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 2013  agosto 17 Sabato calendario

ZALESKI, STRETTA FINALE CON LE BANCHE SI TRATTA PER EVITARE LA LIQUIDAZIONE

Il nodo delle trattative con le banche è un punto del piano di ristrutturazione predisposto dalla Tassara: oltre alla trasformazione di una parte del debito in capitale e a una conferma delle cessioni, la holding bresciana ha escluso dalle vendite alcuni asset, come per esempio la polacca Alior Bank
Le banche
Il via libera delle banche al progetto di ristrutturazione è fondamentale all’approvazione del bilancio consolidato 2012 della Tassara nella prospettiva di una continuità aziendale. A oggi la società di Zaleski ha un patrimonio netto negativo: ha, infatti, circa 2,3 miliardi di debiti a fronte di un portafoglio partecipazioni che vale circa 1 miliardo
Debitore-azionista
Tra le società in cui la Tassara ha partecipazioni ci sono anche gli istituti nei confronti dei quali ha parte dei debiti. La finanziaria ha l’1,7% di Intesa Sanpaolo (ed è esposta per 1,2 miliardi), l’1,42 di Ubi (con un’esposizione per 150 milioni) e l’1,14% di Mps (con debiti per 200 milioni).
MILANO — La strada per l’accordo si sta facendo sempre più stretta. La lettera di Unicredit, con la richiesta di arrivare rapidamente a una soluzione sul debito della Carlo Tassara, ha tutto il sapore di un ultimatum. Per dare via libera al piano di ristrutturazione dell’ex impero di Romain Zaleski, Piazza Cordusio ha fissato dei paletti piuttosto rigidi indicando una via che rischia di essere senza ritorno. A cavallo di Ferragosto i legali delle parti, Nino Lombardo e Antonio Pedersoli per le banche, Ugo Molinari per la Tassara e Franco Bonelli per la holding bresciana, si sono sentiti dandosi appuntamento alla fine della prossima settimana per cercare di ricomporre il dossier e superare gli ostacoli. Inclusi quelli tra le banche creditrici, che in questa partita hanno ruoli, pesi e sensibilità diverse.
Entro i primi di settembre Pietro Modiano, presidente della malmessa cassaforte di Zaleski, e le banche vogliono trovare una via d’uscita. Senza l’accordo sulla ristrutturazione dei debiti Tassara non può approvare il bilancio consolidato 2012 e l’intera cassaforte rischia quindi di finire in liquidazione. Il problema non è solo da una parte. Unicredit, Intesa, Bpm, Ubi, Carige e Banco Popolare sono esposte per oltre 2,3 miliardi di euro, garantiti da un patrimonio che dagli oltre 6 miliardi dei tempi d’oro si è ristretto oggi a poco più di 1 miliardo di valore. Ma che è composto dall’1,7% di Intesa Sanpaolo, dall’1,4% di Ubi, dall’1,17% di Mediobanca, dallo 0,68% di Generali, dal 2,5% di A2A, dall’1,14% di Mps, dallo 0,25% di Bpm. E dal 19% della Mittel. Quote che in un valzer di finanziamenti e pegni hanno finito per rendere le banche al contempo creditrici tra di loro, finanziatrici di Zaleski e partecipate della Tassara.
È il castello messo in piedi dall’imprenditore-finanziere quando giocava sui tavoli della finanza che conta con un credito pressoché illimitato. Modiano lo sta smontando, ma agli attuali valori la liquidazione non è facile. Lo sa Unicredit, esposta per 600 milioni con la holding bresciana, e ancora meglio Intesa Sanpaolo che deve rientrare di 1,2 miliardi dal suo creditore-azionista. In Ca’ de Sass, dove pure qualche rilievo al piano di rientro sarebbe stato mosso, c’è tutta l’intenzione di arrivare a chiudere rapidamente la partita, ma senza spingere la Tassara in un cul de sac.
Per la holding di Zaleski si tratta del terzo giro di ristrutturazione. A far rompere il fronte delle trattative è stato il nuovo piano in cui, oltre alla trasformazione di una parte del debito in capitale e una conferma delle cessioni, la holding bresciana ha escluso dalle vendite alcuni asset con cui l’imprenditore franco-polacco vorrebbe proseguire l’attività. In quattro anni di gestione Modiano, le vendite, con i mercati sottosopra, hanno riguardato il pacchetto di Edison e si è proceduto con la quotazione di Alior Bank. Colpa anche dello stallo in cui spesso si è rifugiato il consiglio, dove Zaleski conta quanto le banche. Piazza Cordusio si sarebbe quindi irrigidita. Così prima della pausa festiva c’è stato uno scambio di lettere tra Federico Ghizzoni e Modiano per cercare di fare chiarezza. Unicredit avrebbe fissato dei paletti: una redistribuzione delle poltrone in consiglio (l’ipotesi prospettata sarebbe di 5 membri alle banche e 3 all’azionista) e mano libera sulle cessioni.
Le distanze sono rimaste. Una soluzione però va trovata. E in tempi rapidi se si vuole evitare la liquidazione. Una modifica della governance richiederebbe tuttavia un’assemblea, quindi tempi lunghi. Quanto alle cessioni, non su tutto si può procedere a gran velocità. Anche in caso di liquidazione. Al di là dei valori, che già di per sé rappresentano un bel deterrente, per alcuni asset come per esempio la polacca Alior Bank, la vendita necessiterebbe di un confronto con la banca centrale polacca che potrebbe voler dire la sua.
È difficile, insomma, dare un’accelerazione. Per le banche resta il problema delle rettifiche. Intesa Sanpaolo ha appena passato a sofferenza un blocco unico da 800 milioni di crediti che farebbero capo a Zaleski. Il confronto riprenderà l’ultima settimana di agosto, con l’obiettivo di arrivare a definire il piano di ristrutturazione e una moratoria sul debito della Tassara fino al 2015. Gestendo nel frattempo la liquidazione di quello che resta dei fasti bresciani di Zaleski.