Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  agosto 22 Giovedì calendario

TROPPO SEMPLICISTICA LA RICETTA DI GIAVAZZI

Gli economisti sono esperti nel costruire complessi modelli macroeconomici ma sono a digiuno di sociologia e di storia. Cioè di vita vissuta. Non conoscono le persone normali. Anche il caffè lo prendono all’università. Vivono infatti appartati vicino ai loro computer, discutono fra simili di tutto il mondo. Parlano di industria senza aver mai visto da vicino un operaio. Discutono di stato senza aver conosciuto un burocrate.
È inevitabile quindi che, quando vogliono sporcarsi le mani, finiscano per frantumarsele. Mario Monti, come teorico dell’economia, era (ed è) un’autorità internazionale. Come premier invece, pur avendo goduto del sostegno pieno di Bruxelles e di Francoforte e dovendo misurarsi con un paese che, paralizzato dalla paura, avrebbe ingoiato anche le riforme meno digeribili, ha collezionato una grande catena di insuccessi. Al suo confronto, persino Enrico Letta sembra Mandrake.
Adesso, Francesco Giavazzi, in un fondo del Corsera sostiene che in Italia non si fanno le riforme perché i nostri premier «trascorrono anche le vacanze e i fine settimana a Palazzo Chigi. Durante la difficilissima battaglia per l’approvazione della sua legge sanitaria, il presidente Obama, per mesi, ha viaggiato da un capo all’altro degli Stati Uniti cercando di convincere gli americani».
I premier italiani non aspettano altro che fare dei giri al fine di guadagnarsi i titoli dei tg serali. In Italia non si fanno le riforme, non perché premier, ministri e segretari di partito siano troppo stanziali nella capitale ma, molto più semplicemente, perché i politici, anziché guidare il popolo, lo seguono; e, come le lumache, alla prima resistenza, ritraggono subito i loro propositi nel guscio. Essi insomma vogliono conservare il posto, non passare alla storia.
L’assessore regionale lombardo che ha creato le premesse per costruire la migliore riforma sanitaria regionale italiana, chiudendo ambulatori denominati ospedali, è stato mandato a casa nelle elezioni successive. Ha fatto il bene della regione, non il suo.
Tony Blair è riuscito a fare la sua rivoluzione solo perché ha tagliato completamente e di brutto i legami fra il suo partito e il sindacato che lo egemonizzava. Da noi invece basta un’alzata di ciglio della Camusso per mandare a cuccia anche «il partito che viene da lontano» ma che adesso non sa più dove andare. E se i commercianti si inalberano, il Pdl annuncia subito che è stato frainteso e che comunque non lo farà più.
Le riforme non si fanno andando in giro ma mettendosi in gioco. Le riforme non sono degli optional. Quelle non fatte dai politici le farà il sistema. E saranno le più inique. Sinistra, dove sei?