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 2013  agosto 23 Venerdì calendario

PERISCOPIO


Dal centralismo siamo passati al suo contrario. Così nel Nord, da Albenga a Ronchi, ci sono 19 aeroporti che concorrono fra di loro su chi porta più passeggeri all’hub di Francoforte. Enrico Letta. Corsera.

Quando il borghese affronta il grande tema della bomba atomica, si consola al pensiero che l’Italia è un povero paese che non vale la pena di lanciarvi sopra un esplosivo troppo costoso. Leo Longanesi, Ci salveranno le vecchie zie?. Longanesi. 1953.

Un cavallo! I miei tortellini per un cavallo. Massimo Bucchi. il venerdì.

Commette un reato chi assiste un amico che non ce la fa più ma che non riesce a uccidersi. In Italia solo chi è in salute si può suicidare. Michele Ainis. L’Espresso.

Non mi chiedo se un film sia di destra o di sinistra ma se sia fatto bene. Paolo Virzì, regista. La Stampa.

Il tempo uccide chi vuole ammazzarlo (legittima difesa). Scritta sulla saracinesca di un bar in via Molino delle Armi a Milano.

Il mio maestro Antonino Pagliaro, un linguista insigne, fu epurato come fascista dopo la guerra. Gli si chiedeva un atto di abiura. Lui, tignoso, reagiva dicendo: «Sono stato fascista e non ho niente da abiurare». Venne radiato dall’insegnamento per la sua protervia. Alla fine, fu riabilitato e gli dovettero restituire anche due anni di stipendio che gli avevano sospeso. Tullio De Mauro, linguista. la Repubblica.

Il vino, negli ultimi anni, è diventato un protagonista della nostra vita sociale. Per secoli lo si è bevuto, venduto, versato senza particolare attenzione: poi, improvvisamente, i salotti si sono popolati di esperti di barriques e tonneaux, terroirs e cru, archetti glicerici e sentori di frutti rossi. Un vero cialtrone può forse non distinguere uno Chateau Margaux da una Coca-Cola Zero ma sa con esattezza quale nome di produttore buttare lì, quale dei nove Grand Crus dello Chablis citare e magari può anche spingersi ad affermare di preferire il Grenouilles al Les Clos senza, ovviamente, aver mai assaggiato né l’uno né l’altro. Andrea Ballarini, Fenomenologia del cialtrone. Laterza.

I due hanno nomi da Dopoguerra e di un’altra Italia: Palmiro (Togliatti) e Nilde (Jotti). Uno è il capo venerato del Partito comunista, l’altra, un’oscura giovane deputata. Lui ha 53 anni. Lei 26. Lui ha già una moglie e un figlio malato. È stato dentro il fuoco del Novecento, lui. Ha studiato dalle suore, lei. Lui cita, per dire del suo amore: «Nec tecum vivere possum, nec sine te» (non posso vivere con te, né senza di te, ndr). Lei evoca, per dire del suo amore: «Tu forse non ti sei accorto come ti guardavo in certi momenti, come ti seguivo con la sguardo nei tuoi gesti...». Il totus politicus, che di gelo rimase anche davanti a Stalin, si interroga, «anche allora la mia vita è stata come adesso, senza un istante di sosta per guardare dentro di sé, tutta presa dal combattimento...»: S’interroga pure lei: «E quale timore e quale angoscia io provo nel mostrare i miei sentimenti. Perché forse c’è sempre stata solitudine intorno a me...». Luisa Lama, Nilde Iotti-Una storia politica al femminile. Donzelli editore.

Se il Jumbo in un film americano perde il pilota, a bordo c’è sempre qualcuno in grado di atterrare seguendo le istruzioni della torre di controllo. Se invece il film americano è ambientato a Parigi, da ogni finestra si vede la Tour Eiffel. E le comparse donne che camminano per le strade di Parigi hanno tutte una baguette di pane francese che spunta dalla sporta della spesa. Enrico Vanzina, Commedia all’italiana. Newton Compton editori.

Quando mi guardo nella mia fotografia in tuta mimetica, in Vietnam, all’età di 24 anni, noto che avevo lo sguardo fisso, senza vita. Ero già al di là dello specchio. Ogni paura mi aveva abbandonato. Senza passato né avvenire, già morto e mai nato, mi muovevo in uno spazio sprovvisto d’amore come di paura. Libero da preoccupazioni, dal dubbio, dalla speranza e dove non hanno più senso né la vittoria, né la sconfitta. Kent Anderson, Pas de saison pour l’enfer, Nessuna stagione per l’inferno. Note Editions.

«La natura mi è venuta incontro», dice T. parlando di un suo paesaggio. «Ma non ti ha visto», risponde C. Leo Longanesi, Parliamo dell’elefante. Longanesi. 1947.

In una piccola stazione, c’era un facchino che non guadagnava un soldo, perché non scendeva mai nessuno. Come i pellirosse assalitori delle prime vaporiere in America, il brav’uomo aspettava acquattato fra le alte erbe e, all’arrivo del treno, balzava fuori elevando clamori di guerra. Ma tosto si afflosciava, vedendo il treno che si muoveva senza lasciar traccia sul marciapiede che un sacchetto di posta. Achille Campanile, Cantilena all’angolo della strada. Rizzoli. 2000.

La differenza fra un idiota ricco e uno povero: un idiota ricco è ricco, un idiota povero è un idiota. Coluche, Pensèes et anecdotes. Le Cherche Midi.

È uno della Missione economica americana che è venuto a Saigon per vendere macchine da cucire a sartine che muoiono di fame. Graham Green, Un americano tranquillo. Mondadori.

Il medico tedesco ha la faccia del perfetto idiota, è intimidito, a Bologna, nel 1943, al momento del fuggi fuggi, dalla presenza del famoso ortopedico professor Scaglietti, ma è una sudicia carogna. Tre ufficiali che mi precedono vengono riconosciuti, e faranno la loro convalescenza, ma in Germania, internati, finché potranno riprendere servizio con le nuove forze del ricostituito esercito italiano. Poi c’è un fante amputato, visibilmente, a metà tibia: e lo fa spogliare per essere sicuro. Scaglietti gli dice il fatto suo, in un buon tedesco, e quello incassa. Poi è il mio turno. Scaglietti spiega: scoppio, scheggia nel ganglio di Gasser, nevralgie intollerabili, probabile prossimo intervento. Il foglio di licenza è già completo. Il tedesco appone il timbro con l’aquila, che tutti chiamano «pollastro», della Wehrnacht, e scrive: Genehmight - Dr. Koester, Oberartz. Scaglietti: «Ora che c’è anche il pollastro, lei è in una botte di ferro». Si tratta, adesso, di raggiungere Milano, da Bologna. Paolo Caccia Dominioni, Alpino alla macchia. Gallotti Editori in Milano. 1977.

Qui giace Indro Montanelli: amò il giornalismo più di se stesso e se stesso più del resto. Roberto Gervaso. Il Messaggero.