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 2013  agosto 19 Lunedì calendario

UN CALCIO ALLA SERIE A

La sua partita personale l’ha già vinta. Francesca Avanzo, calciatrice bellunese, ottenendo di poter giocare nella squadra maschile Stella Azzurra, campionato Csi. Ribattezzata come “la donna che ha cambiato per sempre il mondo del calcio”, smorza i toni specificando che la sua richiesta non è stata frutto di una battaglia contro la discriminazione femminile nel mondo del pallone quanto piuttosto una scelta legata alla sua attività di educatrice a Villa San Francesco, comunità vicino Feltre che aiuta ragazzi meno fortunati: “Ho pensato che entrare a far parte della squadra sarebbe stato un modo per completare la filosofia e il messaggio del percorso di solidarietà della stessa comunità. In fondo lo scopo dello sport deve essere quello di divertirsi e non si capisce perché maschi e femmine non possano farlo giocando insieme”.
È difficile che la Figc si adegui, anche se fino alla categoria esordienti, quindi 12 anni, esistono squadre miste. In Italia, secondo regolamenti e carte federali, tutte le donne calciatrici, comprese quelle di serie A, rimangono delle dilettanti. Poco interesse, pochi soldi e pochi spazi. Le tesserate sono circa 15 mila rispetto al mezzo milione della Germania. Eppure, in termini globali, il calcio adesso è lo sport più praticato dalle donne con un trend in costante ascesa. La nostra serie A conta appena sedici club, che in questi giorni hanno iniziato la preparazione, con le giocatrici che per allenarsi utilizzano le ferie lavorative. I rimborsi, quando va bene, arrivano ai 400 euro mensili, bruscolini se paragonati agli ingaggi dei maschi. Loro sì, da serie A.
Della storia di Francesca ha letto anche Antonio Cabrini, il Prandelli della nazionale femminile: “Segnale curioso, ma anomalo, se letto male rischia di diventare addirittura fuorviante. In tutti gli sport c’è questa differenza di genere. Deve crescere l’attenzione e l’interesse per il calcio femminile, non serve esaltarsi per degli ibridi. Diciamo che, come al solito, in Italia si privilegia la curiosità alla serietà”.
Verissimo. Francesca ha raccontato che 9 giornalisti su 10, la prima domanda che le hanno rivolto, è stata: ti cambierai nello stesso spogliatoio degli uomini?
Immigrati e clandestini
Nelle retrovie del calcio, tutto cambia. Anche il dibattito sullo ius soli diventa irrilevante. Se una società – famosa o no – si innamora di una promessa africana o asiatica, si arrampica con agilità sul suo albero genealogico (quando non gliene costruisce uno apposta), rintracciando antenati con gocce di sangue italiano, e residenze e passaporti spuntano veloci.
Ma il calcio resta uno strumento formidabile di integrazione e in giro per l’Italia ci sono squadre nate apposta. Come la Liberi Nantes di Roma, freschi vincitori della Coppa Invisibili, giocata all’interno dei mondiali antirazzisti organizzati dalla Uisp. Premio simbolico a nome di tutti i “senza diritti” che sono costretti a vivere (e quindi a giocare) da “clandestini”, magari nati in Italia, considerati stranieri, ai quali viene richiesto un certificato che attesti “di non essere mai stati tesserati dalle loro federazioni di origine”. Quale origine? E quale federazione?
O i Survivor di Torino. Club nato dall’iniziativa di alcuni volontari di un’associazione di volontariato, la “Nicolle e Yves Husson”, squadra monocromatica: tutti neri, tutti rifugiati. Gli unici bianchi sono gli allenatori, uno è Cristian Stellini, reduce da una montagna russa esistenziale: da collaboratore tecnico di Conte alla Juventus, passando per il calcio scommesse, fino alla solitudine assoluta. Un amico gli ha chiesto una mano: “Festeggiare lo scudetto alla Juve e, pochi mesi dopo, ritrovarti a dirigere una squadra di immigrati Uisp, è un’esperienza limite. Ma questi ragazzi mi stanno dando molto di più di quello che io do a loro. Hanno superato problemi molto più grandi e drammatici, mi auguro di riuscire a fare lo stesso”. Da una (presunta) pecora nera a una mosca bianca. Il Castel Rigone, neopromosso in seconda divisione (l’ex C2), è prima di tutto un paradosso aritmetico. Ha uno stadio – senza barriere - da 700 posti e nemmeno 400 abitanti (età media over 50 anni). Un biglietto unico dal costo di 5 euro, abbonamento annuale a 50 euro. Convinti che la domenica sia riservata alle famiglie, hanno chiesto e ottenuto di giocare di sabato le partite interne.
Brunello Cucinelli, leader nel cachemire colorato, in giro il mondo come una pallina da flipper, ogni fine settimana torna al suo cucuzzolo sopra il lago Trasimeno.
Gli hanno offerto mille volte la presidenza di altre squadre, ha preferito fondare nel 1998 una squadra ex novo, nella minuscola frazione dove è nato, con gli amici di sempre, quasi tutti ormai suoi dipendenti. Il risultato è una società stramba catapultata in un mondo di matti. Vinti a raffica cinque campionati in fila, al primo anno in serie D andò subito ai play off e, nel-l’ultima gara del triangolare, contro il Pomezia, gli sarebbe bastato non perdere più di 3-0. Finì 7-2 per i laziali e da lì si sparse la voce che Cucinelli non volesse salire nei professionisti, perché lo stadio non era a norma, perché non aveva uno straccio di settore giovanile, perché... Le regole sono quelle degli inizi: zero intemperanze dei tifosi (ma la cosa è tecnicamente impossibile), ai giocatori chiede il rispetto assoluto degli avversari, in trasferta pulizia degli spogliatoi prima di salire sul pullman. Davvero quella che si può chiamare una sorta di rivoluzione civile.
L’appassionato Francesco
Siate dilettanti. E’ l’esortazione che Papa Francesco ha rivolto alle nazionali italiana e argentina. Prima ancora che inizino i campionati, ecco come va il nostro pallone dilettantistico. Il Bastia (Umbria, serie D) ha licenziato il suo allenatore, Lamberto Magrini, il giorno dopo la presentazione, alla vigilia di Ferragosto. Sempre in Umbria, il Valfabbrica ha perso la promozione perché il suo allenatore ha comprato per 1000 euro il portiere di una squadra avversaria. L’attaccante del Castel del Piano (eccellenza), Gibbs, con una testata ha rotto il naso di Gianluca Co-motto poi ha chiesto scusa e che vorrebbe chiarirsi con il collega faccia a faccia. Comotto, sommessamente, ha fatto sapere che no, faccia a faccia no.
Un anno di Daspo, il divieto ad assistere a manifestazioni sportive, è stato comminato a Maria Francesca Tardella, presidentessa della Maceratese, per aver insultato forze dell’ordine durante la partita con l’Astrea (che poi è la squadra della polizia penitenziaria). Un funzionario, all’ingresso, le aveva chiesto un documento d’identità per entrare nello stadio, situato all’interno del carcere minorile romano di Casal del Marmo. Era nato un battibecco. Siate dilettanti?