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 2013  agosto 22 Giovedì calendario

MANUEL DE SICA SI SFOGA

Sarà l’estate. O magari qualcosa che c’è nell’aria. Fatto sta che i fratelli De Sica, prima Christian poi Manuel, hanno concesso a due quotidiani nazionali interviste torrenziali nelle quali, ciascuno scegliendo obiettivi diversi, si sono tolti parecchi sassolini dalle scarpe.
E pensare che nella vita sembrano accomodanti, gente di mondo, facile al sorriso e alla battuta arguta, degni figli di cotanto padre. Di Christian, classe 1951, il mattatore della famiglia, si è molto letto in questi giorni, a causa della rottura definitiva, condita di dettagli e recriminazioni, con il produttore Aurelio De Laurentiis. Il quale, ancora in vacanza in Grecia, s’è guardato bene dal rispondere, essendoci di mezzo il film di Natale ancora da girare. Che i due non si amassero più, era cosa nota da tempo nell’ambiente del cinema.
Più sorprendente l’uscita polemica di Manuel, anzi Manúel, alla spagnola, come vuole essere chiamato, in onore della mamma Maria Mercader. Merito - o colpa - del libro autobiografico Di figlio in padre, pubblicato ad aprile 2013 e già alla terza ristampa (Bompiani - Overlook, 224 pagine, 17 euro).
Il musicista, compositore di oltre 70 colonne sonore, tra le quali molte per papà Vittorio, Dino e Marco Risi, Enrico Vanzina, Pasquale Squitieri, Carlo Verdone, perfino Claude Chabrol, ha scritto con lucida cura, scavando nella memoria, sicuro di non essere smentito, mettendoci quel po’ di pepe polemico che serve per far vendere.
Insomma, uno sguardo non convenzionale sul regista di Ladri di biciclette e altri capolavori non solo del neorealismo. Dal quale emerge un De Sica dolorosamente diviso tra due famiglie: un uomo che dormiva una sera ai Parioli, nella casa in cui viveva con Giuditta Rissone e la figlia Emi, e una sera all’Aventino, con Maria Mercader e i figli Manuel e Christian.
La vita sul set, il lavoro con gli attori, il sodalizio con Cesare Zavattini, l’omaggio dello star system hollywoodiano, il rapporto con i grandi autori, attori e produttori si mescolano a ricordi d’infanzia e aneddoti di vita familiare, restituendo il ritratto di un Vittorio De Sica privatissimo, quasi segreto.
E tuttavia, parlando del libro che presenterà sabato 24 agosto a Montereggio, in Liguria, anche Manuel ha voluto colorire i suoi giudizi sui cosiddetti amici di papà, seguendo un po’ le orme del fratello minore.
Neanche Christian, in realtà, viene risparmiato: «Un grande cantante, piuttosto che un attore. Non lo sopporto quando fa il verso a papà. Vuole interpretare nostro padre in un film, su un episodio della sua vita» (l’incontro con Maria Mercader sul set di una pellicola girata sotto l’occupazione nazista di Roma, ndr). Però i due sarebbero in buoni rapporti, anzi ottimi: «Siamo molto legati e sono molto attaccato a lui».
Naturalmente, il giudizio nei confronti di Christian è niente in confronto a quanto Manuel scrive a proposito di “mostri sacri” come Alberto Sordi, Nino Manfredi, Sophia Loren. Di Sordi racconta: «Un attore geniale, “abitato dal demone della recitazione”, come diceva papà. Ma anche una delle persone più insopportabilmente volgari che abbia mai conosciuto, di un’avarizia spaventosa, sempre con due pacchetti di sigarette in tasca, americane per sé, nazionali per chi gliele chiedeva».
Su Manfredi precisa: «Forse persino peggio di Sordi. Tentava di rubare a tutti la regia. Lo fece con mio padre, sul set di Lo chiameremo Andrea, con Brusati e con Lattuada. Un uomo prepotente e burino».
Infine, di Loren dice: «Negli anni s’è dimostrata piuttosto ingrata, ora che è anziana è un po’ cambiata. È sempre stata la ’moglie del produttore’. Non sempre sincera, abbastanza cinica».
Tra gli attori, Manuel De Sica sembra salvare solo Mastroianni e Totò, «persone deliziose, in un ambiente di molta perfidia e piccolezze»; mentre, alla voce registi frequentati, parole di calda simpatia e stima vanno a Roberto Rossellini e Luchino Visconti.
Quanto a papà Vittorio, nel libro si parla molto delle sue qualità. «La migliore? Sicuramente era la modestia, e penso che sia il più grande insegnamento che ci ha lasciato. Amava il suo lavoro e lo ha amato fino agli ultimi istanti di vita. Era un grande anticonformista ma con il senso della misura e con la percezione reale di quello che era, un grande maestro, cosa che non ha mai preso il sopravvento sulla sua vita privata. Quando era a casa riusciva a staccare e a non parlare di lavoro, era nostro padre e basta».
C’è da chiedersi che cosa penserà Christian della sortita del fratello maggiore Manuel. Regista una sola volta, del film televisivo L’eroe, girato nel 1974, e per lunghi anni dedicatosi al restauro dei film di papà, spesso in polemica con sponsor e istituzioni.
Certo fa un certo effetto ascoltare quei pareri al vetriolo, specialmente su Sordi. Chi lo conosce ricorda infatti un Manuel sempre affascinato dal talento del comico romano, al punto da recitare a memoria, nelle cene, intere sequenze di film sordiani, battuta per battuta, imitandone l’inflessione, la cattiveria, l’illuminazione surreale. Tutto cambia, evidentemente, con l’età.