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 2013  agosto 22 Giovedì calendario

1953, L’ITALIA VINCE NELLA SCATOLA DELLE MERAVIGLIE

Lo schermo del televisore è sempre più grande, ce ne sono di quelli che prendono mezza parete d’un salotto e più lo schermo è grande più le famiglie sono felici. Guardare la tv ciclopica e contemporaneamente inviare messaggi con il telefono cellulare d’ultimissima generazione, quello con dentro anche la vasca da bagno Jacuzzi, è il colmo della soddisfazione. Fu di grande, gioioso godimento per milioni di sportivi italiani amanti del gioco del calcio anche la telecronaca del secondo tempo di ItaliaCecoslovacchia dallo stadio Luigi Ferraris di Genova. Era il 13 dicembre 1953, al microfono stava il grande, indimenticabile, ma da alcuni dimenticato, Carlo «Balilla» Bacarelli, elegante narratore radiofonico anche di combattimenti pugilistici. Era la prima volta in Italia che dalla scatola delle meraviglie uscivano a braccetto l’immagine e la voce narrante d’una partita di football. L’Italia moltiplicò la festa vincendo 3-0.
L’apparecchio era esteticamente modesto, da collezioni future. Le sue favole erano in bianco e nero. Susciterebbe tenerezza se paragonato ai rettangoli fantascientifici di adesso. Non esistendo i telefonini, nessuno inviò e ricevette messaggi durante quella commovente telecronistica inaugurazione. Carlo Balilla Bacarelli era da baci su entrambe le guance, non invadeva, non rompeva la scatole mettendo gli spettatori-ascoltatori al corrente di quello che tutti potevano vedere, interveniva quando c’era da chiarire, da spiegare. Un signore dello stile. Era dicembre, dicevamo, e quel 1953 ne aveva già sfoderati di avvenimenti da incollare alla memoria. La scoperta della struttura del Dna in febbraio. A maggio, Ernest Hemingway vince il Pulitzer per Il vecchio e il mare e il neozelandese Edmund Hillary conquista l’Everest, è la prima volta, con lo sherpa nepalese Tenzing Norgay. Poi scoppia la rivoluzione cubana; e, in agosto, il regista americano William Wyler regala al cinema Vacanze romane .
Sono trascorsi 60 anni da quella partita a Genova e in 60 anni ne sono cambiati di oggetti, di idee e di schermi. C’è da sbizzarrirsi. Chi lo vuole al plasma e chi lo preferisce Oled la cui caratteristica è quella di emettere luce propria come le stelle. Ma dentro? Le voci che nascono lì dentro, e che ci raggiungono e uncinano, come sono? Non esistono voci Led o Lcd o Oled. Le voci sono un’altra faccenda. Lo scatolone si trasforma, si agghinda, diventa un mago ipnotizzatore, ma sono le voci che ci catturano. Succedeva che in molti durante una partita di calcio trasmessa in televisione azzerassero l’audio per ascoltare la cronaca in contemporanea della radio.
La radio prestava le sue voci in chiave di tenore, di baritono o di basso, metteva a disposizione i suoi «timbri», magnetizzava l’ascoltatore, la partita assumeva aspetti a volte metafisici: un’azione in video non era ancora conclusa e Enrico Ameri, una voce a mitraglia, un’emissione a scroscio, un caricatore infinito di parolepallottola, già crepitava sull’azione seguente. Eh sì, era proprio così: il passaggio di un’ala a un centravanti poteva essere benissimo un «cross a rientrare», come lo aveva ribattezzato Sandro Ciotti con la sua inimitabile voce da ultras della sigaretta, un suono passato attraverso la canna brunita d’un vecchio moschetto 91. Poi si tornava all’audio e ci accoglieva il lessico famigliare di un altro tenore delle telecronache, Nando Martellini, che portava all’occhiello il fiore del suo triplice grido «Campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo» lanciato dallo stadio Bernabeu di Madrid al termine di ItaliaGermania 1982, prima che la voce pastosa del gigante friulano Bruno Pizzul concludesse l’epoca dei generali della telecronaca.
È naturale che essendosi trasformato e ampliato lo schermo, si dovesse ampliare anche il campo dei commentatori. Oggi ne disponiamo a carrettate. Se si fa eccezione per Gianni Cerqueti che si è ispirato ai classici e forse proprio per questo ha meno luce di quanta ne meriterebbe, il rigore stilistico è ormai una noiosa anticaglia per nostalgici rimasti ai tempi in cui all’Eiar e alla Rai un cantante che nel corso d’un provino avesse intonato Parlami d’amore Mariù sbagliando l’attacco, o lo perdonavano perché aveva la voce di Carlo Buti, il maestro di Claudio Villa, o andava a stornellare tra i tavoli dei ristoranti. I tempi cambiano e sarebbe da specialisti dell’ingenuità pretendere che con i tempi cambi anche, e in meglio, tutto il resto.
Una cosa è certa: le grandi voci della radio - Nicolò Carosio, il quale, come a volte accade ai grandi attori, si sostituiva addirittura all’evento e ne creava uno tutto suo dando vita a una leggendaria collana di frasi da urlo («Quasi rete», «Rivera, alzarsi e camminare!», «La sfera fa la barba al palo»); e poi la pattuglia degli inimitabili, quelli che Roberto Bortoluzzi, ideatore,nel 1959, con Guglielmo Moretti e Sergio Zavoli di Tutto il calcio minuto per minuto , aveva riunito per mandare in onda il più formidabile romanzo radiofonico che il calcio abbia mai conosciuto - quelle voci di colore inconfondibile è inutile perdere tempo a cercarle oggi, perché tanto non si trovano più. Nella gara tra telecronaca e radiocronaca, le voci di Enrico Ameri, Sandro Ciotti, Claudio Ferretti, Alfredo Provenzali, Beppe Viola, che faceva iniezioni di ironia a un mondo che sembrava avesse timore d’uscire dai confini della severa compostezza, possono salire sul podio dei vincitori tenendo alta nel pugno un’arma piccola, formidabile e semplicissima: la radiolina.