Massimo Numa, La Stampa 20/8/2013, 20 agosto 2013
SEGREGATI PER ANNI, PERDUTI O MORTI L’ANSIA DELLE FAMIGLIE DAVANTI A UNA SCOMPARSA IMPROVVISA
I bambini e gli adolescenti spariti in Italia dal 2007 al 2012 (dati della polizia) sono 2649 di cui 382 da 0 a 10 anni, 411 da 11 a 14, 1856 tra i 15 e i 17. In maggioranza maschi e d’origine straniera. Gli investigatori osservano, analizzando queste aride statistiche, che nella quasi totalità dei casi non sono mai stati trovati i loro cadaveri. Almeno in teoria, sono vivi, nascosti da qualche parte, prigionieri di faide familiari, coinvolti nei tragici effetti collaterali delle ondate immigratorie dal Terzo Mondo all’Occidente, anche attraverso l’Italia.
Si sparisce, sotto il profilo burocratico, anche quando i genitori non hanno passaporti regolari, residenze stabili, contatti con le istituzioni. Nomi che diventano alias. Decine di alias. Un bambino alla fine del percorso può essere stato identificato con molte identità diverse. E comunque vanno registrate anche le leggende metropolitane: bimbi rapiti per «rubare» gli organi; neonati uccisi per terrificanti sperimentazioni mediche; bambini finiti nel circuito internazionale della pedofilia; bambini trafugati dal racket internazionale delle adozioni illegali, un business con redditi altissimi. Ma riscontri concreti, a tutte queste ipotesi, per fortuna, quasi nessuno, nonostante le sezioni speciali dell’Interpol seguano ogni denuncia con grande attenzione. Una per una.
Restano gli incidenti: finiti per sempre in crepacci, burroni, corsi d’acqua, in mare, i corpi mai restituiti. Infine il caso dei fratelli di Gravina, Ciccio e Tore. Spariti una sera qualsiasi, trovati morti sul fondo di una cisterna nel febbraio 2008, dopo mesi di ricerche. Viene arrestato il padre, ritenuto responsabile della loro morte. C’è anche il movente: un uomo che non sa accettare l’esuberanza dei suoi ragazzini, perde la testa e li uccide entrambi. È innocente. Loro sono invece vittime di un gioco finito male.
Sullo sfondo, una catena di vicende misteriose e irrisolte. In Italia, i casi di Angela Celentano e Denise Pipitone. Angela, 3 anni, sparisce l’11 agosto 1996 durante una gita con i genitori sulle pendici del Monte Faito (Napoli). Oggi sarebbe un’adolescente e, grazie al computer, è stato possibile ricostruire il suo volto, partendo dalle immagini dell’epoca. Ipotesi? Tutte. Risultati, zero.
La storia di Denise è, se possibile, ancora più atroce. Ha quattro anni quando, sta giocando da sola in una stradina di Mazara del Vallo, alle 12, a pochi metri dalla porta di casa, scompare nel nulla. È il 1° settembre 2004. La mamma non s’è mai rassegnata, mentre la procura ha aperto un’indagine che s’è chiusa, nel processo di primo grado, con l’assoluzione dell’unica persona sospettata del sequestro, la sorellastra di 22 anni. Movente, un torbido copione che affonda le radici nelle vicende personali dei genitori, tanto da alimentare - secondo l’accusa - una spaventosa gelosia, sino a trasformarsi in una spietata volontà omicida. Per i giudici però gli indizi non sono stati sufficienti a sostenere una condanna. Denise è stata avvistata a Milano, in Germania, ovunque. Ma ogni segnalazione s’è chiusa con amare disillusioni.
Austria, 2 marzo 1998. Una bimba sta andando a scuola, la rapisce uno squilibrato, Wolfgang Priklopil, e la tiene prigioniera in una villetta di un sobborgo di Vienna per 8 anni. Riesce a fuggire il 23 agosto 2006. Il sequestratore, un attimo prima di essere catturato, si suicida. Natasha Kampusch diventa un personaggio televisivo, scrive libri, racconta la sua incredibile segregazione che nasconde ancora molti punti oscuri. L’uomo che l’ha rapita e nascosta in un minibus, aveva passato indenne tutti i ripetuti controlli della polizia. Lei non era mai riuscita ad allontanarsi dalla casa. Primo flashback: «...Poi i miei occhi incontrarono quelli di quell’uomo, erano azzurri, aveva i capelli lunghi, sembrava un hippy degli anni Settanta. Pensai che lui sembrava quasi più debole di me, più insicuro. Mi passò la paura. Ma proprio quando stavo per superarlo lui mi prese, mi lanciò nel furgone. Non so se gridai, se mi difesi. Non lo so, non lo ricordo...».
Costretta per anni in una casa prigione, senza mai riuscire ad andarsene.
Recentemente, a Cleveland, negli Stati Uniti, un’altra orribile vicenda. Molto simile. La polizia libera tre ventenni, Gina De Jesus, Michelle Knight e Amanda Berry. Rapite giovanissime dall’autista di uno school-bus, Ariel De Castro, 52 anni e tenute segregate per anni, con la complicità della famiglia del «mostro». Una mette al mondo una figlia, che ora ha 6 anni. Già condannato all’ergastolo, al processo s’è presentata solo Michelle: «Pagherai ogni minuto la tua colpa», è riuscita a dirgli. Le altre due non se la sono sentita di affrontare l’aguzzino-carceriere che ha ammesso tutte le sue colpe, invocando una sola un’attenuante: «Sono un malato di mente».