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 2013  agosto 22 Giovedì calendario

CAGLIOSTRO, IL FANTASMA CHE FA ANCORA PAURA

Cagliostro fa sempre discutere. Il suo fantasma continua a vagolare anche se morì il 26 agosto 1795 nel Forte di San Leo, a 52 anni. Personaggio conosciuto in tutta l’Europa del Settecento, sosteneva di possedere poteri sovrannaturali, persino di parlare con i morti; con disinvoltura ricordava a nobili e popolani che il futuro non celava segreti alla sua mente e che conosceva i segreti dell’alchimia.
A Cagliostro furono attribuiti molteplici prodigi, tanto che a San Pietroburgo fece credere di avere risuscitato un bambino ormai morto; a Strasburgo, comunque, operò guarigioni vere. Il suo nome, per il secolo Giuseppe Balsamo, conte, è ricordato altresì per scandali di ogni genere, tra i quali spicca quello della collana che vide coinvolti Maria Antonietta e il cardinale di Rohan.
In questi giorni il suo fantasma ritorna, grazie a un singolare fatto di cronaca, ormai trasformatosi in una piccola tradizione: proprio a San Leo il parroco don Andrea Bosio chiude le chiese per tre giorni (sarà aperta soltanto la cattedrale per la messa di domenica, alle 10.30). Per assistere alle sacre funzioni sarà necessario recarsi nei comuni vicini. Si rinnova, con una specie di sciopero già proclamato in altre occasioni, l’opposizione al convegno «Alchimia/alchimie. Il cambio di paradigma per un nuovo umanesimo» che dal 23 al 26 agosto vedrà incontri, spettacoli, iniziative gastronomiche e financo un mercatino alchemico-magico per le vie del borgo. Il tutto sotto l’egida di Cagliostro. Con il coinvolgimento di istituzioni massoniche.
Il conte Giuseppe Balsamo qualcuno oggi lo definirebbe sbrigativamente «truffatore» o «imbroglione», ma nell’Europa del Settecento ebbe un ruolo culturale. Se l’alchimia gli permise di spacciare monete false e le sue doti di ipnotizzatore lo fecero sovente confondere con un medico di grande talento, va aggiunto che il suo modo di agire rientra nella cornice di un mondo che si poneva confini diversi dai nostri per le norme morali e sapeva perdonare più di oggi i peccati di fantasia. Certo, Cagliostro in numerose occasioni visse di truffe e di falsi, utilizzò persino le arti seduttrici della moglie Lorenza Feliciani (da lui incoraggiata a praticare una redditizia prostituzione), ma Casanova cosa fece di diverso? Per limitarci a un episodio della sua vita, basterà ricordare che incontrò un nobile di Mantova convinto di possedere la lama con cui, secondo la testimonianza evangelica, Pietro tagliò l’orecchio a Malco (servo del sommo sacerdote Anna), poi risanato da Gesù stesso. Ebbene: il celebre libertino riuscì a vendergli il fodero. Spacciandolo per quello autentico, miracolosamente salvato.
Cagliostro pare abbia utilizzato un vecchio manoscritto inglese da lui rinvenuto presso un libraio di Londra per dar vita a una nuova setta massonica, chiamata di «rito egiziano». Ne era a capo lui stesso con il titolo di «Gran Cofto». Diede ad essa carattere mistico; chi vi avesse aderito — dopo iniziazioni e pratiche rituali complesse — poteva ottenere la rigenerazione di corpo e anima. Ma non fu soltanto un abile falsario: ebbe conoscenze farmaceutiche e di magnetismo animale (in quel tempo Mesmer faceva i primi esperimenti in tale materia, suscitando scalpore). D’altra parte di lui ci restano ricette e pozioni, che qualcosa devono aver fatto: innanzitutto c’è il misterioso «elixir di lunga vita», somministrato soltanto in casi eccezionali; quindi il «vino egiziano», un eccitante afrodisiaco; infine le «polveri rinfrescanti», un decotto di erbe mediche.
Il suo successo con le donne? Non era un Adone. Di statura mezzana, aveva la testa grossa, era grasso. Colpiva però il suo fascino. La baronessa d’Oberkirch nei suoi Mémoires rivela: «Non era assolutamente bello, ma giammai s’era offerta alla mia osservazione una fisionomia più notevole: egli aveva soprattutto uno sguardo d’una profondità quasi soprannaturale. Non saprei rendere l’espressione dei suoi occhi; era nello stesso tempo del fuoco e del gelo; attirava e respingeva; faceva paura e ispirava una curiosità invincibile». A Roma fece l’abate e anche il medico a piazza di Spagna. Raccolse proseliti. Praticò magie. Riuscì ad attirare le attenzioni della Santa Inquisizione. Addirittura si arrivò alla condanna a morte, poi tramutata da papa Pio VI nel carcere di San Leo. Nella sentenza del Sant’Uffizio si legge: «Reo confesso e rispettivamente convinto di più delitti, è incorso nelle censure e pene tutte promulgate contro gli eretici formali, dommatizzanti, eresiarchi, maestri e seguaci della magia superstiziosa».
Tutti i pasticci della sua vita furono trasformati in mito da Alexandre Dumas padre nel romanzo Giuseppe Balsamo del 1848; Johann Strauss junior scrisse l’operetta Cagliostro, rappresentata nel 1875; ma già nel 1810 il musicista praghese Anton Reicha, che incontrerà la fama a Parigi (tra i suoi allievi Liszt e Berlioz), aveva scritto un Cagliostro. Non sono che esempi, continuati poi dal cinema e da una letteratura sterminata. Di lui resta l’imperscrutabile personaggio che nella supplica a Pio VI aveva tra l’altro scritto: «Rivolto alla Paterna clemenza della Santità Vostra, implora con calde lagrime pietà solamente per l’anima sua». Chiudeva con un «indegnissimo figlio Giuseppe Balsamo peccatore pentito». In cella, da par suo, ebbe piccoli ripensamenti. E alle contrizioni alternò qualche ritrattazione.