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 2013  agosto 18 Domenica calendario

DOMANDE

& RISPOSTE –
Perché si combatte in Egitto?
La situazione, già tesa dopo il colpo di Stato dell’esercito all’inizio di luglio e la deposizione del presidente Mohamed Morsi, è precipitata il 14 agosto, con la decisione dei militari di sgomberare i due campi di protesta organizzati dai Fratelli Musulmani nella parte orientale del Cairo. La repressione si è trasformata in un bagno di sangue, con almeno 600 morti (2mila secondo i Fratelli) il 15 agosto. Il massacro è proseguito il giorno successivo, "il giorno della rabbia" proclamato dai Fratelli Musulmani, con almeno un centinaio di morti al Cairo e in altre città egiziane. La polizia aveva l’ordine di sparare contro i manifestanti.


Come si è arrivati all’estromissione di Morsi?
Presidente dalla fine di giugno 2012, dopo libere elezioni, Morsi si è via via alienato le simpatie dell’opinione pubblica attraverso una gestione poco competente dell’economia, una tendenza all’occupazione sistematica da parte dei Fratelli di tutti i centri di potere, a livello nazionale e locale, e un progetto costituzionale non condiviso dalla maggioranza della popolazione nonostante fosse stato approvato in un referendum (63,8% di sì, ma solo su un 30% di votanti). Nel giro di pochi mesi il Paese si è polarizzato tra Fratelli musulmani, pro-Morsi, e ampi strati della società più laica, secolarizzata e liberale. Le proteste anti-Morsi sono culminate nella manifestazione del 30 giugno, organizzata dal movimento di protesta Tamarrud (Ribellione, in arabo).


Quale ruolo hanno avuto e avranno i militari?
Le proteste del 30 giugno sortiscono un avvertimento dei militari nei confronti del presidente: chiedono di soddisfare le richieste dell’opposizione, contraria soprattutto al progetto costituzionale, entro 48 ore. Diversamente, minacciano, ci sarà un intervento. La risposta di Morsi è negativa e ribadisce di essere legittimato al potere dal risultato di una libera elezione. In questa fase delicata si schierano al fianco dei militari figure importanti della vita politica, sociale e religiosa del Paese: Ahmed al-Tayyeb, grande imam della moschea di al-Azhar, il capo della Chiesa cristiano-copta, il partito salafita Nour e un esponente di punta dell’opposizione come Mohamed ElBaradei.


Che cosa è successo dopo il golpe?
Il 3 luglio il generale al-Sisi, capo delle forze armate e artefice del rovesciamento di potere, sospende la Costituzione e annuncia la nomina di un presidente ad interim, Adly Mansour, già presidente della Corte costituzionale, che sarà alla guida di un Governo tecnico. Vengono promesse nuove elezioni, da tenersi nella primavera del 2014. Mohamed ElBaradei è vicepresidente, ma si dimetterà in seguito alla violenta repressione attuata il 14 agosto dalla polizia nei confronti dei Fratelli musulmani. Nel frattempo Morsi viene arrestato e trasferito in una località segreta. I suoi sostenitori affolleranno le piazze del Cairo e delle altre città egiziane praticamente ogni giorno, chiedendo il reinsediamento del presidente eletto. Viene preso di mira soprattutto il quartier generale della Guardia presidenziale, dove si pensa che Morsi sia stato imprigionato.


Che cosa potrà accadere nei prossimi giorni?
Vista la propensione dei Fratelli musulmani al martirio e la loro continua richiesta di un ritorno al potere di Morsi, non esistono al momento speranze per una soluzione politica del conflitto. Il rischio di guerra civile (nel massacro di Ferragosto sarebbero morte almeno 800 persone secondo il ministero degli Interni) è concreto, anche a fronte dell’irriducibilità dei militari egiziani, che proprio ieri hanno dichiarato di voler mettere al bando la Fratellanza musulmana. I seguaci di Morsi hanno preannunciato per la prossima settimana manifestazioni continue e dunque c’è da attendersi nuove, sanguinose repressioni.


Quanto è rischioso andare in Egitto?
Il Paese è ad alto rischio e tutte le cancellerie occidentali hanno raccomandato ai propri cittadini di non recarvisi in vacanza, nemmeno nei resort sul Mar Rosso.
I turisti italiani in Egitto sarebbero circa 20mila, aerei charter li stanno riportando in patria, mentre i maggiori tour operator hanno cancellato i voli in partenza. Confermati, invece, i voli di linea dell’Alitalia.


Che cosa può fare la diplomazia occidentale?
Finora l’unica reazione concreta al bagno di sangue è giunta dagli Stati Uniti, con l’annullamento delle esercitazioni militari congiunte. Di più, il presidente americano Barack Obama non ha potuto e voluto fare. Da Washington arrivano ogni anno circa 1,5 miliardi di dollari in aiuti all’Egitto, per tre quarti destinati a forniture militari e la Casa Bianca è riluttante per diverse ragioni a ridurre gli stanziamenti: perché non vuol lasciare il campo a sfere d’influenze di altri Paesi, Russia e Cina in primo luogo, e perché sa bene che al posto dei suoi aiuti, ne arriverebbero ancora di più dai Paesi del Golfo, generosi sostenitori finanziari dei Fratelli Musulmani, ma anche dell’attuale regime militare. L’Unione europea, su impulso di Germania, Francia e Italia, convocherà all’inizio della settimana un vertice dei ministri degli Esteri.