Cesare Maffi, ItaliaOggi 17/8/2013, 17 agosto 2013
A FERRAGOSTO SARTORI DA’ I NUMERI
Il giorno di Ferragosto, Giovanni Sartori ha trattato, nel suo editoriale sul Corriere della sera, di «terra, clima, demografia». Il pezzo era intitolato «Previsioni del tempo». Non è una novità: sono lustri, infatti, che colui che una volta era il maestro della scienza politica (una volta, beninteso) passa il Ferragosto a occuparsi di tali temi.
E, invero, non sembra rinfrescare molto gli argomenti. Occupandosi di acqua, ha lamentato le condizioni del fiume Giallo, in Cina, e del lago Vittoria, definito da lui «la foce del Nilo», “poco profondo, al massimo 80 metri». Il 15 agosto 2012 si era doluto, invece, del Gange e del lago Vittoria, allora però correttamente definendolo «la sorgente principale del Nilo» (ovviamente sorgente, 2012, e foce, 2013, sono termini antitetici) e spiegando essere «poco profondo (80 metri massimo)».
Quest’anno, Sartori ci ha informato che «siamo più di sette miliardi», traguardando le previsioni a 11 miliardi per il 2100; ma non c’è di che preoccuparsi: «a questi 11 miliardi non arriveremo mai, visto che saremo decimati dalla fame, dalla sete e probabilmente anche dalle guerre per procurarsi cibo e acqua». Ferragosto 2012: «siamo già a 7 miliardi, si prevedeva che arriveremo a 9 miliardi, ma ora si parla addirittura di 10. Poveri noi!».
Ferragosto 2011, sotto il titolo «Quando saremo dieci miliardi»: «la stima è diventata che a fine secolo, nel 2100, saremo 10 miliardi.» Ferragosto 2008: «Se nel 2100 fossimo 9 miliardi, mancherebbe l’energia per raffreddarsi”. Ferragosto 2007: «Oggi siamo 6 miliardi e mezzo; e tra 50 anni potremmo essere 9 miliardi». Ferragosto 2005: «Nei prossimi venti anni la popolazione sarà ancora in aumento». Ferragosto 2002: genericamente, senza date future, Sartori si duole dei «9-10 miliardi di viventi che Bush, il Vaticano e altri irresponsabili ci stanno regalando». Ferragosto 1999: Sartori si lamenta perché «due anni fa, proprio di Ferragosto, scrissi che sei miliardi di viventi bastavano; ma il Papa non mi udì” (è un’anticipazione delle domande che pochi giorni addietro Eugenio Scalfari ha posto a papa Jorge Bergoglio, senza aver ricevuto pronta risposta: ah, questi pontefici sordi alle richieste dei prìncipi della stampa!). In ef-fetti, nel Ferragosto del ’97 Sartori aveva ammonito: «Siamo troppi. Tra non mol-to saremo sei miliardi».
Se quest’anno l’ormai nonagenario politologo si è lamentato per il «disastro demografico» attribuibile «in prevalenza a Paesi africani (Nigeria in testa)», con l’India che supererà la Cina, già a Ferragosto 2011 se l’era presa col «sovraccarico demografico» che «colpirà soprattutto l’Africa» («la proiezione che più spaventa è quella della Nigeria»), annunciando che la Cina sarebbe stata superata dall’India.
Passando al clima, si può notare che Sartori patisce la sindrome del cambiamento climatico. Quest’anno ha dovuto, con malanimo, registrare che «il riscaldamento del nostro pianeta sembra che si sia fermato». Il Ferragosto del 2012 si lagnava dei fortissimi mutamenti nelle stagioni. L’anno prima prevedeva per il 2100 l’aumento «di 4 gradi» di temperatura (quest’anno li ha ridotti a «due gradi entro la fine del secolo»). A Ferragosto del 2008 scriveva di «un aumento di temperatura di 2 gradi», ma lasciava intravedere «un riscaldamento, davvero catastrofico, che potrebbe arrivare a sei gradi». Ferragosto 2003: Sartori se la prendeva col «troppo caldo» e «l’estate torrida». Anche il Ferragosto precedente si doleva: «Abbiamo avuto, quest’anno, più caldo del solito».
L’impressione che se ne ricava è che, a Ferragosto, Sartori riscriva il solito pezzo. Lui stesso, il 15 agosto 2008, attaccò così l’editoriale: «Passa un Ferragosto, passa l’altro, torno sempre al tema dell’ambiente e del clima. Chi la dura la vince, dice il proverbio. Speriamo che sia vero». A giudicare dalla costante riscrittura dei soliti argomenti, si può asserire che Sartori senz’altro tenga duro, ma che la vinca proprio no.