Alberto Costa, Corriere della Sera 21/8/2013, 21 agosto 2013
SIRIGU: «DALLA PORTA MI GODO LO SPETTACOLO»
The dark side of Paris Sant Germain, il lato oscuro del Paris Saint Germain ha il volto pulito e le mani enormi di un ragazzone sardo di nome Salvatore e di cognome Sirigu che di mestiere fa il calciatore, ruolo portiere, e che tra i suoi maestri ha avuto (a Palermo) pure Walter Zenga. Notoriamente il Paris Saint Germain (d’ora in poi Psg) è una delle formazioni a trazione anteriore del pianeta del pallone: Ibrahimovic, Cavani, Pastore e compagnia cantante la collocano nel solco di Barcellona, Real Madrid e Bayern Monaco. Insomma, squadre astrali in cui se uno decide di fare il portiere o si imbottisce di Valium per non pensarci su oppure, al contrario, si fa un grappino per andare in campo con un pizzico di euforia. Salvatore però — uno scudetto, miglior portiere della Ligue 1 la scorsa annata, convocato fisso da Prandelli — ha scelto una terza via, che non è quella del mental coach, così di moda di questi tempi: «La concentrazione riesco a trovarla da me, senza aiuti esterni. A volte mi piace anche isolarmi, non ho per forza bisogno degli altri per sentirmi sicuro. Quello del portiere è un ruolo di solitudine e io con la solitudine ci convivo bene».
Il rischio però è quello di ritrovarsi troppo solo. Ibra e Cavani ventre a terra a cercare il gol e lei in porta a farsi il segno della croce quando gli avversari partono in contropiede.
(sorride) «Questa squadra è stata costruita per attaccare ma anche vista da dietro è una cosa comunque esaltante. Nel calcio ci sono molti luoghi comuni: il Psg pian piano è diventato solido e solidale, non è soltanto gente che si catapulta in avanti».
Solido e solidale?
«Solido nel senso che la fase difensiva è migliorata tanto. Insomma, abbiamo raggiunto un certo equilibrio. Solidale perché ora, più che una squadra, siamo diventati un gruppo che ha imparato a coesistere».
Un gruppo eterogeneo. Qual è la lingua ufficiale nello spogliatoio?
«Il francese. Dentro lo spogliatoio si parla per forza di cose un po’ di tutto, così se io devo parlare con Verratti e con Pastore parlo in italiano. Ma anche Ancelotti, quando c’era da tenere il discorso a tutta la squadra riunita, utilizzava il francese».
Il sardo è previsto dai regolamenti?
«Solo per le battute».
Il suo tentativo di minimizzare i problemi del portiere in una squadra come questa è degno di miglior causa. Le difficoltà però sono oggettive.
«Sicuramente il ruolo è delicato. L’anno scorso mi sono capitate partite in cui ho toccato uno o due palloni, altre in cui invece sono stato decisivo. Certo, qui un errore pesa di più perché sei il portiere del Psg».
Sa che non vorremmo essere al suo posto quando si deve allenare? Con tiratori come Ibra and company…
«Diciamo che i miei allenamenti sono intensi. Mi arrivano bombe da tutte le parti. Mi devo impegnare allo spasimo, chi si rilassa è perduto».
Ibrahimovic non è un tipo facile. Fa ancora qualche piazzata delle sue nello spogliatoio oppure si è imborghesito?
«Ibra ha un carattere forte. A volte fa un po’ paura, certi suoi atteggiamenti possono incutere timore. Io però lo vedo come un motivatore. È soltanto un ragazzo che cerca di trasmettere agli altri la sua grinta e la sua voglia di vincere. Però quando siamo fuori dal calcio è tranquillo, è uno alla mano, ride e scherza».
Lei è il portiere più in gamba del campionato francese, ha vinto anche uno scudetto eppure in nazionale le tocca fare soprattutto tappezzeria.
«Uno aspira sempre al massimo. Quindi già il fatto di essere arrivato in azzurro per me è un onore. E poi Buffon è quasi un totem vivente, inutile pretendere di più. Quando Gigi deciderà di ritirarsi allora mi porrò il problema della maglia da titolare. Non ha senso, ora, portarsi avanti con il lavoro».
Salvatore, come vive un sardo a Parigi?
«Incomincio a conoscere la città. Io sono un sardo curioso: mi piace scoprire le cose, i posti, la cultura degli altri, anche se non rinuncio alle mie radici».
Sarebbe a dire?
«Che nel frigo non mancano mai i rifornimenti di mia madre, bottarga e salsicce… E le garantisco che gli amici francesi apprezzano».