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 2013  agosto 21 Mercoledì calendario

VALGONO 242 MILIARDI DI EURO, LA FUGA DEI CERVELLI NE COSTA 5

Dici "giovani" e pensi alla "disoccupa­zione". È un’associazione mentale e verbale divenuta (purtroppo) auto­matica negli anni della Grande Crisi, quan­do il numero dei ragazzi senza lavoro è cre­sciuto progressivamente dal 2008 in poi, fi­no a sfiorare adesso la percentuale-incubo del 40%. Eppure quando si pronuncia la pa­rola ’giovani’, ancora oggi, dovrebbero ve­nire in mente anche espressioni come ’ri­sorse per il Paese’, ’capitani d’impresa’, ’creatori di ricchezza’ e ’protagonisti dello sviluppo’. Non lo sostengono solo gli esperti o gli economisti ottimisti, ma lo conferma­no i dati: una recente indagine dimostra che nell’ultimo anno i 3,8 milioni di giovani oc­cupati hanno prodotto un valore aggiunto al­l’economia italiana quantificabile in 242 mi­liardi di euro, ovvero il 17,2% del Pil nazio­nale. Una parte significativa di questo con­tributo determinante che le nuove genera­zioni portano al Prodotto interno lordo na­zionale è data dalla crescita del numero di aziende guidate da under 35: oggi sono 675mila, il 10% in più rispetto all’anno scor­so, e si è stimato che altre 100mila realtà sia­no in attesa dell’occasione propizia per met­tersi sul mercato. I giovani, insomma, producono ricchezza. E il vero rammarico, semmai, è quello che potrebbero fornire un apporto ancora più consistente se solo avessero maggiori op­portunità professionali. Gli indicatori di pro­spettiva che arrivano dal mondo del lavoro, in questo senso, non sono molto incorag­gianti. Uno studio di Unioncamere, diffuso ieri, ha calcolato che nel 2013 sono previste nel settore privato 130mila assunzioni di di­pendenti al di sotto dei 30 anni. Rispetto al 2012 il numero di nuovi contratti si ridurrà del 2,7%. «Ma la quota resta comunque alta – ha affermato Ferruccio Dardanello, presi­dente di Unioncamere – ed è interessante notare che, nonostante il numero di entra­te si restringa ancora, sono in aumento le offerte nei profili professionali più qualifi­cati e sulle nuove frontiere delle tecnologie, ovvero in quei campi dove i giovani posso­no fare la differenza in un’azienda». I com­parti dove sarà meno difficile trovare un im­piego saranno il manifatturiero (34mila) e i settori di telecomunicazione, informatica e servizi avanzati (13mila).

In una strategia che punta ad aumentare l’occupazione giovanile e, di conseguenza, a far crescere l’economia del Paese, non pos­sono mancare azioni di contrasto alla fuga dei cervelli. Secondo gli ultimi dati dell’Aire (Anagrafe italiana residenti all’estero) nel gi­ro di un anno le emigrazioni dalla penisola sono salite del 30%. Si è passati dai 60.635 e­spatri del 2011 ai 78.941 del 2012. Sei su die­ci scelgono l’Europa e la meta preferita re­sta la Germania. Il presidente di Confindu­stria, Giorgio Squinzi, ha calcolato che i tra­sferimenti dei nostri migliori talenti sono costati allo Stato 5 miliardi di euro: «Una ci­fra enorme regalata ai competitor stranie­ri », ha spiegato il leader degli industriali.

Per far comprare un biglietto di ritorno ai tanti che hanno scelto di scappare servono interventi a tutto campo. Oltre a incentiva­re la nascita di start up occorrerebbe favori­re il passaggio generazionale alla guida del­l’azienda. Secondo una ricerca della Cna il 47% degli imprenditori artigiani non sa a chi cedere il timone. Eppure sarebbero due mi­lioni i potenziali imprenditori tra i ragazzi di 18-35 anni pronti a subentrare al comando, ma il 93% è frenato dalla difficoltà legate al credito necessario, al carico fiscale elevato e all’eccesso di burocrazia.