Roberto Giardina, ItaliaOggi 20/8/2013, 20 agosto 2013
LA PRIMA RADIO POPOLARE TEDESCA
È una di quelle ricorrenze che possono passare sotto silenzio. Eppure 80 anni fa, il 18 agosto del 1933, accadde qualcosa che influì profondamente sulla storia della Germania, e quindi su quella d’Europa e del mondo. Alla Funkaustellung di Berlino fu presentata la prima radio popolare, voluta da Hitler.
Tutti sanno che il nome della Volkswagen, auto del popolo, risale sempre al nazismo: l’utilitaria, che era poi il Käfer, il Maggiolino, doveva essere costruita in una nuova città, Wolfsburg, battezzata con il nomignolo di Adolf, Wolf, lupo. Ma si cominciarono a fabbricare panzer per la guerra imminente, e l’auto non fu mai consegnata, anche se decine di migliaia di tedeschi avevano pagato i mille marchi di anticipo. Dopo, non furono mai rimborsati. Riconoscere i loro diritti avrebbe pregiudicato la rinascita della «casa».
Invece la radio del popolo fu ideata e venduta in centinaia di migliaia di esemplari. Portò la voce del Führer in ogni casa, e contribuì a consolidare il regime. Hitler, al potere da pochi mesi, avrebbe conservato il suo ascendente sul popolo senza quello strumento di comunicazione di massa? Per la verità non fu lui a intuirlo, ma il suo ministro della propaganda, Joseph Goebbels, 36 anni all’epoca. All’inizio dell’anno, le radio erano appena quattro milioni, anche se le trasmissioni erano iniziate già da una decina d’anni. Un decimo delle famiglie, non abbastanza per i piani del regime.
Il costo era sempre troppo elevato: l’abbonamento ammontava a due Reichsmark al mese, caro in rapporto ai 200 marchi della paga media. Per un apparecchio si dovevano sborsare dai 300 ai 600 marchi, circa da 1.200 a 2.400 euro odierni, lo stipendio di tre mesi. Goebbels diede ordine di produrre una radio economica, e nacque la «VE-301»: le lettere stanno per «Volksempfänger», ricevente popolare, le cifre per la data della presa di potere, il 30 gennaio. L’apparecchio fu ideato in poche settimane dalla Seibt Ag.
Invece del costoso legno fu impiegata la bachelite, l’altoparlante aveva una membrana di mediocre qualità. La potenza era di un sesto rispetto agli apparecchi in commercio. Ma il prezzo era di 76 Reichsmark, equivalenti oggi a 316 euro, già nei pochi giorni dell’esposizione furono venduti 100 mila apparecchi, oltre mezzo milione prima di Natale, tra cui una versione alimentata anche a batterie a soli 65 marchi. La voce del Führer arrivava anche nei boschi sui laghi, raggiungendo i tedeschi in vacanza. Presto entrò in commercio un modello mini, da portare in tasca, al prezzo di 36 marchi.
Dal ’33 al ’38 furono prodotti e venduti un milione di apparecchi all’anno. E ogni ricorrenza era buona per regalare apparecchi al popolo. Quando nel ’38, l’Austria fu annessa al Reich, agli austriaci furono donate 30 mila radio Made in Germany. In quell’anno, si calcola, ogni famiglia poteva ricevere le trasmissioni. Durante la guerra, però, grazie agli economici apparecchi del Führer, tutti i tedeschi potevano ascoltare la voce della BBC, e avere notizie più attendibili sull’andamento del conflitto.
La radio, scrisse Marshall McLuhan, è un media caldo, desta emozioni nell’ascoltatore, stabilisce un rapporto diretto tra chi parla e chi ascolta, e non logora i leader che lo usano frequentemente, perché la sua immagine è creata dall’utente, che ode e non vede. Al contrario della Tv. Il Führer sarebbe stato distrutto da una visione quotidiana, e le sue pose istrioniche avrebbero presto provocato una reazione negativa. La Tv consuma chi ne abusa? Chissà se il XX secolo avrebbe conosciuto una storia diversa se fosse stato possibile vendere una Tv del popolo. Le prime trasmissioni sperimentali avvennero alle Olimpiadi del ’36 a Berlino. Forse dipende da chi appare sullo schermo, come dimostrano Mike Bongiorno e Berlusconi.