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 2013  maggio 31 Venerdì calendario

SQUADRETTA

«Cosa faccio oggi? Seguo il calcio per la tv: campionato e nazionale. Mi chiederà: dopo tutto quello che è successo? Sì. In Sudafrica non è finito il mondo: la Francia ha continuato a giocare e io a vivere. Il mercoledì alleno una squadretta di bambini di 10 anni. Senza telecamere, giornalisti, obbligo del risultato. Il primo giorno c’è stata un’invasione di media. Ma, poi, la tranquillità assoluta: puro piacere del gioco» (l’ex ct della Francia Raymond Domenech).

PROBLEMA «Vilanova non ha né la forza né l’esperienza di Guardiola. Mi sarei aspettato che nei mesi in cui era assente richiamassero Pep o Rijkaard. Tito ha un problema enorme che è la sua malattia, non ha tutte le forze...» (Johan Cruijff parlando dell’allenatore del Barcellona).

STORIE «Da anni leggo e prendo appunti, su un diario. Non mi appassionano i giochini coi computer. Non gioco a golf per rilassarmi. Guardo al massimo qualche serie tv e leggo, poi immagino storie, i loro possibili sviluppi, i personaggi, tutto» (il centrocampista del Chelsea Frankie Lampard, che ha scritto una serie di libri per ragazzi).

MANCANZE «Casey era una buona persona, sincera, aveva la sua mentalità e non la cambiava. È una cosa che apprezzavo molto in lui. Aveva un gran cuore e aveva un talento straordinario. La parola “mancare”, però, la uso per un amico o uno di famiglia» (Jorge Lorenzo parlando di Stoner).

GUERRA «Sul campo si è in guerra e io quando vinco sono contento che l’altro sia andato a casa. Invece le interviste dei primi quattro sono piene di frasi fatte, non le leggo più. È Federer che ha lanciato questa moda, ma i giovani non dovrebbero imitare il suo stile che rispecchia l’immagine superba del gentleman svizzero. Io preferisco le interviste dei pugili, che alla cerimonia del peso si urlano di tutto in faccia, trasmettendo emozioni. Nel tennis servirebbero più racchette spaccate» (il lettone Ernests Gulbis).

GAMBE «Combattere in World Series mi ha insegnato a gestire meglio i match e le energie, a rendermi più resistente, a concentrarmi di più sull’avversario senza perdere di vista le mie caratteristiche. Si allena la potenza, è vero, però io resto un pugile che si affida alle gambe, alla velocità di esecuzione, all’anticipo, al colpo d’occhio, alla varietà dei colpi» (Vincenzo Mangiacapre, che punta all’oro agli Europei di boxe di Minsk nella categoria superleggeri).