Franco Bechis, Libero 20/8/2013, 20 agosto 2013
PER L’ECONOMIA IL GOVERNO È INUTILE
Stando alle dichiarazioni ufficiali e ufficiose dei principali leader politici di queste ore il governo di Enrico Letta potrebbe entrare in crisi fra poche settimane - fra settembre ed ottobre, con l’ipotesi di votare fra fine novembre e metà dicembre. Oppure potrebbe finire la sua corsa qualche settimana più tardi, portando ad elezioni anticipate a febbraio, a un anno esatto dalla ultima consultazione. Fra l’una e l’altra ipotesi non mi sembra che ci sia questa differenza abissale, in grado di provocare titoloni, commenti indignati, prediche sulla irresponsabilità o perfino allarmi apocalittici sull’economia, con editorialisti che si strappano capelli per l’impossibilità di agganciare la ripresa economica. L’orizzonte di questo governo è comunque ristretto a poche settimane di vita, e poco cambierebbe fra un’ipotesi e l’altra con buona pace di Giorgio Napolitano, che lo sa benissimo.
Votare subito è l’ipotesi avanzata dai cosiddetti falchi del Pdl come risposta al voto compatto del Pd sulla decadenza di Silvio Berlusconi da senatore, voto che comunque entro fine settembre arriverà anche volendo fare melina per allungare i tempi. Votare a febbraio è invece la conseguenza di un impegno che Enrico Letta ha preso domenica davanti alla platea del Meeting di Rimini: abolire il Porcellum e fare una nuova legge elettorale entro il mese di ottobre. Una scelta che forse verrebbe imposta dalla Consulta a dicembre, quando è fissato l’esame di Costituzionalità della legge elettorale (e la bocciatura è sostanzialmente annunciata).
La storia e quindi la prassi parlamentare insegna che con una nuova legge elettorale il ricorso alle urne è prossimo quando non immediato. È sempre accaduto così - le ultime volte sia con il Mattarellum che con il Porcellum. Si vota in breve tempo perché stabilendo nuove regole del gioco si esaurisce automaticamente la legittimità delle regole vecchie: il Parlamento in carica che con quelle è stato eletto avrebbe perciò esaurito la sua funzione e soprattutto la rappresentanza degli italiani. Per questo motivo nessun governo di solito mette in programma una nuova legge elettorale, e quando lo fa, la presenta solo quando sa che la legislatura è destinata a finire: altrimenti si suiciderebbe, e non c’è occupante di poltrona che di solito è disposto a sloggiarla anzitempo. Se si cambia il Porcellum ad ottobre - come ha annunciato Letta - dunque sarà necessario andare al voto al massimo entro la primavera prossima.
In questo orizzonte che senso ha alzare i toni lanciando allarmi sull’economia italiana in caso di crisi che sarebbe comunque sicura? Cambia tantissimo votare ai primi di dicembre o a febbraio-marzo? Potrebbe cambiare se Letta avesse bisogno di qualche settimana in più per trovare coperture su abolizione di Imu prima casa e Iva. Altrimenti non cambia proprio nulla, se non interessi privati di chi sul potere e le sue briciole fonda la propria esistenza o anche legittimamente il bilancio familiare.
La storia di questi ultimi anni per altro insegna come i governi non siano un buono strumento per fare agganciare all’Italia i cicli economici. Anzi. L’ultimo anno del governo di Silvio Berlusconi - con le scelte operate da Giulio Tremonti nelle manovre estive 2011 - il governo di Mario Monti e fin qui anche quello di Letta hanno semmai dimostrato il contrario: scelte di politica economica errate hanno allontanato l’Italia dal ciclo economico generale degli altri grandi paesi occidentali. I governi hanno fatto danni, non aiutato la ripresa economica. Ultima dimostrazione dai dati recenti, con la Ue che è uscita dalla recessione e l’Italia no. La sensazione lasciata è che spesso gli italiani si governano meglio da soli, senza governi che mettono loro i bastoni fra le ruote. Per questo quale che sia la data del voto, per l’economia reale italiana non sarebbe comunque una tragedia...