Morya Longo, Il Sole 24 Ore 14/8/2013, 14 agosto 2013
POLITICA E SPECULAZIONE: MIX CHE INFIAMMA
TOKYO –
Fino a pochi giorni fa sembrava in preda al panico, con giornate (per esempio mercoledì) in cui ha perso il 4%. Ora, invece, sulla Borsa di Tokyo sembra tornata la voglia di investire, dato che martedì ha chiuso con un rimbalzo del 2,57%. Ma in realtà il listino giapponese è da tempo che alterna giornate di euforia (come il +3,29% del 2 agosto) a sedute dominate dalla depressione (come il 2,97% del 26 luglio). Mentre tutti gli altri listini azionari viaggiano tranquilli in questa calma estate, quello di Tokyo è insomma sulle montagne russe.
A guidare in alto e in basso, con oscillazioni violente, la Borsa di Tokyo è un mix tra una politica monetaria e fiscale ultra-espansiva e una buona dose di speculazione finanziaria. Ed è proprio questo mix che rende il listino nipponico un caso di "scuola", per capire cosa possa produrre la "droga" monetaria sui mercati finanziari: violente oscillazioni, crisi di astinenza, speculazioni internazionali. Nella speranza di una ripresa economica che combatta la crisi.
La Abeconomics
Tutto è iniziato lo scorso dicembre, quando in Giappone è stato eletto il primo ministro Shinzo Abe. Il neo premier ha avviato una politica fiscale ultra-espansiva, alla quale si è associata subito una politica monetaria altrettanto espansiva. La banca centrale nipponica ha iniziato infatti a stampare moneta e a comprare titoli (tra cui titoli di Stato) sul mercato. Questo, nelle sue intenzioni, dovrebbe abbassare i rendimenti dei titoli di Stato (già prossimi allo zero) e costringere gli investitori giapponesi, che hanno i portafogli pieni zeppi di titoli di Stato locali, a venderli per cercare all’estero o in Borsa rendimenti più appetibili.
La conseguenza di tutto questo è stata la svalutazione dello yen: effetto auspicato dalla banca centrale nipponica, che spera in questo modo di sostenere le esportazioni giapponesi e il Pil. Le vendite di yen sono aumentate nell’ultimo mese, dato che - spiega Antonio Cesarano, economista di Mps Capital Services - la Banca centrale del Giappone è riuscita a fugare il timore di rialzo dei tassi dei titoli di Stato grazie ai suoi acquisti sul mercato.
Effetto speculazione
Tutto questo ha drizzato le antenne agli investitori di tutto il mondo. I tassi bassi e l’aspettativa di un deprezzamento dello yen hanno infatti creato l’humus ottimale per la speculazione più antica del mondo: il cosiddetto carry trade. Così gli investitori hanno iniziato un giochino molto redditizio: indebitarsi in Giappone (perché i tassi sono bassi) e investire i soldi presi in prestito altrove nel mondo, dove i rendimenti sono più elevati. Questo ha avuto l’effetto di indebolire ulteriormente lo yen. E per gli investitori la svalutazione è stata una manna ulteriore: la consapevolezza che la loro stessa speculazione avrebbe indebolito la moneta nella quale si erano indebitati, li incentivava a indebitarsi ulteriormente. E a speculare ancora di più in tutti i mercati. Questo ha contribuito al grande rally di tutti i mercati internazionali degli ultimi tempi.
Il punto è che parte di questo denaro preso in prestito è stato investito nella Borsa di Tokyo, che infatti da inizio anno ha guadagnato oltre il 30%. Ed è questo che rende il listino nipponico così volatile. La speculazione del carry trade dura infatti fin tanto che lo yen si svaluta. E questo accade fin tanto che la Banca centrale mantiene viva l’attesa di ulteriori "dosi" di politica monetaria ultra espansiva. Per questo quando l’attesa viene tradita, come accaduto spesso nelle settimane scorse, gli investitori tendono a smontare il carry trade: questo fa salire con violenza lo yen e crollare la Borsa di Tokyo. Quando invece l’attesa di nuove "dosi" di politica monetaria o fiscale espansiva viene soddisfatta, come ieri quando il premier Abe ha annunciato stimoli fiscali per le imprese, lo yen torna a scendere e la Borsa di Tokyo torna a volare. Morale: le politiche ultra-espansive stanno sì regalando al Giappone una ripresa economica, ma stanno anche fomentando le speculazioni finanziarie. La speranza è che gli effetti positivi alla fine superino quelli collaterali. Il rischio è che accada esattamente l’opposto.