VARIE 22/8/2013, 22 agosto 2013
APPUNTI PER GAZZETTA - ANCORA IL CASO BERLUSCONI
ROMA - "Diranno che e colpa mia se i ministri del Pdl valuteranno le dimissioni davanti al massacro giudiziario del loro leader eletto da milioni di italiani. Ma io mi domando: se due amici sono in barca e uno dei due butta l’altro a mare, di chi è la colpa se poi la barca sbanda?". Ecco che Silvio Berlusconi, intervistato dal settimanale Tempi, si lancia nelle metafore per scaricare la responsabilità di un’eventuale crisi di governo tutta sul Partito Democratico. E sulla scelta che i Democratici faranno votando o meno la decadenza in Giunta al Senato. Insomma il Pd, secondo il diktat berlusconiano, dovrebbe salvare lui, e garantargli un’agibilità politica persa perché colpevole secondo la Cassazione di frode fiscale, e incandidabile secondo la legge Severino. Tutto questo per salvare il governo Letta.
Toghe, leadership, soluzioni. Berlusconi ha poi continuato, parlando della sentenza come di "una sentenza infondata, ingiusta, addirittura incredibile". Le soluzioni, secondo il Cavaliere, ci sono: "La Costituzione della Repubblica e il buon senso offrono molte strade. Se avessi voglia di sorridere, potrei dirle che ’non possono non saperlo’: vale per tutti gli attori politici e istituzionali". Non manca ovviamente un pensiero alle toghe: "E’ in gioco molto più che il destino di una persona. Siamo all’epilogo di quella guerra dei vent’anni che i magistrati di sinistra hanno condotto contro di me, considerato l’ostacolo da eliminare per garantire alla sinistra la presa definitiva del potere". Poi rivendicando tutto quello che pure in caso di dimissioni o decadenza non gli può essere tolto, aggiunge: "Possono farmi tutto, ma non possono togliermi tre cose. Non possono togliermi il diritto di parola sulla scena pubblica e civile italiana. Non possono togliermi il diritto di animare e guidare il movimento politico che ho fondato. Non possono togliermi il diritto di essere ancora il riferimento per milioni di italiani, finché questi cittadini liberamente lo vorranno".
Una dichiarazione di intenti che fa slittare ancora una volta il dibattitto sulla successione e mostra il tentativo di restare sulla scena, nonostante tutto. Anche per questo l’ipotesi della candidatura di sua figlia viene ulteriormente da lui smentita: "Mia figlia Marina è stata una leonessa nelle sue uscite pubbliche di questi mesi. Il suo valore di persona, di imprenditrice, di donna, di cittadina, è sotto gli occhi di tutti. Le ho dato alcuni consigli, con amore e credo con lungimiranza e sono assolutamente sicuro che non scenderà in campo al mio posto".
Lo "choc economico". E se l’ "agibilità politica" diventa questione dirimente, parlando di economia Berlusconi sembra voler dare fiato al governo, indicando i provvedimenti necessari a breve. "Occorre uno choc economico positivo, e tutti sanno che la strada maestra è quella di lasciare più soldi nelle mani delle famiglie, delle imprese, e dei lavoratori attraverso consistenti riduzioni fiscali. Ecco perché l’abolizione dell’Imu su prima casa e agricoltura è un primo passo decisivo per ridare slancio all’economia. O nei prossimi 50 giorni il governo è in grado di dare una scossa in positivo, oppure saremo ancora inchiodati a una tendenza recessiva".
Alfano insiste. E dopo non aver ottenuto alcuna garanzia di salvacondotto politico dal vertice di ieri con il premier Letta, Angelino Alfano spiega che la discussione è stata "molto schietta e molto chiara" ma "questo non significa che alla fine la pensiamo allo stesso modo sulla stessa vicenda". Perciò torna a chiedere al Pd "di non dare un voto contra personam", con il loro nemico storico. "Vogliamo che la vicenda della decadenza venga trattata come se riguardasse uno dei loro senatori", dice dal meeting di Comunione e Liberazione a Rimini. "Riteniamo che con questa condanna il presidente Berlusconi c’entri come lo sbarco sulla Luna", commenta.
"Il Pd non dia una sentenza politica e rifletta sul ’no’ alla decadenza. Il Quirinale e la Corte costituzionale non c’entrano nulla - aggiunge il segretario - è il Pd che deve riflettere sull’opportunità di votare ’no’. Un loro atteggiamento preventivo, indisponibile, ci allarma molto perché significa esprimere un pregiudizio, una sentenza politica su Silvio Berlusconi". Alfano annuncia infine che vedrà Berlusconi "oggi pomeriggio".
La risposta del Pd. Ma i Democratici non ci stanno. E rispediscono al mittente il messaggio: "Il Pd non accetterà ricatti e la responsabilità di far saltare eventualmente il governo per la vicenda di Silvio Berlusconi sarebbe del Pdl", ha dichiarato in una nota Davide Zoggia, responsabile organizzativo del Pd. Mentre il ministro per i Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini ha respinto le "minacce" e dice "agli ultimatum basta rispondere con un principio molto semplice: non si barattano legalità e rispetto delle regole con la durata di un governo. Mai".
Letta da Napolitano. Un braccio di ferro dunque che tiene, in qualche modo, ostaggio il governo. In mattinata il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha ricevuto al Quirinale il premier Enrico Letta, probabilmente per chiarimenti sull’esito del vertice e sugli scenari futuri.
Tensioni nel Pdl. Tra i pidiellini, intanto, continuano gli scambi di battute al vetriolo. Dopo lo scambio di ieri su Twitter con Maurizio Gasparri, Daniela Santanchè oggi in una intervista al Fatto quotidiano definisce Fabrizio Cicchitto "una macchietta, uno che fa ridere. Quando lo vedo sono baci e abbracci e davanti a me non ha mai osato fare una critica". Dura la replica di Cicchitto. "Che in un momento cosi drammatico come l’attuale, Daniela Santanchè quotidianamente insulti qualcuno del Pdl è la dimostrazione di quanto sia consapevole della serietà della situazione", ha attaccato, "quanto al sottoscritto: quello che penso gliel’ho sempre detto a voce e per iscritto. Come lei sa benissimo". Lei prova a riparare su Twitter: ’Non macchietta ma maschietti questo è il mio pensiero...".
Non vuole parlare di ricatti il ministro per le Infrastrutture e i trasporti, Maurizio Lupi: "Non c’è nessun baratto e nessun ricatto: abbiamo chiesto al Pd che si approcci alla questione senza pregiudizi e nel merito", ha detto.
Mentre Daniela Santanché se la prende con "i carnefici" di Berlusconi. "Letta e Napolitano devono assumersi le loro responsabilità. E’ evidente che non possiamo stare con i carnefici di Berlusconi. Devono smetterla con l’opportunismo, vogliono il nostro leader in galera ma vogliono che il governo devono andare avanti - e aggiunge - questo deve finire. Se si vota il candidato premier è uno solo: Berlusconi"
Mauro: amnistia o indulto. E una soluzione la profila il ministro della Difesa Mario Mauro in un’intervista all’ Avvenire: il nodo dell’agibilità politica "va risolto politicamente, non per via giudiziaria. E con un provvedimento generale, non individuale. Non possiamo far diventare il Parlamento il quarto grado di giudizio, non può essere questa la soluzione. Una soluzione politica è quella che io propongo: amnistia e indulto. Come nel dopoguerra, con l’amnistia Togliatti".
Gli risponde Rosy Bindi (Pd): "Sono provvedimenti di carattere generale che spettano al Parlamento e non riguardano il caso Berlusconi. Mauro, come tanti ministri del Pdl (per Scelta civica lui è l’unico) continua a confondere il governo di servizio al Paese con la categoria della pacificazione, e quando evocano l’amnistia di Togliatti non hanno ancora capito che noi non intendiamo sostenere il governo con la categoria della pacificazione e con l’annullamento delle sentenze".
Grillo chiede elezioni. "Il M5S vuole fare saltare il banco. Alle elezioni subito, con buona pace di Napolitano che dovrebbe dimettersi quanto prima", scrive Beppe Grillo sul suo blog. "I due alleati Pdl e Pdmenoelle si stanno per sbranare a vicenda, come i gangster nelle scene finali del film "Le Iene". E forse siamo finalmente al finale di partita".
PEZZO DI TOMMASO LABATE STAMATTINA SUL CORRIERE
Le poche cose certe sono che ci sarà una battaglia. Che il teatro dello scontro sarà Palazzo Madama. E che, sia che si tratti di rintracciare transfughi verso un nuovo governo sia che si tenti in extremis di sminare il voto della giunta su Silvio Berlusconi, andranno a guardare dentro la pattuglia dei «Gal», acronimo di «Grandi autonomie e libertà». Il gruppo dei dieci senatori di cui fa parte Giulio Tremonti, tanto per fare un esempio. E in cui siede anche qualche storico eletto del Pdl. Tipo Luigi Compagna: «Ma no, figuratevi se noi del Gal...». Pausa. Poi il senatore sussurra: «Piuttosto fidatevi di me, ci sono i margini per allungare il brodo di un anno. Un anno di tempo per far sì che la Consulta possa valutare una legge come la Severino, che è una legge nuova. Se si riuscisse a trovare questa strada...».
Una tesi che, per adesso, va a sbattere contro quel muro eretto dal trittico Pd-Sel-Movimento Cinquestelle, tutti intenzionati ufficialmente a non cedere di un millimetro rispetto alla decisione che la giunta del Senato ha messo in calendario il 9 settembre. Eppure una breccia si è aperta. Dopo l’intervista di ieri al Corriere del capogruppo alla Camera Lorenzo Dellai, anche l’unico ministro eletto con Scelta civica apre all’allungamento dei tempi. «Se c’è bisogno di un ulteriore approfondimento su aspetti formali di applicazione della legge Severino, non ci sarebbe nulla in contrario a poterlo concedere», dice Mario Mauro parlando al Meeting di Cl. In fondo, sarebbe «l’opzione minima» richiesta da Arcore per evitare una resa dei conti immediata.
Qualcosa si muove, attorno a un Senato deserto. E l’atmosfera che si respira dev’essere abbastanza pesante se è vero, com’è vero, quello che sta capitando al presidente della giunta, Dario Stefano, eletto con Sel. «Vi prego di credermi», s’è sfogato dalle vacanze con alcuni compagni di partito, «che abbiamo davvero gli occhi dell’Italia addosso. Siamo di fronte a un passaggio delicatissimo. Io, che pure sono un signor nessuno, ho da settimane la casella di posta elettronica intasata da messaggi di cittadini di una parte e dell’altra, berlusconiani e antiberlusconiani...».
La giunta ha tempi fissati. Entro la mezzanotte del 29 agosto, Silvio Berlusconi ha tempo di presentare una memoria difensiva. Il 4 settembre, poi, l’ufficio di presidenza della giunta stabilirà l’ordine dei lavori della giornata del 9, quando si arriverà al voto. Se il testo del pidiellino relatore Andrea Augello venisse respinto dalla maggioranza Pd-Sel-M5S, si cambierebbe relatore. E si perderebbe ulteriore tempo rispetto a un voto, verosimilmente segreto, in cui l’Aula del Senato dovrebbe esprimersi sulla decadenza di Berlusconi. Si parla di fine settembre. Sono quelli i giorni in cui, se il Cavaliere decidesse per lo strappo, si dovrebbe trovare una nuova maggioranza per un nuovo governo.
Il numero magico è 158. E si torna ai «Gal», al gruppo di Compagna. «Di transfughi dal berlusconismo, per fare un nuovo governo ce ne vorrebbero una ventina, forse 25, per sicurezza 30. Ma secondo me», dice prudente, «non è quella la strada». Di certo, aggiunge il senatore «gallista», «uno come me ha tra i propri riferimenti Montesquieu e Machiavelli, non Daniela Santanchè...». E gli altri? Un altro componente del «Gal» è Paolo Naccarato, già «allievo» di Cossiga, eletto in quota Tremonti nelle liste della Lega. Giorni fa ha mandato questo sms a qualche amico: «Più i falchi estremizzano, più le colombe si organizzano...». E il fattore tempo è decisivo. L’ha capito anche il Cavaliere, che infatti per adesso non vorrebbe presentare una memoria difensiva che allungherebbe il brodo. Perché ora ci sono le schermaglie. Ora c’è il deputato pdl Sisto che scova un progetto di legge di due senatori del Pd, presentato a maggio, «che esclude la retroattività». «Ma questo è falso e privo di fondamento. Il nostro ddl riguarda reati amministrativi», replicano i diretti interessati, Isabella Del Monte e Giorgio Pagliari.
«Fuori» si discute di «salvacondotti» e «agibilità politica», di «commutazione della pena» e di «interventi della Consulta». Ma se salta lo stop alla giunta, e se Berlusconi non cede sue colombe, «dentro», al Senato, tornerà a scoccare l’ora del pallottoliere. E di quel numero magico che serve a una nuova maggioranza. Tre cifre, 158.
CHE COS’È LA GIUNTA DELLE ELEZIONI (WIKIPEDIA)
La Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari è un organo del Senato della Repubblica italiana che ha il compito di valutare i titoli di ammissibilità, cioè di verificare l’assenza di cause di ineleggibilità e di incandidabilità, di ciascun componente dell’assemblea legislativa, di verificarne la regolarità dell’elezione e di accertare quali siano i candidati subentranti nell’ipotesi che un parlamentare cessi dal mandato prima della fine della legislatura: il completo di tali funzioni va sotto il nome di verifica dei poteri. Alla Camera dei Deputati queste funzioni sono svolte da due organi diversi: la Giunta delle elezioni e la Giunta per le autorizzazioni.
Composizione
La giunta è composta da 23 senatori.[1] I componenti non sono scelti dai gruppi parlamentari, come accade per le commissioni parlamentari, ma sono tutti nominati dal presidente di ciascuna assemblea di propria iniziativa. La giunta, poiché la sua composizione deve tenere conto dell’equilibrio politico esistente nell’assemblea, viene nominata successivamente alla costituzione dei gruppi parlamentari.
Tuttavia, dato che può essere richiesto alla giunta di operare già durante la prima seduta, per accertare quale sia il candidato subentrante ad un parlamentare, eletto in più circoscrizioni, che abbia esercitato l’opzione per una di queste, il regolamento parlamentare prevede la costituzione di una giunta per le elezioni provvisoria. In questo caso ne fanno parte coloro che componevano le giunte della precedente legislatura nello stesso ramo del parlamento. In caso non si riesca a raggiungere un numero minimo di componenti (7 senatori[2]) applicando questo criterio spetta al presidente provvisorio delle assemblee estrarre a sorte i nomi di tanti parlamentari quanti sono quelli richiesti per raggiungere la composizione prescritta.
I parlamentari chiamati a far parte delle giunte non possono né rifiutare la nomina né dimettersi.
Procedure
L’attività della giunta è duplice. Da un lato svolge una funzione puramente notarile, nel momento in cui si deve procedere alla sostituzione di un parlamentare, in quanto si limita a prendere visione dei verbali, trasmessi dai competenti uffici elettorali, per accertare quale sia il candidato subentrante. Il compito più importante della giunta invece è quello della verifica dei poteri, nella fase successiva alla proclamazione del risultato dell’elezione: in questa fase, infatti, alla giunta spetta il compito di verificare che il candidato potesse essere eletto, che l’elezione sia stata regolare e che non sono sopravvenute cause che impediscano al parlamentare di esercitare il suo mandato legittimamente. In questo secondo caso la giunta opera come organo giurisdizionale, grazie ad un’apposita riserva di giurisdizione, prevista dalla Costituzione che assegna alle due assemblee legislative il diritto esclusivo di giudicare su queste materie[3].
Il funzionamento della giunta è regolato dai regolamenti parlamentari e dai regolamenti interni dell’organo. È l’articolo 19 del regolamento del Senato a regolare i procedimenti nella camera alta del parlamento italiano.
La giunta, nel caso dell’accertamento dei subentranti, si limita dare comunicazione al presidente dell’assemblea che provvede alla proclamazione. Nel caso invece della verifica dei poteri le giunte possono tenere udienze, controllare schede e verbali elettorali, ascoltare testimoni nell’ambito di un’attività istruttoria che si conclude con una relazione all’assemblea a cui spetta la decisione sulla convalida dell’elezione dei singoli parlamentari. La stessa procedura si osserva anche nel caso in cui dopo la convalida dovessero sorgere nuove cause di incompatibilità con il mandato parlamentare, come ad esempio successe a seguito della conferma definitiva della condanna all’interdizione perpetua dai pubblici uffici a Cesare Previti.
L’INTERVISTA AD AMICONE
Tutto lascia presagire che il governo abbia le ore contate. Enrico Letta tira i remi in barca, taglia i ponti al dialogo sulla possibilità di trovare una giusta soluzione parlamentare alla sentenza killer della Cassazione e punta a consolidare il suo vantaggio competitivo sullo scalpitante Matteo Renzi all’interno del Pd. Con ciò il premier sembra volersi disporre a una doppia foto opportunity da vigilia di campagna elettorale: quella del candidato Salvatore della patria vittima del diktat di Berlusconi.
berlusconi cornaberlusconi corna SILVIO BERLUSCONISILVIO BERLUSCONI
E quella di candidato alla premiership a sinistra per aver scongiurato l’ipotesi di concedere una via d’uscita politica, in cambio della tenuta del governo di larghe intese, all’odiatissimo leader del primo partito degli italiani. Che entrambe le foto configgano platealmente con i famosi interessi del paese in questo momento di drammatica crisi, ciò non sembra scalfire il granitico e cinico calcolo politico di chi sa di avere dalla propria parte la silenziosa forza di poteri dello Stato profondo e la grancassa dei media politicamente corretti.
«Diranno che e colpa mia se i ministri del Popolo della libertà valuteranno le dimissioni davanti al massacro giudiziario del loro leader eletto da milioni di italiani. Ma io mi domando: se due amici sono in barca e uno dei due butta l’altro a mare, di chi è la colpa se poi la barca sbanda?». Ecco perché Silvio Berlusconi ha deciso di rompere il silenzio e dalla sua condizione di prigioniero ad Arcore ha accettato di parlare con Tempi.
SILVIO BERLUSCONISILVIO BERLUSCONI SILVIO BERLUSCONISILVIO BERLUSCONI
Pare che i suoi colleghi senatori della sinistra e grillini intendano procedere, al più presto, all’apertura del Parlamento dopo le ferie, a dar seguito a quella parte di dispositivo di sentenza che prevede la sua spoliazione da senatore e l’interdizione dai pubblici uffici. Il suo partito chiederà la grazia al presidente o che altro? Sarà la fine della legislatura se non si troverà il modo di impedire che il leader del primo partito italiano sia eliminato per via giudiziaria o che altro?
In questo passaggio della vita pubblica italiana, è in gioco molto più che il destino di una persona. Vede, se si trattasse solo di questo, allora sarebbe un problema solo per me. Siamo all’epilogo di quella guerra dei vent’anni che i magistrati di sinistra hanno condotto contro di me, considerato l’ostacolo da eliminare per garantire alla sinistra la presa definitiva del potere.
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Inoltre, sono stati aggrediti alcuni princìpi di fondo che tutti dovrebbero avere a cuore, a partire dai nostri avversari politici, se fossero davvero democratici: il rispetto dei milioni di elettori che hanno votato per me e che non possono subire una simile discriminazione, il diritto alla piena rappresentanza istituzionale del primo partito italiano, il fondamentale diritto di scelta dei cittadini rispetto al Parlamento e quindi rispetto al Governo. E tutto ciò nei confronti di un cittadino che ha subìto una sentenza infondata, ingiusta, addirittura incredibile. Su tutto questo, la Costituzione della Repubblica e il buon senso offrono molte strade. Se avessi voglia di sorridere, potrei dirle che "non possono non saperlo": vale per tutti gli attori politici e istituzionali.
Silvio BerlusconiSilvio Berlusconi
Si può immaginare che il leader del primo partito accetti la condizione di interdetto ed esiliato dalla vita politica e sua figlia Marina al comando nella continuità e nell’onore della battaglia sin qui condotta dal padre?
Possono farmi tutto, ma non possono togliermi tre cose. Non possono togliermi il diritto di parola sulla scena pubblica e civile italiana. Non possono togliermi il diritto di animare e guidare il movimento politico che ho fondato.
Silvio BerlusconiSilvio Berlusconi
Non possono togliermi il diritto di essere ancora il riferimento per milioni di italiani, finché questi cittadini liberamente lo vorranno. I miei figli mi hanno emozionato e commosso per il loro coraggio e per l’intelligenza di cui il loro amore verso di me è nutrito. Quanto a mia figlia Marina, è stata una leonessa nelle sue uscite pubbliche di questi mesi. Il suo valore di persona, di imprenditrice, di donna, di cittadina, è sotto gli occhi di tutti. Le ho dato alcuni consigli, con amore e credo con lungimiranza e sono assolutamente sicuro che non scenderà in campo al mio posto.
A rileggere i fatti del triennio 2010-2013 impressiona la mole di "coincidenze" che l’hanno vista sotto attacco. Il 2010 si conclude con l’operazione Fini, il tentato ribaltone di cui lo stesso Mario Monti ha ammesso essere stato messo a parte in una cena di congiurati a casa di un noto avvocato milanese. Il 2011 è l’anno nero, prima della guerra in Libia dove siamo stati coinvolti contro gli interessi italiani e poi, dalla lettera della Bce in avanti, passando dal bombardamento speculativo, l’esplosione dello spread, fino al drammatico novembre in cui il suo governo ha dovuto lasciare il passo a Monti. Al tempo stesso si scatena il caso Ruby. Presidente, non ha mai pensato a "manine straniere" contro di lei e per far man bassa dell’Italia? Dopo tutto sono anche gli anni di Finmeccanica e Eni sotto attacco . Forse anche i suoi rapporti speciali con la Russia di Putin non vanno a genio a certi salotti internazionali...
Non credo ai complotti. Certo, però, alcune - chiamiamole così - coincidenze ci sono state. E soprattutto c’è un fatto oggettivo. Vede, le parla un liberale, un uomo che ha cultura di mercato, e che quindi, in linea generale, non ha e non può avere alcun pregiudizio rispetto alle privatizzazioni. Anzi. Ma un conto sono le privatizzazioni, altro conto sono le spoliazioni, cioè le situazioni in cui, approfittando di un momento di debolezza, alcuni Paesi vanno in un altro Paese con il carrello del supermercato per fare la spesa a prezzi da saldi di fine stagione.
SILVIO BERLUSCONISILVIO BERLUSCONI
Nel ’92-’93, per tanti versi, si aprì una fase di questo tipo contro l’Italia: politica debole, partiti democratici messi alla gogna, Italia fragile, e in un colpo solo perdemmo, a prezzi da saldo, pezzi di chimica, di meccanica, di agroalimentare e di grande distribuzione. Non vorrei che, oggi, qualcuno pensasse di fare shopping da noi con un sacchetto di monetine in mano... Chiunque si senta addosso la maglia azzurra della Nazionale dovrebbe comprendere il tema e il rischio.
berlusconi tempi copertinaberlusconi tempi copertina
A quali altre condizioni è legata la continuità del governo Letta?
Il governo Letta è nato con l’obiettivo di un alleggerimento fiscale per tutti gli italiani. Siamo un Paese in cui la domanda interna, i consumi interni, sono in forte calo. Occorre uno choc economico positivo, e tutti sanno che la strada maestra è quella di lasciare più soldi nelle mani delle famiglie, delle imprese, e dei lavoratori attraverso consistenti riduzioni fiscali.
Ecco perché l’abolizione dell’Imu su prima casa e agricoltura (abolizione che, lo ricordo ancora, vale appena un duecentesimo della spesa pubblica italiana) è un primo passo decisivo per ridare slancio all’economia. O nei prossimi 50 giorni il Governo è in grado di dare una scossa in positivo che possa essere percepita da tutti gli italiani, oppure saremo ancora inchiodati a una tendenza recessiva. E non si potrà certo esultare per qualche eventuale "zero virgola" in più. O l’Italia riprende a correre, oppure rischiamo di pagare un prezzo altissimo alla crisi.
berlusconi marina fininvest cir esproprio crop displayberlusconi marina fininvest cir esproprio crop display
Sembra un particolare ma non lo è: legge sull’omofobia, il suo partito è spaccato e noi riteniamo che abbia più ragioni la Roccella che Bondi: come si fa a votare una legge che introdurrà di fatto il reato di opinione?
Si sta trovando un buon equilibrio alla Camera, io sono fiducioso, e non mi pare davvero il caso di scatenare dispute e contrapposizioni ideologiche su un terreno che può unire tutti, senza distinzioni. Da un lato, è giusto dotare il nostro paese (che è uno dei pochi ancora in arretrato su questo terreno) di strumenti per evitare ogni odiosa discriminazione sul terreno degli orientamenti e delle scelte personali e sessuali; dall’altro, dobbiamo evitare che ciò possa tradursi in interpretazioni limitative sul piano delle opinioni. È possibile trovare un equilibrio, anzi ne sono certo.
enrico lettaenrico letta
Riforma della giustizia: non si può cominciare intanto sostenendo i referendum radicali su separazione carriere e responsabilità civile dei magistrati?
Noi sosteniamo già in modo convinto quella campagna referendaria, con una nostra mobilitazione capillare su tutto il territorio. È giusto che nei prossimi mesi siano direttamente gli italiani, come già fecero nel 1987 con maggioranze amplissime, a poter realizzare nelle urne referendarie quelle riforme della giustizia che si sono rivelate impraticabili in Parlamento. Ho grande fiducia che entro il 30 settembre sarà stata raccolta, nonostante il periodo estivo, una valanga "buona" di firme liberali e garantiste.
Luigi AmiconeLuigi Amicone