Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  agosto 23 Venerdì calendario

MINISTRA KYENGE LE PAROLE CONTANO

La nomina di Cécile Kyenge, una donna nera proveniente dal Congo, a ministro dell’Integrazione ha costituito un importante riconoscimento del carattere multietnico della nostra società, anche se il fenomeno in Italia è ancora meno evidente che in altri paesi europei con una più antica tradizione di immigrazione. Ma essa rappresenta anche una sfida rilevante per la nostra cultura che ancora si connota in alcune parti della società per riflessi e visioni arcaici e che stenta ad accettare le differenze. Le reazioni di alcuni esponenti leghisti e le aberranti parole di Calderoli ne sono una dimostrazione.
Tuttavia, l’occasione fornita da questa nomina per essere davvero fruttuosa dovrebbe produrre un dibattito più all’altezza delle questioni che essa richiama e per fare questo sarebbe necessario cominciare con l’attribuire alle parole il loro corretto significato.
In una puntata di "In Onda" di qualche settimana fa, la ministra Kyenge alle osservazioni di Marco Damilano sulle questioni della società multietnica aveva risposto utilizzando il termine di società "multiculturale". In diverse interviste ha continuato a utilizzare questo termine e in un colloquio con "Il Messaggero" alla richiesta di rendere esplicito il significato di questa espressione ha risposto: «Non esistono solo spiegazioni verbali. Esiste anche un modo di vivere le piccole cose. Dalla cucina al modo di vestire bisogna essere aperti al mondo».
MA COSÌ NON VA BENE. Perché invece le "spiegazioni verbali" sono essenziali per mettere a fuoco precise e diverse visioni. Una società multietnica è una società ove convivono persone di diversa provenienza e che appartengono a diversi gruppi etnici. La questione rilevante, però, è il modo in cui convivono, sulla base di quali valori e regole. E qui entra in campo il tema del multiculturalismo, che indica una precisa modalità di convivenza, ovvero la giustapposizione di culture diverse in una medesima società, con il riconoscimento politico delle specificità di quelle culture e delle pretese di riconoscimento provenienti dalle autorità o dai gruppi organizzati delle diverse "comunità" etniche.
Il filosofo politico liberale Brian Barry in un libro del 2001 ("Culture and equality. An Egalitarian Critique of Multiculturalism") illustra come, a differenza della visione liberale e della visione marxista, il multiculturalismo nega il carattere universale dei principi attraverso i quali le due dottrine hanno ritenuto di poter realizzare l’emancipazione dell’uomo. Ciò in nome dell’incommensurabilità delle culture e del loro eguale valore. Con la fine del comunismo i suoi orfani non sono riusciti ad elaborare una visione alternativa che salvaguardasse la dimensione universalistica e si sono spesso rifugiati nell’idea particolaristica del multiculturalismo, che si contrappone all’idea che tutti i cittadini abbiano lo stesso status (diritti e doveri) e lo stesso rapporto con lo Stato e le sue leggi.
UNA CRITICA che può essere avanzata a questa visione è che essa perde di vista il fatto che ogni società si basa su regole e valori suoi propri. I valori universali proclamati con la Dichiarazione di indipendenza statunitense del 1776 e la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino della rivoluzione francese, poi confluiti e ampliati nella Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo del 1948, così come le istituzioni politiche e sociali che progressivamente sono state costruite anche come frutto di rivendicazione di quegli ideali, costituiscono ancora oggi le basi sulle quali si reggono le nostre società. Affinché il nostro modello politico e sociale non sia messo in discussione, i nuovi cittadini non possono che essere integrati partendo dalla salvaguardia di quelle basi. Integrare non significa assimilare e il rispetto e l’accoglimento delle specificità culturali altrui sono anche segno del carattere liberale di una società. Ma quel rispetto ha un limite: la compatibilità con i valori fondanti delle democrazie liberali e il rispetto dell’individuo così come noi lo intendiamo, senza che autorità intermedie possano metterli in discussione.
Il multiculturalismo e le critiche che ad esso possono essere mosse hanno dunque importanti implicazioni che devono essere rese esplicite affinché il dibattito possa essere chiaro e la posta in gioco ben conosciuta. E come si comprende da queste brevi riflessioni la posta in gioco è altissima. Le parole, dunque, sono importanti.