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 2013  agosto 17 Sabato calendario

MILIARDARIA E INDIGNATA, LA SARTA SPAGNOLA CHE INVENTO’ ZARA

Miliardaria. La donna più ricca del mondo (fa testo l’ultima classifica della rivista Forbes). Ma anche quanto di più lontano si possa immaginare dal clichè della self made woman entrata di prepotenza nell’élite della finanza internazionale. Rosalía Mera – morta all’improvviso, a 69 anni, per un’emorragia cerebrale, quando si apprestava a concludere una breve vacanza sull’isola di Minorca – era molto più modesta, semplice, spontanea di quanto la sua straordinaria carriera (per non parlare del denaro: un patrimonio di 4 miliardi e 700 milioni di euro) le avrebbero verosimilmente consentito di essere.
BASTA UN NOME: Zara. È lei ad aver creato, dal nulla, quello che oggi è il primo gruppo tessile del mondo, un marchio presente in tutti i continenti, quasi seimila negozi in 86 paesi, più di centomila dipendenti. Lei, insieme a quello che poi diventò suo marito, Amancio Ortega (divorziarono nel 1986), il quale attualmente ha una fortuna solo inferiore a quelle di Carlos Slim e Bill Gates. Due ragazzi umili, una gran voglia di fare, qualche idea su come tentare di costruirsi un futuro nella loro città di provincia, A Coruña, punta nord-occidentale della Galizia. Rosalía aveva undici anni quando lasciò la scuola per andare a lavorare come sarta in un negozio di confezioni, La Maja. Famiglia povera del quartiere popolare di Monte Alto, vicino al mattatoio. Il padre impiegato della compagnia elettrica Fenosa. La madre, niente studi ma una grande forza di volontà, che alla fine riuscì a coronare il sogno di una vita, quello di aprire una macelleria. Amancio, otto anni più grande di lei, assunto come fattorino in un’altra boutique frequentata dalla buona borghesia coruñesa, aveva avuto la sua prima soddisfazione di carriera: l’avevano promosso commesso.
Troppo poco, comunque, per due giovani carichi di ambizioni. Insieme, mentre si costruivano una vita in comune, lanciano la prima iniziativa imprenditoriale: Confecciones Goa. La sede è in uno scantinato, producono vestaglie. Poi viene Zara – è il 1975 – primo mattone di un impero chiamato Grupo Inditex, otto marchi nel settore della moda presenti nelle principali arterie commerciali di tutte le più grandi capitali del pianeta. Una crescita inarrestabile, fino ad oggi.
Ma Doña Rosalía si chiama fuori dalla gestione diretta dell’azienda quando si conclude la sua storia coniugale con Amancio. Mantiene la quota azionaria (ha il 7 per cento, ed è abbastanza per entrare nel Gotha della finanza mondiale), però anni dopo lascia il consiglio di amministrazione. “Se il nostro matrimonio non si fosse rotto”, confesserà poi, “io sarei rimasta per sempre ‘la moglie di...’”. E invece no.
Forse è proprio dal momento della separazione da Ortega che la figura di Mera assume una dimensione nuova. Si dedica ai figli. Sandra (ora erede della sua fortuna), ma soprattutto Marcos, nato con una profonda paralisi cerebrale che a stento gli permette di camminare. È la tragedia personale che determina tutte le scelte a venire. La ragazza che aveva abbandonato gli studi a undici anni, torna a scuola. Si laurea in Magistero. Crea la fondazione Paideia Galiza, per aiutare i giovani portatori di handicap a sviluppare al meglio le loro potenzialità, per dare una mano alle famiglie a superare il trauma. E poi rilancia l’attività imprenditoriale, diversificando gli investimenti: dal settore farmaceutico a quello alberghiero, dalle energie rinnovabili alle tecnologie informatiche. Si muove nel mercato immobiliare statunitense e in quello britannico, finanzia l’apertura di un hotel super-lusso a Londra in società con Bulgari. In un edificio della piazza Maria Pita, nel cuore di A Coruña, sono riunite sotto lo stesso tetto le attività filantropiche (Paideia) e quelle imprenditoriali (la holding finanziaria Rosp Corunna). Le due anime del personaggio Mera. Per nulla in contraddizione tra loro.
LA FONDAZIONE non è beneficenza, non è carità. Sono progetti rigorosi, finalizzati a risultati concreti. Gli investimenti non sono speculazione (una delle denunce che ripeteva in modo ossessivo era contro la cultura dei “mediatori, di chi non investe nulla, chi prende i soldi e scappa”).
Non stupisce, allora, che la donna più ricca del mondo si sia sempre dichiarata, fino all’ultimo, “profondamente di sinistra”. Un po’ perché, diceva, considerate le sue origini, non poteva essere diversamente. Un po’ per via di una sensibilità sociale che neppure ai miliardari può essere negata. Due anni fa, quando nacque il movimento degli indignados, si schierò subito dalla parte dei giovani accampati alla Puerta del Sol di Madrid. A maggio di quest’anno, sparò a zero contro i tagli alla sanità e all’educazione annunciati dal governo conservatore di Mariano Rajoy.
Chi la conosceva, sapeva che era sincera. Bastava vederla, lei, la donna da 4 miliardi e 700 milioni di euro, prendere l’autobus come un cittadino qualunque, fare la fila al cinema, riunirsi con gli amici in una modesta taberna, a mangiare pulpo a la gallega e bere birra. Era ancora la figlia della macellaia, che a undici anni aveva deciso di fare la sarta.