Mario Gerevini, Corriere della Sera 18/8/2013, 18 agosto 2013
MILANO — C’è
voluto appena un quarto d’ora per introdurre alcune nuove e fondamentali norme statutarie che possono segnare il futuro del gruppo Esselunga: il diritto e l’obbligo di covendita e il gradimento dell’assemblea ordinaria per l’ingresso di nuovi soci nella compagine sociale.
Bernardo Caprotti ha convocato e presieduto il 26 luglio scorso una rapidissima assemblea straordinaria (dalle 9,05 alle 9,20) della Supermarkets Italiani, la holding che controlla al 100% Esselunga, una delle principali catene italiane della grande distribuzione: 144 superstore e supermarket, oltre 20 mila dipendenti, 6,8 miliardi di fatturato e una quota di mercato del 10,5%. Esselunga è iscritta nel bilancio della capogruppo a un valore di 3,83 miliardi.
Qui, nella holding, sono esplosi i contrasti tra l’anziano (87 anni) patron del gruppo e i figli di primo letto, Giuseppe e Violetta. Motivo del contendere: la proprietà fiduciaria delle quote (70%) che i figli rivendicano ma che il padre nega. Un anno fa l’arbitrato aveva dato ragione al fondatore: «è il dominus, le azioni sono le sue, lo sono sempre state e può farne ciò che vuole». Ma il contenzioso legale non si è affatto chiuso.
È anche in questo quadro di contrasti e contese in tribunale che si devono inquadrare le decisioni prese dall’assemblea straordinaria, alla quale Caprotti ha partecipato con il suo 8,4% diretto e l’Unione Fiduciaria con il 91,6%. Nello statuto della Supermarkets è stato introdotto il «diritto di covendita». La regola scatta in caso di «atti di disposizione inter vivos» tali per cui un socio (o più soci congiuntamente) trasferiscono azioni (o diritti reali su azioni) che rappresentano la maggioranza assoluta del capitale. Insomma se passa di mano il 50% più una azione c’è il diritto di covendita. Che significa? Che ognuno degli altri soci «ha diritto di vedersi acquistare – recita l’articolo 9 del nuovo statuto – a parità di condizioni, (…) una percentuale del proprio complessivo possesso azionario pari alla percentuale del possesso azionario trasferita dal socio venditore». La procedura e la determinazione del corrispettivo sono analiticamente regolate.
Poi però è stato introdotto anche l’articolo 11, «Obbligo di covendita». È un altro passaggio tecnico fondamentale. Il diritto di covendita, di cui si diceva prima, potrebbe non essere esercitato: è una facoltà, un’opportunità a favore dei soci di minoranza. Ma la scelta di non «co-vendere» e rimanere soci potrebbe, per esempio, intralciare un’eventuale cessione della maggioranza perché un compratore potrebbe pretendere mano libera o quanto meno il controllo nelle assemblee straordinarie dove servono quorum deliberativi rafforzati.
È un’interpretazione, ma sembra questo il senso dell’obbligo di covendita che recita così: «… i soci che non intendano esercitare il diritto di covendita potranno essere obbligati, su iniziativa dei soci venditori, a trasferire, sempre a parità di condizioni, le proprie azioni» al compratore.
In ogni caso d’ora in poi al vertice del gruppo Esselunga l’ingresso di nuovi azionisti «anche mortis causa» dovrà essere sottoposto al gradimento dell’assemblea ordinaria dei soci che delibera sempre «con il voto favorevole di più della metà del capitale sociale». È evidente che queste nuove norme, volute da Bernardo Caprotti, hanno lo scopo di garantire stabilità e unitarietà agli assetti di controllo. D’altra parte preparano il terreno giuridico a un futuro passaggio di mano. All’interno o al di fuori della famiglia? Si dice da anni che il proprietario di Esselunga sia pronto a vendere ma le varie ipotesi (Walmart, Tesco, Mercadona …) sono state sempre smentite. Dagli atti dell’arbitrato, tuttavia, era emersa la conferma che nel 2004 Walmart era in trattative avanzate con Caprotti. Comunque sia, il nuovo statuto sembra disegnato per preparare e governare una svolta nel gruppo.
Mario Gerevini