Ferdinando Camon, Avvenire 22/8/2013, 22 agosto 2013
SALVATE L’ORSO
Gli svizzeri minacciano di uccidere i nostri orsi, se dal TrentinoAlto Adige passano il confine. Dicono che sono orsi "problematici". Cosa intendono per "problematici"? Nemici dell’uomo? Troppo aggressivi? Cercano i villaggi, minacciano bambini e animali? In realtà, intendono una cosa ben diversa: sono orsi "socievoli", non evitano l’uomo e le case, ma vi girano intorno, perché hanno imparato che dove ci sono uomini c’è anche cibo: api, galline, asini, pecore. È questo che cercano.
Ma questo è proprietà dell’uomo, e l’uomo svizzero non vuole dividerla con gli orsi. La minaccia di ucciderli viene da qui. Ma l’uomo italiano accetta forse di dividere quella proprietà? No, neanche lui, però ha trovato una soluzione meno brutale e più pacifica, che va bene per tutti, in primo luogo per gli orsi. Se è stata votata una legge che punta a reintrodurre nei boschi del Bellunese e del Trentino gli orsi, che una volta c’erano, prelevandoli dalla Slovenia, dove ce ne sono in abbondanza, e se questi animali producono qualche danno economico agli uomini, mangiando ovini o bovini, allora chi ha subìto il danno chiede il risarcimento e lo Stato glielo dà in breve tempo. Da noi funziona. Anche se noi abbiamo fama di non saper far funzionare niente. Perché non fanno funzionare la stessa legge gli svizzeri, che han fama di saper far funzionare tutto? E già che ci siamo: perché non la fan funzionare gli austriaci, che i nostri orsi, colpevoli di aver scollinato dall’Alto Adige al Tirolo, li hanno impallinati, cotti e mangiati?
Mangiare l’orso: ne ho parlato col malgaro della Malga Col dei Baldi, oltre Zoldo Alto, e lui mi ha snocciolato la ricetta. Dice che l’ha mangiato, in Tirolo. E che è buono.
Ma sono appena stato in quei posti, sono belli, le Dolomiti proclamate Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco sono lì, e devo dire che sempre, giorno e notte, l’idea che a pochi chilometri da te cammina o dorme un orso, o una famigliola di orsi, liberi e selvaggi, è eccitante per il cervello. Non è spaventosa o deprimente, ma eccitante. Tra l’Austria e qui c’è una serie di laghetti, in uno dei quali l’anno scorso, in tarda mattinata, faceva una nuotata un orso: non sappiamo se voleva lavarsi o rinfrescarsi o semplicemente attraversare il laghetto, fatto sta che era già a metà percorso quando i turisti che scendevano da Germania e Austria in auto lo videro, frenarono, parcheggiarono e a frotte si accalcavano sulla sponda per fotografarlo.
Alcune foto son finite sui giornali, di lingua tedesca e di lingua italiana. Come scandalo?
Per dire: guardate che porcherie troviamo in Italia? No, evidentemente: come richiamo, per dire: guardate che meraviglia abbiamo incontrato.
Questa meraviglia ha nome Natura. L’abbiamo distrutta, e riteniamo la distruzione un progresso. Se da qualche parte, come adesso nelle foreste del Bellunese e del Trentino, qualcuno ne fa rivivere una porzione, ecco che c’è chi grida allo scandalo e la vuol sopprimere. Poiché l’Italia ha reintrodotto gli orsi ma Austria e Svizzera non li vogliono, allora anche qui c’è un problema di confini e di Stati: gli orsi, che possono legittimamente vivere se stanno al di qua di quei confini, possono legittimamente essere uccisi se vanno di là. Ma, dicevamo, gli orsi sono Natura. Ha un senso introdurre il concetto di confini statali nella Natura? E cioè: imporre un passaporto agli animali? Un anno fa ricordavo, su questo giornale, che son tornate anche le aquile. Sono anch’esse predatrici. Distendono in tarde ruote digradanti il nero volo solenne, sguardo fisso alla terra, e quando vedono una preda adatta a loro (anche un agnellino) scendono in verticale come una bomba teleguidata e risalgono col bottino. È un furto? Che si fa, mettiamo un passaporto anche nei cieli?
Quando arrivo a Zoldo, la mia nipotina guarda le foreste e chiede: «È qui l’orso?», «È qui», e la vedo contenta. Come se vivere dove vive un orso avesse qualcosa di prezioso. Se un giorno dovessi dirle: «L’orso non c’è più, gli uomini l’hanno ucciso», si farebbe triste, come chi ha subìto un furto. Perché l’orso è suo, e di chi verrà dopo di lei.