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 2013  agosto 14 Mercoledì calendario

SCOVA OPERAI LOW COST NEL MONDO COSÌ L’IMPRESA FA SOLDI A PALATE

Cos’hanno in comune le t-shirt e i pantaloni modello«ba­sic » in vendita nelle grosse cate­ne, i peluche della grande distri­buzione, i cosmetici di fascia bas­sa e tutta quella serie di gadget sportivi- dal cappellino al porta­chiavi multifunzionale - che si vendono nelle grosse catene dei supermercati?
Dietro molti di questi prodotti c’è un’azienda con sede a Hong Kong, la Li&Fung. Il nome è po­co noto al grande pubblico, ep­pure è una delle più grandi al mondo nell’ outsourcing . Non possiede stabilimenti propri, ma per qualunque tipo di pro­dotto - dalla maglietta al pupaz­zo - localizza nel mondo i suoi «fornitori» ideali (oggi circa 15mila in 60 Paesi diversi), cioè i luoghi dove l’oggetto in questio­ne viene realizzato al prezzo più basso.
Appalta a questi la produzio­ne, e poi si occupa di recapitarli ai vari Wallmart,Target e Khol’s. Fa da ponte tra la vendita al detta­glio e il punto del gl­obo dove ritie­ne che realizzare una certa tipo­logia di merce convenga di più. E siccome questo luogo può cambiare nel corso degli anni, Li& Fung non solo sfrutta la globaliz­zazione, ma la sposta. Facendo slittare grossi ordinativi da un posto all’altro del pianeta, a se­conda di dove, in quel momen­to, individui i costi più bassi la produzione più veloce.
È con questa tecnica che l’an­no scorso l’azienda di Hong Kong ha incassato 20 miliardi di dollari di ricavi, e può vantare un centinaio di clienti nel mondo.
Passi da gigante rispetto a quando, nel 1906, fu fondata da Fung Pak-liu, nonno di Victor e William Fung (cui Forbes Asia ha dedicato una copertina), che oggi, con la società divenuta un colosso della fornitura di vestiti e gadget, ne sono presidente onorario e operativo. Nel 2000 hanno acquisito un’azienda ri­vale, la Colby International, il cui fondatore, Bruce Rockowitz, adesso è Ceo di Li&Fung.
Per capire come cambiano le cose basta pensare che nel frat­tempo, negli ultimi trent’anni,il mercato italiano dei giocattoli ha perso il 91 per cento degli oc­cupati: negli anni ’80 nel nostro Paese erano impiegate nel sett­o­re dei giochi per bambini 47mila persone; oggi sono solo 4mila (dato Assogiocattoli ).
Ma se finora a Li&Fung è con­venuto concentrare la produzio­ne soprattutto nell’area asiatica e indiana, adesso le cose stanno cambiando.Un po’ perché,spe­cie dopo l’episodio dell’incen­di­o di una fabbrica tessile in Ban­gladesh, costato la vita a otto di­pendenti, l’attenzione interna­zionale sul tema delle condizio­ni dei lavoratori si è alzata. E un po, come sempre, per ragioni economiche.
Secondo il New York Times Li& Fung ora sta guardando a nuovi possibili fornitori soprattutto nell’Africa sub-sahariana e in Sudamerica. Se la prima è una delle nuove frontiere del lavoro a bosso costo, per il sudamerica il discorso si fa più complesso. Il Brasile è tra le economie emer­genti. Ma, ha scritto il Wall Street Journal due giorni fa, la corsa dei Brics - come prevedibile dopo un momento di grande boom ­sta rallentando. E per la prima volta dalla metà del 2007, c’è un dietrofront: Giappone, Stati Uni­ti e pure la cara vecchia Europa contribuiscono, messi insieme, all’economia globale più delle nuove economie in espansione. Invece per Li& Fung le cose vanno peggio: la sua vendi­ta di prodotti low­cost ha subito un crollo nel 2012 a causa della net­ta diminuzio­ne degli ordi­ni proprio da­gli Stati Uni­ti, da cui nel 2011 ar­ri­vava il 60 per cento dei rica­vi. Nella produzione a basso co­sto di ciò che troviamo al super­mercato, la geografia sta cam­biando.