Filippo Ceccarelli, la Repubblica 22/8/2013, 22 agosto 2013
LE EFFUSIONI DEL POTERE
Straziali, ma di baci… Alt, fermi tutti! In Italia, patria del sentimentalismo funzionale, chiunque azzardi una fenomenologia del bacio politico in età repubblicana si ritrova subito sommerso da una tale quantità di materiali da perdere la bussola, o forse per le stesse ragioni la recupera.
E dunque, se proprio bisogna, si può ritenere che durante la Prima Repubblica furono soprattutto baci simbolici, metaforici, impersonali e inanimati. Tra vecchio e nuovo, Pertini inaugurò il bacio al Tricolore. Per il resto, fra i tradizionali destinatari si annoverano l’anello e la mano del Papa, come pure la Sacra Pantofola che Craxi situava al Cremlino, dove i dirigenti comunisti liturgicamente si recavano a prendere ordini.
Così i primi baci “veri”, cioè fisici, nonché forieri di prossimi sconvolgimenti, si possono considerare quelli che nel giugno 1988 l’ultimo segretario del Pci, Occhetto, più che alla moglie Aureliana concesse alla fotografa Elisabetta Catalano per il Venerdì di Repubblica.
Per cui quelle immagini, oggi per nulla scandalose, anticipano il crollo un costume di asettica riservatezza, e per loro tramite il privato comincia a invadere la sfera pubblica, i corpi a reclamare una loro preminenza sulle ideologie, e insomma l’intimismo sta per dilagare nella vita pubblica.
D’altra parte Andreotti, che per vezzo interpretava il carattere nazionale alla rovescia, si vantò una volta della propria freddezza emotiva sostenendo che Giuda, traditore baciatore per eccellenza, “non era un sentimentale”. Ma per ironia della storia, o magari per illuminante coincidenza, proprio a lui toccò di dover negare il fantasmatico bacio con Totò Riina, bacio cui la Procura di Palermo dedica sette pagine di semantica giudiziaria che a loro modo possono leggersi come un ulteriore preannuncio della Seconda Repubblica, che nasce anche giudiziaria.
A quel punto (1993), sempre più si affolla la scena pubblica non solo di procurate emozioni, ma specialmente di affettate, ostentate e spropositate effusioni. Dal bacio ad alto impatto ecologico tra Carlo e Marina Ripa di Meana al confidenzialismo clientelare e massivo del presidente siciliano Cuffaro, identificato come “Totò vasa-vasa”, fino allo straniante bacio schioccato a sorpresa in piena buvette di Montecitorio da Alessandra Mussolini sulla bocca – “ma senza lingua”, come appositamente specificato – del discusso sottosegretario Cosentino. Il tutto in un circuito di irrilevanti sdolcinatezze al culmine del quale si può collocare la poesia del ministro della Cultura Bondi dedicata nientemeno che al suo salvifico dentista: “Intrepido bacio/ spavaldo bagliore”.
Con il che s’introduce l’enorme ruolo che in questa storia di baci & potere svolge Silvio Berlusconi, che del resto già da impresario della pubblicità interveniva a proposito dei promo per gli inserzionisti: “Per le donne voglio una bella serie di baci”. Di baci infatti fiorisce il trionfo del Cavaliere: baci assegnati e ricevuti dalla folla, “il mio primo bacio” raccontato in modo uguale e diverso a platee sotto incantesimo. Come pure di baci è lastricata la sua catastrofe: il “grosso bacio” della prima, inutile risposta a Veronica; il bacio illustrato su Chi tra Noemi e il falso fidanzatino; il bacio saffico che Ruby qualifica “a stampo”; quello “alla francese” ammesso in tribunale dalla olgettina cubana; fino al bacio al Priapetto del bunga bunga, senza contare il sintomatico congedo emerso da un’intercettazione di Lavitola: «Un bacione, dottore».
Ecco, troppi baci per un tempo affettivamente ed artificialmente tornato ad essere, con buona pace del Manzoni, sudicio, sfarzoso e senza dubbio sbaciucchione.