Gianluca Di Donfrancesco, Il Sole 24 Ore 17/8/2013, 17 agosto 2013
LA BANCA CENTRALE INDIANA SPAVENTA GLI INVESTITORI
Nel labirinto macroeconomico indiano, ogni mossa rischia di far scattare un trabocchetto: il 14 agosto la Banca centrale ha limitato la libertà di esportazione di capitali per frenare il crollo della rupia. Il risultato è stato l’opposto: alla riapertura dei mercati dopo la chiusura del 15, ieri la moneta è caduta al nuovo minimo storico a quota 62 sul dollaro. La rupia ha perso l’1,2% questa settimana, il 26,5% negli ultimi due anni e sembra destinata a "scavare" nuovi record negativi. A picco anche la Borsa: l’indice Sensex ha ceduto il 4%, con titoli azionari precipitati ai minimi da cinque o addirittura otto anni. Il settore più colpito è stato quello bancario.
Mercoledì scorso, la Banca centrale ha abbassato da 200mila a 75mila dollari l’anno i capitali esportabili da chi vive in India e ha vietato l’utilizzo delle rimesse degli emigrati per acquistare proprietà all’estero. Per quanto riguarda le imprese, la Rbi ha abbassato dal 400 al 100% del patrimonio netto il valore massimo degli investimenti che possono fare all’estero senza chiedere la sua autorizzazione. Queste misure, anziché trattenerli, hanno spaventato gli investitori, che temono controlli sempre più rigidi. «Anche se sono stati presentati come temporanei, questi interventi - spiega Radhika Rao, economista della Dbs Bank a Singapore - generano incertezza e spingono gli investitori a rivedere i loro piani». «La stabilizzazione della rupia - sottolinea un altro analista - richiede un prezzo troppo alto, perché non funziona e al contrario danneggia l’economia». «Il ministro delle Finanze e la Banca centrale - secondo Jagannadham Thunuguntla, di Smc Global securities a New Delhi - hanno perso la strada, hanno completamente frainteso la situazione e stanno facendo un errore dopo l’altro».
L’innesco della crisi finanziaria (quasi tutti gli emergenti ne soffrono) è stato il discorso di Ben Bernanke del 22 maggio: l’accenno alla fine dell’era delle iniezioni di liquidità sta accelerando lo spostamento dei capitali finanziari iniziato con il calo delle tensioni sui tassi nell’Eurozona. In meno di tre mesi l’India ha visto sparire dai suoi listini oltre 11 miliardi di dollari e cinque aste di titoli pubblici sono fallite nelle ultime cinque settimane. Dopo il crollo di ieri, il ministro delle Finanze Palaniappan Chidambaram ha cercato di raffreddare il clima: «È il momento della calma e della riflessione».
«New Delhi - spiega Giuliano Noci, prorettore del Politecnico di Milano - attraversa una situazione critica, complicata dai nodi strutturali della burocrazia soffocante, delle infrastrutture insufficienti, della scarsa liberalizzazione del sistema bancario e finanziario. Tutti fattori che penalizzano le imprese» e frenano lo sviluppo. «La crescita economica - aggiunge Noci - rallenta e comunque finora è stata frutto di un Paese spaccato tra Stati che hanno corso molto e Stati che sono rimasti fermi. La bassa scolarizzazione, e l’emarginazione delle donne, non permettono neppure di sfruttare il potenziale demografico di una popolazione molto giovane».