Roberta Martini, La Stampa 21/8/2013, 21 agosto 2013
«ROSSO D’UOVO MATTINA E SERA E MEZZO CHILO DI GIANDUIOTTI»
Al collo, sotto il vestito di cotone a fiori, si intravede il rosario. Ben nascosto, invece, c’è il cordone con le chiavi dei mobili. Dalla sua poltrona, Emma Morano, 114 anni da compiere il 29 novembre che ne fanno la decana d’Europa, domina ancora la casa, un piccolo alloggio in una stradina stretta di Pallanza. Dalla finestra non può vedere il lago, ma lei vuole comunque le persiane accostate: la luce della chiesa, la sera, le toglierebbe il sonno che ha ancora buono. «Non fosse per le gambe che mi fanno male sotto le coperte», dice chiedendo a chi le parla di avvicinarsi un po’ di più. E di scandire bene le parole.
«Questa mattina mi sono alzata alle 7, e poi ho continuato a dormire qui». Che male c’è, suggerisce con un gesto della mano. La sua giornata è tutta qui, tra la camera da letto e la cucina. Comincia con un rosso d’uovo, di cui va orgogliosa, finisce con lo stesso rito: «Quando ero ragazza, a Villadossola, ero anemica, sempre malata: un medico mi ha detto di mangiare tre o quattro uova al giorno. L’ho sempre fatto e sono stata bene».
Al cioccolato e alla grappa (un cucchiaio soltanto) invece da qualche mese ha dovuto rinunciare: la dieta è a base di cibi morbidi, pastina e carne cruda, che la nipote ogni mattina viene a mettere sul fuoco. Abita al piano superiore della stessa casa, che Emma ha lasciato l’ultima volta compiuti i cento anni. L’uscita però è stata faticosa. Da allora meglio i ricordi e le fotografie di famiglia.
Dalla sua poltrona Emma si distrae e non segue più la preparazione del pranzo: «Adesso mi fanno male gli occhi, mi hanno anche operata. Non leggo più e non scrivo più. Avevo una calligrafia così bella». Le mani ondeggiano ancora a descrivere una lettera ipotetica, di quando era ragazza in Valsesia, a Civiasco, o già donna, qui sul Lago Maggiore: «Ero bella, quando ero giovane. Quando andavo a fare la spesa avevo un corteggiatore che cercava di seguirmi. Ma io non volevo nessuno».
Con gli uomini, in realtà, la Morano non ha avuto molta fortuna. La prima guerra mondiale le ha rubato il fidanzato, il matrimonio è arrivato per forza: «Di lui avevo paura. Ho dovuto dirgli sì». L’unione è tempestosa: non durerà. Emma nel ’38 se ne va e prima abita con la madre, poi sceglie di vivere da sola. Non ha figli, ma una famiglia numerosa: «Eravamo in otto, cinque sorelle e tre fratelli». Angela, la più longeva, è morta nel 2011. Vivere a lungo fa evidentemente parte del Dna di famiglia. Come lavorare. Emma è operaia in un liutificio e riesce a disfarsi anche di un direttore troppo invadente. «Vengo a trovarla». «Non ci pensi proprio».
Testarda era, testarda è rimasta. All’ultima festa di compleanno ha anche provato a ballare. E tra i tanti che le fanno visita sceglie chi le piace e chi no. Ai primi parla, agli altri non concede più di qualche battuta. Per tutti, comunque, fino a poco tempo fa, sul tavolo della cucina c’era la ciotola con i gianduiotti. «Prepara», diceva alla nipote quando aspettava ospiti. Lei, senza nascondersi neppure troppo, riusciva a mangiarne anche mezzo chilo a settimana.
L’ultima visita è stata, l’altra mattina, di un ricercatore tedesco, Otto Michael Weissbach, che sta girando il mondo alla ricerca dei grandi centenari. Le si è messo accanto anche quando mangiava, misurandone i gesti. Chissà che cosa avrebbe pensato l’Emma ancora più orgogliosa di qualche anno fa. Oggi si è lasciata scoprire e ha accettato anche la promessa di una seconda visita, tra pochi mesi, per vedere che cosa è cambiato. Forse nulla, con Emma dai capelli bianchi ordinati sulla sua poltrona, rosario e chiavi in una doppia collana di sacro e profano attorno al collo.