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 2013  agosto 15 Giovedì calendario

L’EUROZONA ESCE DALLA RECESSIONE

Troppo presto per cantare vittoria. Un prodotto interno lordo di Eurolandia in crescita dello 0,3% nel secondo trimestre, superiore alle attese, permette di guardare al futuro con altri occhi, purché però non ci si illuda troppo. Non a caso Olli Rehn, il commissario europeo per gli Affari economici e monetari, ha parlato di una ripresa ancora «in vista» considerando prematuro dichiarare che la crisi è finita.
La ragione è semplice: il risultato è stato ottenuto attraverso fattori unici, forse irripetibili. L’estate potrebbe segnalare un rallentamento, anche se non necessariamente un nuovo tuffo "sotto zero". Dietro lo 0,3% trimestrale dell’area euro - che lascia alle spalle il -0,3% dell’inverno 2013 - c’è un robusto 0,7% trimestrale della Germania (da una crescita zero del primo trimestre), un inatteso 0,5% della Francia (da un -0,2%) e anche, tra i Paesi più piccoli, il +1,1% del Portogallo (da -0,4%) o lo 0,2% dell’Austria (da +0,1%).
Non è chiara però la qualità di questa ripresa. In Francia è molto legata, per esempio, a consumi e investimenti pubblici, anche se la domanda delle famiglie è comunque aumentata (in parte a causa di temperature più basse della media stagionale) mentre gli investimenti continuano a contrarsi, compresi - e rapidamente - quelli in abitazioni. In Germania, dove la crescita sembra ad ampio spettro perché coinvolge tutti i motori dell’economia, non secondario è stato, per ammissione della stessa Destatis, il rimbalzo di spese e investimenti che erano rimaste deboli in inverno a causa del cattivo tempo. Un riferimento, questo, molto probabilmente, alle costruzioni.
Se il terzo trimestre dovesse risultare meno brillante, insomma, non ci sarebbe da meravigliarsi. «Verso dove andiamo? Dal momento che il Pil, nel secondo trimestre è stato sostenuto da alcuni fattori irripetibili - spiega Marco Valli di Unicredit - i numeri probabilmente sovrastimano un po’ il passo del miglioramento delle condizioni economiche».
È un’opinione, questa, piuttosto diffusa tra gli economisti i quali comunque non sottovalutano gli aspetti positivi del dato di ieri. Ovunque il commercio estero ha fatto da traino alla crescita: in Germania, in Francia, in Portogallo, persino in Spagna, uno dei due grandi Paesi che hanno confermato il segno meno (-0,1%). Per l’altro, l’Italia (-0,2% il Pil del secondo trimestre), mancano indicazioni ma in termini nominali - quindi non "reali", depurati dall’inflazione, come il Pil, il saldo commerciale del trimestre è positivo.
Non era questo, per tutta Eurolandia, un risultato scontato: la domanda estera non è fortissima e lascia ancora perplessi gli analisti che, se assistono a una lieve accelerazione dell’economia Usa, osservano anche un rallentamento di quella cinese e si chiedono se le due tendenze potranno compensarsi.
Anche la domanda domestica sembra dare segnali non troppo negativi, e non solo in Francia: i bilanci pubblici sostengono ancora l’economia, malgrado l’austerità abbia ridotto lo stimolo (e possa farlo ancora). Questo vale anche per la Germania, dove - in più - l’aumento dei salari superiori all’inflazione ha aiutato i consumi privati. Il segnale più incoraggiante proveniente dall’economia tedesca è però la ripresa degli investimenti, che ha sostenuto anche un incremento degli ordini di beni capitali e che quindi si proietta nel futuro. È un buon auspicio, che sembra coinvolgere anche altri Paesi: in Germania molte commesse all’export provengono da altre economie di Eurolandia, anche quelle periferiche.
Tutto questo non permette comunque di prevedere null’altro che una ripresa lenta: venti contrari - ricordano per esempio gli analisti di Barclays - non mancano. Non si può inoltre dimenticare che a giugno, il mese finale del trimestre, la disoccupazione restava stabile al 12,1% in Eurolandia e aumentava in Francia. Per il mercato del lavoro la marcia verso la ripresa sarà lunga.