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 2013  agosto 17 Sabato calendario

LADY ZARA, DA SARTINA SENZA NULLA A MILIONARIA DELLA MODA LOW COST

Negli anni Sessanta (poi sono arrivati gli altri, gli imitatori) chi pensava a un paio di jeans pensava auto­maticamente a una marca: i Levi’s. È stato così per una nota carta as­sorbente da cucina; e così fu per quella saponetta che evocava la lu­ce ed era la sa­ponetta di «no­ve stelle su dieci». Ma che una marca di abbigliamen­to, tra i giova­ni, e soprattutto fra le signorine, potesse imporsi anche dopo gli anni Ottanta, quando sembra­va che tutto fosse stato inventa­to, questo è uno di quei miracoli commerciali, sorretti da lampi di fantasia e di gusto, ovvero di genio, che riescono a pochissi­mi.
Una camicetta, una gonna, un paio di pantaloni che uniscano due qualità principali: il ta­glio accattivante e un prezzo basso, talvolta sfacciatamente basso, talaltra così basso da far venire i nervi alla concorrenza, inalberano nel mondo intero, in genere, un’etichetta con un nome che sembra pensato ap­posta per incastarsi nella me­moria: Zara. La fantasia, insieme con un senso rabdomantico per gli affa­ri e per i gusti dei giovani, erano la prerogativa mayor di una señora che si chiamava Rosalia Mera Goynechea, meglio cono­sciuta come «lady Zara», co-fondatrice dell’impero tessile spa­gnolo Inditex insieme con l’ex marito Amancio Ortega. Don­na così importante, e ricca, e di successo, e così nota nel mondo da far dire a qualcuno che negli ultimi vent’anni la Spagna ha espresso solo tre grandi individualità: Alonso, Almodovar e lei, «lady Zara».
Rosalia Mera Goynechea è morta l’altra sera all’ospedale di La Coruña, in Galizia, dove era stata trasferita dalle Baleari su un’eliambulanza.Un arresto cardiocircolatorio come conse­guenza di un’emorragia cere­brale gravissima. Aveva solo 69 anni, Rosalia Mera, ma aveva già messo insieme una fortuna stimata in quasi 5 miliardi di ero. Quattro virgola sette, per la precisione. L’unica spagnola presente nella classifica 2013 della rivista Forbes; al 195esimo posto tra le persone più ricche al mondo e al 66esimo tra le donne più potenti.
Originaria di La Coruña, Rosa­lia Me­ra cominciò a lavorare co­me sarta a 11 anni e poi come di­segnatrice di moda nella picco­la impresa familiare fondata con l’ex marito nel 1975.Da allo­ra, è stata un’escalation sensa­zionale. Da La Coruna, anno do­po anno, l’incrociatore da batta­glia denominato «Zara» ha sol­cato i cinque mari del «pronto moda» diventando il principale impero tessile europeo.
Del gruppo (1571 negozi spar­si nel mondo) Rosalia Mera («la señora, come i suoi dipendenti la chiamavano) deteneva attual­mente il 6,99% del capitale. Da subito,l’idea produttiva vincen­te fu questa: coniugare la realiz­zazione veloce e flessibile del pronto moda a costi bassi, an­che a scapito della qualità, non sempre eccelsa. Spendere poco e vestirsi alla moda, con capi di­segnati d­a squadre di giovanissi­mi stilisti e destinati ogni volta a fare un effettone. Banale, vero? Però bisognava pensarci. La «señora» ci aveva pensato.
Sua erede (erede anche del 5 per cento del gruppo farmaceu­tico Zeltia, oltre che di produzio­ni cinematografiche e intrapre­se immobiliari) sarà la figlia Sandra, psicologa e consigliera del­la madre. Marcos, il secondogenito, nato con una paralisi cere­brale, aveva portato lady Zara ad impegnarsi a favore dei bam­bini più sfortunati attraverso la «Fondaciòn Paideia» da lei crea­ta.
La fama e la ricchezza non ave­vano modificato il suo stile di vi­ta, improntato a una sobrietà au­tentica. Non c’era snobismo nel suo recarsi al lavoro in autobus, nel suo andare al cinema persa tra la gente comune, o in una del­le tante tabernas del centro stori­co de La Coruña per un aperiti­vo: tapas y cañas.
Sostenitrice degli «Indigna­dos», lady Zara si era pronunciata recentemente contro i tagli al­la sanità e alla pubblica istruzio­ne decisi dal governo conserva­tore di centro­destra: «Se rispar­miamo nel settore della salute, dell’infanzia, dell’educazione ci stiamo facendo un pessimo fa­vore», aveva dichiarato nel mag­gio scorso. Ricca come Papero­ne, ma amata per la sua sempli­cità, la sua umanità, la sua incli­nazione al sociale, come si dice oggi. Sicché non dovrebbe stu­pire se domani, dietro il suo fere­tro, sfileranno in migliaia.