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 2013  agosto 22 Giovedì calendario

ROMA - Con l’inizio del campionato, è già tempo di Fantacalcio. Appassionati di tutte le età possono finalmente tornare ad improvvisarsi allenatori e direttori sportivi, mettendo a frutto le strategie studiate con cura sotto l’ombrellone per presentarsi ai nastri di partenza della nuova stagione con una squadra vincente

ROMA - Con l’inizio del campionato, è già tempo di Fantacalcio. Appassionati di tutte le età possono finalmente tornare ad improvvisarsi allenatori e direttori sportivi, mettendo a frutto le strategie studiate con cura sotto l’ombrellone per presentarsi ai nastri di partenza della nuova stagione con una squadra vincente. Tutto ruota attorno alle pagelle assegnate ai calciatori che, con l’avvento del gioco che da anni coinvolge intere generazioni di italiani, sono diventate il piatto forte delle pagine sportive. Più lette di cronache, interviste ed editoriali, caratterizzate da grafiche accattivanti, oltre che da aggettivi e giudizi graffianti, forse non tutti sanno che le pagelle ai calciatori sono state introdotte in Italia nel primo dopoguerra da Aldo Missaglia e Luigi Scarambone, giornalisti del settimanale lombardo ’Milaninter’: valutazioni in trentesimi, come all’Università, e a fine campionato un orologio in premio per chi risultava il migliore. Un’intuizione vincente che il grande Gianni Brera riprese iniziando a dare i voti da uno a dieci e facendo le fortune de ’Il Giorno’, diventato in breve tempo un modello di giornalismo da seguire ed imitare. Nel mondo del calcio, un po’ come a scuola, da allora ha iniziato a dilagare il timore delle pagelle, poco gradite anche ai campioni di maggiore talento, preoccupati di incappare in giudizi severi al termine di una prestazione meno brillante del solito. Sono pochi i calciatori e gli allenatori che ammettono di leggere e dare peso ai voti dei giornalisti sportivi, ma la realtà dimostra l’esatto contrario. E di aneddoti curiosi ce ne sono a profusione. Maradona, furibondo per un 3.5, si appostò nella sede di una tv privata in attesa di ’confrontarsi’ in maniera piuttosto vivace con il giornalista che aveva osato tanto. Anche Careca ebbe una reazione simile di fronte ad un 4, accompagnato dal commento ’coniglio imbelle’ che il brasiliano equivocò per imbecille. A nulla valse, nel tentativo di evitare la rissa, lo sforzo del malcapitato cronista che molto educatamente cercava di spiegare la differenza tra i due termini ed addirittura l’etimologia latina di imbelle. Episodi che ciclicamente hanno continuato a ripetersi anche in tempi più recenti e che non hanno risparmiato neppure il calcio dilettantistico. Nel 2012 un giocatore dell’Angelo Cristofaro, squadra di serie D di Oppido Lucano, ha dato appuntamento via facebook al campo di allenamento ad un giornalista, apostrofandolo ’giornalaio’, che gli aveva rifilato 4.5 in pagella, per poi colpirlo con un pugno. Tornando alla serie A, nel 2007 Massimo Marazzina è stato condannato al risarcimento danni nei confronti di un cronista, aggredito perché reo di aver espresso un giudizio troppo severo su una sua prestazione, quando nel 2005 l’attaccante indossava la maglia del Siena. Le lamentele possono arrivare non soltanto dai diretti interessati, ma anche da procuratori e genitori. E’ il caso, per esempio, del padre di Alessio Tacchinardi, voglioso di controbattere alla mancanza di carattere che una volta Maurizio Crosetti aveva imputato a suo figlio: un difetto impossibile da addebitare a chi viene da una famiglia di operai, la replica. Nelle pagelle, oltre al voto, ogni parola ed ogni espressione devono dunque essere ponderate con attenzione, al punto che nei grandi giornali ormai da tempo è invalsa l’abitudine di affidare le valutazioni ad un giornalista che ha quello come unico compito. A Milano erano spesso gli addetti stampa di Inter e Milan a contattare i cronisti per riportare le lamentele dei calciatori, nella maggior parte dei casi fomentati dalle mogli, le prime a consultare i voti dei quotidiani sportivi. Molto sensibile alle pagelle è sempre stato Filippo Inzaghi che, da grande agonista, di fronte ad una valutazione negativa non esitava ad alzare la cornetta in prima persona per far valere, in maniera comunque corretta ed educata, le proprie ragioni. Paura e timore reverenziale, spostandoci dall’altra parte della barricata, condizionano talvolta anche i voti della stampa. Difficile esprimere un giudizio negativo nei confronti di icone o campioni acclamati da migliaia di tifosi: meglio evitare troppi nemici, a costo di non risultare obiettivi fino in fondo, si saranno detti tanti cronisti. Quante volte i vari Totti, Maldini, Zanetti o Del Piero avranno preso almeno mezzo voto in più di quello che realmente meritavano! Ecco perché, anche nel Fantacalcio, affidarsi alle bandiere e ai capitani di mille battaglie potrebbe risultare un ottimo investimento. Il Fantacalcio, del resto, è divenuto un gioco talmente popolare, da solleticare addirittura idee che niente sembrano avere a che fare con lo sport. Navigando sul web, a proposito di curiosità, capita così di imbattersi nella singolare trovata di ’Equifanta’, l’agenzia di recupero crediti per il Fantacalcio. Prendetela con beneficio di inventario, ma sembra che un disoccupato di Scalea, sentendo tutti i giorni le lamentele per il mancato pagamento delle quote dai partecipanti al gioco, avrebbe partorito la divertente trovata. Pressione psicologica ed imbarazzo, come quello derivante da un maxi poster attaccato in città con la faccia del debitore e le fallimentari operazioni della sua asta di mercato, i metodi migliori per ottenere il versamento degli arretrati. Tornando alle pagelle, nel 1990 in un’intervista a ’la Repubblica’ Stefano Eranio sosteneva che "sarebbe meglio dare solo un giudizio motivato sulla prova del calciatore. Un voto è riduttivo e incompleto". Impossibile nell’epoca del Fantacalcio, dove sono proprio i numeri a fare la differenza. E oltre a scatenare la rabbia dei professionisti del pallone, negli ultimi anni la stampa corre il rischio di scontentare anche i fanta-tecnici e i fanta-direttori sportivi. Perché tutti gli italiani, in fin dei conti, si sentono un po’ allenatori e perdere non piace a nessuno. (22 agosto 2013)