel frattempo Bocchino aveva scelto opposte strade.
Fatto sta che sia l’uno, ex missino, che l’altro, ex socialista, rappresentano l’usato sicuro che Berlusconi ha scelto per tempi più tranquilli. E adesso, Twiga o non Twiga, si può capire come si sentano a disagio a farsi piantare i tacchi sul collo dalla penultima arrivata. Dunque, si possono anche capire ma ci potevano pensare prima, che sarebbe finita così.
E tuttavia, proprio perché si avvicina la fine, il punto di novità è lei, la Santanché, che poi non è nemmeno il suo vero cognome, ma una specie di nome d’arte, o di battaglia, e anche questo artificio dice che si tratta di una grande attrice della politica. Nel senso che è bravissima a far credere; e Berlusconi, che è l’imperatore del relativismo e in queste faccende la sa più lunga di tutti, ha capito benissimo che a beneficio dei gonzi la Pitonessa può sostenere con assoluta convinzione tutto e il contrario di tutto. Ragion per cui in questa fase disperata le ha dato, o magari ha fatto credere di aver riposto comunque in lei una enorme fiducia e così le ha dato un enorme potere, anche su quei poveracci che per anni e anni ha mantenuto al suo servizio, o come disse una volta lo stesso Cavaliere «a pane burro e marmellata».
Va da sé che le dinamiche del potere non sono soltanto crude, ma anche crudeli. Perciò lei, che pure un bel po’ ci ha preso gusto, ci dà dentro, comanda, consiglia, sconsiglia, strepita, atterra, suscita, incoraggia e straparla. Ma in tal modo disorienta, indebolisce e soprattutto divide il fronte.
Decisa e insieme addestrata a recitare con passione la parte della donna-tigre, della macchina da guerra, nell’aspro conflitto reale e terminale del berlusconismo, la pretesa Pizia sfugge di mano. Furente, generosa, fanatica, in balia di quei “dolci vapori” che lo storico Plutarco, ex smagatissimo sacerdote a Delfi, già osservava con qualche diffidenza da quel tempio su cui era scritto ’Conosci te stesso’, ma anche ’Niente di troppo’.